venerdì 18 settembre 2020

Il costo della libertà - Miguel Martinez

  

Un paio di mesi fa, la Libreria Tatatà – alcune amiche che hanno messo insieme con molta grinta uno spazio qui in Oltrarno (borgo di Firenze) – ha organizzato un incontro nel Giardino, con Francesca Volpe, che ho potuto conoscere così. Francesca, un paio di anni fa, ha fatto un giro per la Toscana, nella sua vecchia Renault 4, e ne ha ricavato un libro per una minuscola casa editrice, un libro che si chiama per l’appunto La Toscana in Renault 4. Viaggio sui sentieri dell’ecofilia e della libertà.

Francesca di mestiere fa la contadina. Che in questi tempi di devastazione universale, è la scelta più radicale che si possa fare. Nell’arco di tre mesi, ha visitato circa 150 luoghi vivi in tutta la Toscana, raccontandone le storie.

Un commentatore di kelebeklerblog.com, che si firma Peucezio, mi aveva scritto in privato una volta: “La Toscana comunque è sempre un mondo a sé: è talmente rappresentativa dell’Italia da essere, per paradosso, poco italiana. Lo stesso spirito ribelle e creativo che ha prodotto le meraviglie del passato, fa sì che oggi siano gli unici italiani ribelli a tutte le pastoie, le mediocrità, le forme di servilismo, gli atteggiamenti corrivi, manierati, un po’ fasulli tipici degli italiani”. Ora, non esageriamo, la Toscana ha prodotto pure Renzi. Però c’è del vero: di ogni luogo, di ogni persona, di ogni pianta, dobbiamo cogliere quel minimo accenno di virtù. E Francesca coglie come nessun altro, le virtù della Toscana.

Non sono bravo a fare recensioni distaccate: posso solo dire che sono rimasto colpito dal vasto mondo segreto, sotterraneo, che lei ha portato alla luce, di piccole persone che hanno rinunciato al mondo moderno, hanno scelto di vivere tra pievi romaniche e mani sporche e rovi, e semi che stanno per scomparire, e legno e cani, cercando di essere meno.

Francesca intervista Rita che ha una bancarella qui alla Fierucola a due passi da casa mia, che abbandonò il suo lavoro in città per farsi contadina:

“La libertà si paga ma è l’unica cosa per la quale valga la pena di pagare. Si paga con la fatica, con lunghe giornate di lavoro, con le levatacce per partecipare ai mercati, e con conti che a fine mese arrivano corti. Ma vivendo in città non avendo più alcun contatto con la terra, si perde il contatto con la vita. Se non viviamo di bellezza, di comunità, di terra, allora di cosa viviamo?

Francesca racconta storia su storia, e più ne leggevo di queste storie di piccole persone, a volte buffe, sognatrici, che hanno scelto di remare contro la modernità, a volte perché erano nate in campagna loro stesse, oppure perché avevano imparato a rinunciare alla città, più capivo che era lì la questione dei nostri tempi.

Francesca conclude con queste parole. Il suo libro, dice,

“è un piccolo tributo al grande lavoro che tutte le persone incontrate, ognuna a suo modo, stanno compiendo. Perché quello che stanno facendo non è semplicemente ‘lavorare in campagna’, è prendersi cura della terra e delle sue creature, curarne le ferite causate dall’industrializzazione selvaggia, dall’agricoltura convenzionale, dagli allevamenti intensivi e dall’alienazione umana, restituendo fecondità.

Non è soltanto ‘fare il proprio interesse personale’, è sfidare – da piccole realtà – le pastoie della burocrazia pensata per le grandi attività, affrontare le difficoltà economiche, contrastare tanto l’erosione dei suoli quanto quella dell’etica per contribuire al bene di tutti. E creare delle isole salubri con terra fertile, cibo sano, relazioni autentiche, braccia stanche e cuori pacificati delle quali beneficia – consapevolmente o inconsapevolmente – l’intera comunità dei viventi.

E queste isole luminose fluttuano tra chiazze di grigiore, ogni volta che ne sorge una nuova i loro confini fisici si avvicinano, le loro anime toccano e l’ordito dell’ecofilia si fa più saldo e più bello”.

La Toscana è una terra in cui molte persone si sono fatte piccole e umili, e si sono messe al servizio della mela panaia e della pera coscia; o hanno fatto come il mio amico che ha celebrato le nozze in stalla, perché non voleva abbandonare le bestie.

Nel naufragio universale, la vecchia contadina tramanda i semi alla ragazza con la Renault 4, e l’ultimo artigiano del quartiere insegna alla ragazza giapponese come rilegare i libri.

Pubblicato su kelebeklerblog.com con il titolo “Se non viviamo di bellezza, di comunità, di terra, allora di cosa viviamo?” e con l’invito ad acquistare il libro presso la Libreria Tatatà, “pur sapendo che le spese di spedizione saranno minori se decidete di arricchire Bezos invece di Fiamma e Silvia…”.

da qui

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