«Mi piacciono le città industriali, depresse. Hanno onore e onestà. Sono reali». A gennaio del 2004, un po’ a sorpresa, allo stabilimento petrolchimico di Gela arriva Paco Ignacio Taibo II. Che risponde così a chi gli chiede che ne pensa della cittadina siciliana che era stata scelta da Enrico Mattei in persona come simbolo del riscatto del Sud. Il grande scrittore messicano tiene un ardente reading alla mensa degli operai. I quali però in gran parte si concentrano sul pasto. «Sono delle bestie, noi gli portiamo la cultura e questi pensano a mangiare» dice un dirigente dell’Eni al mio fianco.
Da
figlio di un operaio metalmeccanico di quello stesso stabilimento, quel
commento sprezzante mi diverte ancora oggi. Da quel giorno ho preso l’abitudine
di segnare tutti i finanziamenti del cane a sei zampe verso attività culturali,
artistiche, sociali e sportive. In 16 anni Eni, da sola o in partner con altri
enti, a Gela ha supportato di tutto. Degli innumerevoli casi se ne citeranno
alcuni significativi: 10mila euro nel 2019 al liceo classico Eschilo per la
gara di greco Agòn (finanziato sin dal primo anno), 130mila euro nel 2016 per
la mostra temporanea di una nave greca al museo archeologico di Gela (che in
realtà è stata visibile per poco più di un mese e poi è tornata negli
scatoloni), centinaia di IPad e rete wi-fi nelle aule dell’istituto
professionale Majorana. Il caso più emblematico però è un altro: a settembre
2013, una settimana dopo uno sversamento di petrolio in mare nel tratto della
linea P2 lungo il pontile della raffineria, viene inaugurato il nuovo campo di
calcio. Il costo totale del restyling, pagato interamente da Eni, è di 400mila
euro. I politici locali si accontentano di un triangolare coi dirigenti a sei
zampe e una selezione di vecchie glorie del calcio gelese. Dello sversamento in
quell’occasione non parla nessuno. «Così saremo meno antipatici» è l’unico
commento che l’allora amministratore delegato della raffineria Bernardo Casa
(poi rinviato a giudizio per disastro ambientale) rilascia ai giornalisti
presenti. Il campo, manco a dirlo, viene intitolato a Mattei – al quale sono
già dedicati l’auditorium dell’istituto industriale Morselli, una scuola media
e una succursale in via Picasso, un viale, un busto al centro del quartiere
Macchitella, un murales all’esterno dello stadio che rappresenta la storia
millenaria della città e nel quale il pezzo centrale è dedicato proprio al
fondatore dell’Eni.
«Che
tristezza», commenta sconsolato Emilio Giudice, direttore della riserva
naturale del Biviere che sorge a pochi passi di distanza dall’ex stabilimento
petrolchimico. «Io che ho sempre rifiutato i fondi delle aziende petrolifere,
impedendogli così di rifarsi l’immagine, allora ho sbagliato tutto»
aggiunge Giudice, che presiede la riserva per conto della Lipu e da anni
partecipa ai tavoli nazionali sulle bonifiche – il territorio della piana di
Gela è stato dichiarato Sito di Interesse Nazionale nel 1998. «C’è di peggio.
All’interno della riserva esiste un lago, molto importante, che rischia di
prosciugarsi perché l’acqua alla fonte ce l’ha Eni, attraverso la gestione
della diga Ragoleto. Acqua che tra l’altro non è stata mai affidata neanche al
consorzio di bonifica. Quindi alla fine ci si accontenta di briciole, mentre i
veri torti restano». Ma a Gela non c’è solo Eni, e non c’è solo la riserva del
Biviere. Sulla piana lungo la statale esiste la colonia di cicogna bianca più
grande d’Italia, nota perché da tempo ha scelto di nidificare sui tralicci
della rete elettrica. La colonia tuttavia è a rischio folgorazione, come
certificato da uno studio scientifico, perché Enel non ha ancora messo in
sicurezza le strutture. Poi però, nella vicina riserva naturale di Priolo, Enel
ed Eni e Lukoil finanziano un progetto di ricostruzione dopo il devastante
incendio della scorsa estate. Anche l’oasi naturalistica di Priolo sorge
accanto a uno stabilimento industriale, cioè il polo petrolchimico più grande
d’Europa che costeggia la costa orientale della Sicilia da Augusta a Siracusa,
ed è gestita anch’essa dalla Lipu. Che però in questo caso i doni interessati
li accetta eccome. Attenzione, la compensazione ai territori da parte delle
grandi industrie è dovuta. Ci vuole però non solo una determinata progettualità
ma anche una decisa rivendicazione: ci prendiamo ciò che ci spetta, non quello
che ci regalate.
Mentre
in Sicilia le multinazionali sono state viste dalla classe politica, dal mondo
culturale e del terzo settore unicamente come un bancomat al quale attingere
per farsi finanziare microscopici progetti. Spesso con poca attinenza col
territorio. Con l’unico risultato di fare da spalla a chi continua a soggiogare
intere popolazioni con la propria potenza economica. L’insopportabile dicotomia
salute-lavoro si spezza (anche) mostrando e dimostrando che su natura e cultura
la Sicilia può farcela da sola. «Si tratta anche di una questione meridionale –
converge ancora Giudice – Se sull’Isola le grandi industrie hanno una marcia,
in Veneto e in Lombardia ne hanno un’altra. Sugli aspetti ecologici investono
molto di più al Nord, nonostante i veri disastri ambientali siano tutti al
Sud».
L’isolamento
del direttore della riserva del Biviere a Gela fa il paio con quella dei
fratelli Di Modica ad Augusta. Più di vent’anni fa hanno fondato Area Teatro,
una compagnia teatrale indipendente, e recentemente hanno realizzato una
raccolta fondi per tornare a far girare in tutta Italia uno dei primi
spettacoli sul G8 di Genova. Dopo l’articolo sul greenwashing di Eni,
pubblicato sempre su Jacobin Italia, sono stato contattato direttamente da
Alessio che mi ha proposto di analizzare il «cultural washing», una definizione
che ho trovato particolarmente azzeccata.
«Ci
troviamo un po’ alieni e un po’ anomali – racconta Ivano Di Modica –, non solo
per il territorio ma proprio per l’approccio. Dopo il Covid la situazione
peggiorerà. Le fondazioni e le multinazionali avranno sempre più potere. Ne
abbiamo visto un assaggio al teatro greco di Siracusa, che dopo il lockdown ha
da poco organizzato una nuova stagione, rinunciando alle classiche e celebri
tragedie greche e affidandosi invece a una serie di monologhi, da parte di
attori come Luigi Lo Cascio, e con una platea ridotta. Main partner dell’evento
la compagnia petrolifera Erg». Nel polo industriale siracusano l’influenza
diretta delle grandi industrie è ancora molto netta, soprattutto dovuta al
fatto che col passaggio di tre raffinerie dalle italiane Erg ed Esso alle
straniere Sonatrach e Lukoil anche i nuovi arrivati cercano di catturare le
simpatie della popolazione. Così l’algerina Sonatrach da una parte regala al
Comune di Augusta un pullman per disabili (perché quello Esso era guasto),
dall’altra finanzia il cinema in piazza, la sagra di tradizioni popolari
«Pititti, pittiteddi» a Melilli, le pubblicazioni locali sulla storia patria e
altro ancora. «Le industrie non stanno lasciando più un metro libero, hanno
occupato tutti gli spazi – afferma ancora Di Modica – Prima bisognava fare la
fila e avere i giusti agganci per ottenere i contributi, ora che invece le
aziende dell’energia hanno gli occhi puntati addosso per via della rinnovata
sensibilità ambientale sono esse stesse a cercare interlocutori. Questo avviene
chiaramente anche a livello nazionale, basti vedere il teatro della cooperativa
(a detta di tutti gli operatori il teatro più riconosciuto a livello di impegno
civile) che ha Eni come main partner della stagione teatrale e dei laboratori
per ragazzi».
Un
capitolo a parte poi lo meriterebbe il ruolo delle fondazioni che aziende come
Eni ed Erg sfruttano da tempo per promuovere sé stesse come buone e attente ai
fermenti che provengono dal territorio. Intanto, rimanendo ai contributi
diretti da parte delle major energetiche, anche a Milazzo – il vertice a
Nord del triangolo industriale isolano – le cose non vanno meglio. Nel 2016 la
rassegna di cinema e teatro della legalità «Se si insegnasse la bellezza» – una
citazione erroneamente attribuita a Peppino Impastato – aveva tra i
finanziatori la raffineria di Milazzo (al 50% di Eni e al 50% di Kuwait),
mentre ciò non avveniva nell’edizione del 2020, prima che venisse sospesa in
seguito al recente lockdown. Gli eventi promossi dalla raffineria di Milazzo
vanno dai tornei di basket ai festival jazz fino agli scambi culturali promossi
da un’associazione studentesca che si definisce «apolitica» ma che intende
«promuovere l’Europa agli europei» (e questa non è politica?). Il 27 luglio
intanto lo stabilimento industriale messinese ha vinto una battaglia certamente
politica, con il Tar che ha accolto molte obiezioni presentate dalla raffineria
di Milazzo e ha bocciato il Piano di Tutela di Qualità dell’Aria, promosso
dalla Regione due anni fa e che nelle intenzioni avrebbe dovuto limitare le
emissioni degli impianti industriali e costringerle ad adottare le migliori
tecnologie disponibili.
«Le
raffinerie vincono, al momento, su tutta la linea – è il commento a caldo dei
comitati locali che si battono per la difesa del territorio – Dopo la sentenza,
non sono obbligate a investire un euro in più nel rinnovamento degli impianti.
Ovvero, nessun posto di lavoro nuovo verrà creato, nessuno di quelli esistenti
è più sicuro […] Un solco sempre più grande si scava tra territorio e fabbrica,
e quando manager e azionisti decideranno di andare, senza preavviso come fatto
a Gela, saranno in molti a girarsi dall’altro lato, forse sollevati da una
presenza che per decenni ha annerito la loro quotidianità». Un interessante
spunto di riflessione per chi vorrà farsi finanziare in futuro sagre, feste,
libri, concorsi, rassegne. Avviene anche con A2A, che a San Filippo del Mela
gestisce una centrale termoelettrica in attesa di riconversione, e che qui ha
sponsorizzato concerti, come quello della Dark Polo Gang a Milazzo lo scorso
agosto, l’immancabile festa patronale di san Martino e l’ecoforum di
Legambiente «Sicilia munnizza free», per liberare l’Isola dai rifiuti. Strana
idea quella di liberarsi affidandosi a chi ti tiene in scacco.
(*)
Andrea Turco, giornalista siciliano, scrive di ambiente e temi sociali. Questo
articolo è ripreso da jacobinitalia.it dove
vale segnalare anche jacobinitalia.it/eni-il-greenwashing-e-servito ma anche
jacobinitalia.it/linquinamento-non-ha-prezzo/
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