Un vero e proprio disastro ambientale è quello che si sta consumando nella Macquarie Harbour, baia della costa occidentale della Tasmania.
Centinaia di Globicefali (Globicephala)
si sono spiaggiati a partire dal 21 settembre per motivi non conosciuti, forse
– essendo molto forte lo spirito di gruppo – a causa di un avventato
avvicinamento di alcuni individui al litorale, in acque eccessivamente basse,
per ragioni di caccia. Centinaia di esemplari li avrebbero seguiti,
senza curarsi del pericolo.
Nonostante i soccorsi pressochè immediati, centinaia di cetacei
sono già morti.
Gli spiaggiamenti collettivi di cetacei sono fenomeni abbastanza
frequenti, ma questo appare un episodio decisamente preoccupante per le
dimensioni.
Ancor più preoccupante vista la caccia tuttora esistente del
Grindadráp,
la sanguinaria caccia al Globicefalo (Globicephala melas) – più raramente anche alla
Balena dal naso a bottiglia (Hyperoodon ampullatus) e
al Delfino dai fianchi bianchi atlantico (Lagenorhynchus acutus) –
sulle Isole Fær Øer, arcipelago situato nell’Oceano
Atlantico appartenente alla Danimarca,
ma non appartenente all’Unione europea.
Speriamo davvero che gli sforzi dei soccorritori siano premiati
da successo e quanti più Globicefali possano salvarsi.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
Tasmania, le
balene spiaggiate spezzano il cuore. Ora l’uomo può agire perché una fine
simile non si ripeta - Giuseppe Notarbartolo di Sciara
Ci sono luoghi nel pianeta dove una combinazione tra morfologia della costa e intensità di correnti e maree crea delle vere e proprie trappole per i cetacei che si avventurano nei paraggi. Se poi i cetacei sono specie come i globicefali (per favore non chiamateli “balene pilota”), grossi delfini con la testa tipicamente arrotondata che vivono e si muovono in comunità spesso di centinaia, la situazione può trasformarsi presto da drammatica in catastrofica, come nel recente evento avvenuto sulla costa occidentale della Tasmania, tuttora in corso.
Alla notizia di ieri, che un branco di 270
globicefali si è spiaggiato in quell’area, se ne aggiunge ora un’altra che
segnala la presenza, poco più in là, di un altro gruppo di 200. Se confermato,
si tratterebbe nell’insieme dello spiaggiamento più
imponente mai registrato in Australia, e uno dei più grandi di cui si sappia.
Navigare in condizioni difficili può
essere una sfida per un globicefalo isolato, ma non difficile da affrontare
vista l’agilità e la forza di questi animali; tuttavia navigare in condizioni
precarie cercando di mantenere l’integrità di un gruppo di svariate decine, se
non di centinaia di individui, può diventare impossibile; e
l’insorgere di un problema anche modesto può scatenare il panico, in cui è più
facile che prevalga la spinta a rimanere coesi su quella di salvarsi
individualmente.
La vista di centinaia di questi animali
miseramente spiaggiati, morenti e sofferenti, ha un forte impatto emotivo sulle
persone e, come sta avvenendo in questo caso, scatena uno sforzo massiccio per
prestare loro soccorso, non solo da parte di
volontari ma anche di personale delle agenzie di governo. Aiutare gli animali
in questi casi è comunque molto difficile, e quando va bene se ne riesce a
rimettere in mare una parte minima; la struttura sociale del branco ne
esce malconcia.
Fortunatamente si ritiene che questi
fenomeni di spiaggiamento, per massicci che siano, non costituiscano una
minaccia per la sopravvivenza della specie, abbastanza in buona salute nell’Emisfero
australe. Ma vedere tanta sofferenza spezza il cuore agli
astanti e scatena un impulso di solidarietà inter-specifica che spinge a fare
qualcosa, per quanto poco questo qualcosa possa essere.
Occorrerebbe adesso che tale impulso si
estendesse in maniera più diffusa nella società umana, per evitare che non
centinaia, ma centinaia di migliaia di cetacei ogni anno, alcuni appartenenti a
specie veramente minacciate di estinzione, facciano
una fine simile a quella dei globicefali della Tasmania – ma nelle reti da
pesca.
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