Un paio di
mesi fa, la Libreria Tatatà – alcune amiche che hanno messo
insieme con molta grinta uno spazio qui in Oltrarno (borgo di Firenze) – ha
organizzato un incontro nel Giardino, con Francesca Volpe, che
ho potuto conoscere così. Francesca, un paio di anni fa, ha fatto un giro per
la Toscana, nella sua vecchia Renault 4, e ne ha ricavato un libro per una
minuscola casa editrice, un libro che si chiama per l’appunto La Toscana in Renault 4. Viaggio
sui sentieri dell’ecofilia e della libertà.
Francesca di mestiere fa la contadina. Che in questi tempi di devastazione universale, è la scelta più radicale che si possa fare. Nell’arco di tre mesi, ha visitato circa 150 luoghi vivi in tutta la Toscana, raccontandone le storie.
Un
commentatore di kelebeklerblog.com, che si firma Peucezio, mi aveva scritto
in privato una volta: “La Toscana comunque è sempre un mondo a sé: è talmente
rappresentativa dell’Italia da essere, per paradosso, poco italiana. Lo stesso
spirito ribelle e creativo che ha prodotto le meraviglie del passato, fa sì che
oggi siano gli unici italiani ribelli a tutte le pastoie, le mediocrità, le
forme di servilismo, gli atteggiamenti corrivi, manierati, un po’ fasulli
tipici degli italiani”. Ora, non esageriamo, la Toscana ha prodotto pure Renzi.
Però c’è del vero: di ogni luogo, di ogni persona, di ogni pianta,
dobbiamo cogliere quel minimo accenno di virtù. E Francesca coglie
come nessun altro, le virtù della Toscana.
Non sono
bravo a fare recensioni distaccate: posso solo dire che sono rimasto
colpito dal vasto mondo segreto, sotterraneo, che lei ha portato alla luce, di
piccole persone che hanno rinunciato al mondo moderno, hanno scelto di vivere
tra pievi romaniche e mani sporche e rovi, e semi che stanno per scomparire, e
legno e cani, cercando di essere meno.
Francesca
intervista Rita che ha una bancarella qui alla Fierucola a due
passi da casa mia, che abbandonò il suo lavoro in città per farsi contadina:
“La libertà
si paga ma è l’unica cosa per la quale valga la pena di pagare. Si paga con la
fatica, con lunghe giornate di lavoro, con le levatacce per partecipare ai
mercati, e con conti che a fine mese arrivano corti. Ma vivendo in città non
avendo più alcun contatto con la terra, si perde il contatto con la vita. Se
non viviamo di bellezza, di comunità, di terra, allora di cosa viviamo?“
Francesca
racconta storia su storia, e più ne leggevo di queste storie di piccole
persone, a volte buffe, sognatrici, che hanno scelto di remare contro la
modernità, a volte perché erano nate in campagna loro stesse, oppure perché
avevano imparato a rinunciare alla città, più capivo che era lì la
questione dei nostri tempi.
Francesca
conclude con queste parole. Il suo libro, dice,
“è un
piccolo tributo al grande lavoro che tutte le persone incontrate, ognuna a suo
modo, stanno compiendo. Perché quello che stanno facendo non è semplicemente
‘lavorare in campagna’, è prendersi cura della terra e delle sue creature,
curarne le ferite causate dall’industrializzazione selvaggia, dall’agricoltura
convenzionale, dagli allevamenti intensivi e dall’alienazione umana,
restituendo fecondità.
Non è
soltanto ‘fare il proprio interesse personale’, è sfidare – da piccole realtà –
le pastoie della burocrazia pensata per le grandi attività, affrontare le
difficoltà economiche, contrastare tanto l’erosione dei suoli quanto quella
dell’etica per contribuire al bene di tutti. E creare delle isole salubri con
terra fertile, cibo sano, relazioni autentiche, braccia stanche e cuori
pacificati delle quali beneficia – consapevolmente o inconsapevolmente –
l’intera comunità dei viventi.
E queste
isole luminose fluttuano tra chiazze di grigiore, ogni volta che ne sorge una
nuova i loro confini fisici si avvicinano, le loro anime toccano e l’ordito
dell’ecofilia si fa più saldo e più bello”.
La Toscana è
una terra in cui molte persone si sono fatte piccole e umili, e si sono messe
al servizio della mela panaia e della pera coscia; o hanno fatto come il mio
amico che ha celebrato le nozze in stalla, perché non voleva abbandonare le bestie.
Nel
naufragio universale, la vecchia contadina tramanda i semi alla ragazza con la
Renault 4, e l’ultimo artigiano del quartiere insegna alla ragazza giapponese
come rilegare i libri.
Pubblicato
su kelebeklerblog.com con il titolo “Se non viviamo di bellezza, di comunità,
di terra, allora di cosa viviamo?” e con l’invito ad acquistare il libro presso
la Libreria Tatatà, “pur sapendo che le spese di spedizione saranno minori se
decidete di arricchire Bezos invece di Fiamma e Silvia…”.
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