Rigorosamente usa e getta: così saranno le mascherine scolastiche, da distribuire ogni mattina all’ingresso, evitando però assembramenti. Lo ha deciso il Comitato tecnico scientifico (Cts) di nomina governativa che detta le linee anti-Covid. Niente soluzioni cosiddette di comunità, di stoffa, riutilizzabili (e meno che mai autoprododotte, pur ammesse dai Dpcm dei mesi scorsi).
Il commissario straordinario Domenico Arcuri ha
ribadito che ogni giorno verranno consegnati alle scuole 11 milioni di
dispositivi di protezione. Quanto alla maniera di indossarli, il Cts ha
stabilito che saranno abbassabili «in condizioni di staticità, con il rispetto
del metro di distanza e in assenza di possibilità di aerosolizzazione (es.
canto)». Ma nelle medie e superiori, la comodità vale solo se in più la
situazione epidemiologica è di «bassa circolazione virale».
A prescindere dall’utilità, in questa fase dell’epidemia, delle mascherine
cosiddette chirurgiche fuori dagli ambienti sanitari o a rischio, e dagli
effetti sui ragazzi, non si può ignorare che ogni prodotto usa e getta è un controsenso ambientale, a valle (rifiuto
indifferenziato) ma anche a monte: si deve continuamente rinnovare il processo
di produzione, con materie prime, energia, acqua.
Il ministero dell’ambiente per ora dichiara: «Aspettiamo di sapere se sarà un obbligo o
una raccomandazione, consapevoli che c’è la necessità di far usare ai
ragazzi prodotti certificati. Chiediamo che siano ammesse anche le mascherine
riutilizzabili certificate e intanto ricordiamo di non gettarle per
strada». Il ministro Costa mesi fa
aveva invitato la cittadinanza a privilegiare soluzioni riusabili.
«Quarantaquattro tonnellate al
giorno di rifiuti da incenerire»: Stefano Vignaroli, presidente della
Commissione Ecomafie, parla di «scelta sbagliata su tutta la linea, da rivedere»,
visto che oltretutto «la scuola dovrebbe dare il buon esempio ai ragazzi sul
fronte della difesa dell’ambiente» e che su simili prodotti sono più facili le
infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.
Di «scelta senza senso» parla il direttore
generale di Legambiente Giorgio Zampetti che auspica «una fornitura adeguata
di mascherine riutilizzabili certificate», con istruzioni sul lavaggio e
privilegiando le produzioni nazionali. Contrario alla scelta di bandire le
mascherine di comunità è Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione
Univerde: «Anche a scuola continua il festival del monouso, in netta
contraddizione con tutte le campagne europee e italiane per il plastic-free».
Del resto, ricorda Univerde, con un emendamento al decreto rilancio il
Parlamento ha previsto un Programma sperimentale per la prevenzione, riuso e
riciclo dei dispositivi di protezione individuale.
Arcuri ha inoltre annunciato la consegna alle
scuole di ben 170.000 litri di gel igienizzante x le mani a settimana. Un via
vai di mascherine e flaconi – per fortuna non i guanti, la cui inutilità nociva
ha imposto una svolta perfino a Trenitalia.
Ma dalle scuole usciranno
verso la rottamazione anche tre milioni di banchi, sostituiti dai nuovi arrivi:
la versione a rotelle e i tradizionali. Interpellati a partire dal
4 agosto, Invitalia e ministero dell’istruzione non hanno risposto ad alcune
semplici domande: verranno
sostituiti anche banchi già monoposto (diffusissimi) e se sì, perché? È
previsto un controllo di qualità ambientale rispetto ai materiali usati e alla
loro provenienza? Come mai nella gara d’appalto non sono indicate cifre
massime? Quale sarà il destino dei rottamati?
Alla fine, il 24 agosto, Invitalia ha scritto: «Al momento non è possibile
rispondere a queste domande».
All’ufficio stampa di Azzolina è stato rivolto,
invano, un ulteriore quesito: a proposito dei pasti monoporzione in plastica
sigillata, preconfezionati e provenienti da ditte esterne. Questo possibile
scenario «anti-Covid», indicato dal ministero, significherebbe l’addio ai pasti
magari bio e a km zero, con sporzionamento antispreco, con vere stoviglie. Un’ipotesi che nel
mese di luglio il medico ed epidemiologo Franco Berrino ha definito «un brutto
scherzo».
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