La terza parte dell’AR6, il rapporto presentato alla COP 26, nella sua
forma di sintesi per i decisori politici, offre un’ampia gamma di previsioni
concernenti i principali fenomeni climatici, influenzati dal riscaldamento
globale, nei loro andamenti recenti e previsti.
Il testo sottolinea infatti che sono numerosi i cambiamenti indotti dal
caldo crescente, in particolare l‘aumento della frequenza e dell’intensità
degli “eventi estremi”, delle ondate di calore marine, delle forti
precipitazioni nella siccità agricola ed ecologica in alcune regioni, nelle
caratteristiche dei ciccloni tropicali più intensi, nella crescente riduzione
del ghiaccio marino artico, della copertura nevosa di montagne e pianure,
e del continuo scioglimento del permafrost.
Le indicazioni che seguono sono molto importanti e dovrebbero essere
verificate continuamente nei prossimi mesi e anni, poichè definiscono un
quadro scientifico indiscutibile e che non permette illusioni.
E’ certo che la superficie terrestre continuerà a riscaldarsi più di quella
oceanica, almeno di 1,4-1,7 volte di più, e che l’Artico continuerà a
riscaldarsi a una velocità due volte superiore a quella della temperatura
superficiale globale. Ad ogni ulteriore incremento del riscaldamento globale, i
cambiamenti negli eventi estremi continueranno ad aumentare.
Ad esempio, ogni 0,5 grado centigrado in più di riscaldamento globale
provoca diversi effetti: aumenti chiaramente percepibili dell’intensità e della
frequenza degli eventi estremi dovuti al caldo, ivi comprese le ondate di
calore e le forti precipitazioni, nonché la siccità dei terreni agricoli e le
condizioni ecologiche generali, specie in alcune regioni ormai chiaramente
individuate.
Inoltre alcuni eventi estremi avranno aumenti senza precedenti causati da
da un ulteriore riscaldamento globale anche dopo aver raggiunto la temperatura
di 1,5 C rispetto al periodo preindustriale.
Quest’ultima notazione è molto rilevante perchè elimina molte delle
illusioni in circolazione concernenti i limiti invalicabili degli obiettivi
climatici medi globali in discussione in molte sedi e introduce un elemento di
realismo assolutamente non trascurabile a livello politico.
A livello territoriale il rapporto prevede che alcune regioni alle latitudini
intermedie e semi aride e la vasta regione sudamericana dei monsoni vedranno il
più alto aumento della temperatura media dei giorni più caldi, quelli che
hanno un tasso di riscaldamento che è 1,5-2 volte più alto della media
globale.
L’Artico invece sperimenterà il più alto aumento della temperatura media
dei giorni più freddi, pari a circa tre volte il tasso di riscaldamento
globale.
Inoltre, è molto probabile che in presenza di un ulteriore aumento del
riscaldamento globale, si intensifichino gli aventi di forte precipitazione
acquea e soprattutto diventino più frequenti nella maggior parte delle regioni.
Su scala globale, si prevede che gli eventi estremi di precipitazione di
pioggia giornaliera si intensificheranno di circe il 7% per ogni grado
centigrado di riscaldamento globale. La proporzione di cicloni tropicali
intensi (categorie 4 e 5 ) e la velocità del vento di picco dei cicloni più
intensi aumenteranno su scala globale.
Il recente ciclone Ida che ha colpito dai Caraibi fino a New York con venti
iniziali a 240 chilometri orari è l’ennesima conferma di questa previsione.
Infine si prevede che un ulteriore riscaldamento globale amplifichi ancora
di più lo scioglimento del permafrost, la perdita della copertura nevosa
stagionale, del ghiaccio terrestre e del ghiaccio marino artico. E’ anche
probabile che l’Artico sarà praticamente privo di ghiaccio marino a settembre
almeno una volta prima del 2050, con occorrenze più frequenti per livelli di
riscaldamento più elevati. In realtà, i risultati di studi apparsi negli ultimi
mesi, cioè quando il rapporto era già stato diffuso, forniscono numerosi dati
di supporto a queste previsioni, accompagnati da ipotesi di ulteriori
accelerazioni di questi effetti.
Analoghe considerazioni vengono svolte nel Rapporto riguardo all’acqua,
poichè si prevede che il continuo riscaldamento globale intensifichi
ulteriormente il ciclo dell’acqua a livello planetario, ivi comprese la sua
variabilità nel tempo, le precipitazioni monsoniche e la gravità degli eventi
di precipitazione delle piogge e di aumento del grado di siccità.
In particolare, il ciclo globale dell’acqua continueràa intensificarsi con
l’aumento della temperatura globale, le precipitazioni e i flussi di acqua
superficiali dovrebbero diventare più variabili nella maggior parte delle
regioni terrestri, sia a scala stagionale che di anno in anno. Si prevede che
le temperature terrestri medie aumenteranno dello 0-5% nello scenario di
emissioni di gas serra molto basse (SSP 1-1,9) e dell’!-13% nello scenario di
emissioni molto alte (SSP 5-8,5) entro il 2081-2100 rispetto al
1995-2014. A tale proposito si potrebbe notare che il periodo
scelto per il confronto nel passato è in realtà piuttosto vicino, mentre le
precipitazioni in aumento sono proiettate verso l’ultimo ventennio del secolo.
Sembra quasi che il fenomeno sia stato “appiattito” nelle sue dinamiche, mentre
le esperienze della scorsa estate – in particolare quanto avvenuto in Germania,
inatteso e molto rapido – farebbero piuttosto pensare a fenomeni in via di
accelerazione.
Si prevede che le precipitazioni aumenteranno alle alte latitudini, nel
Pacifico equatoriale e in alcune regioni monsoniche, ma diminuiranno in
alcune regioni subtropicali e in aree limitate dei tropici.
In realtà nei mesi scorsi tempeste improvvise e molto violente hanno
investito molte più regioni, anche distanti tra loro, e ciò farebbe pensare a
dei nuovi fenomeni tra loro collegati anche su grandi distanze (ad esempio che
hanno origine nell’indebolimento della Corrente del Golfo ma si verificano in
Europa o nel nord degli Stati Uniti)
Inoltre un clima più caldo intensificherà gli eventi meteorologici e
climatici molto umidi o molto secchi, con implicazioni per inondazioni o
siccità, ma la localizzazione e la frequenza di questi eventi dipendono dai
cambiamenti nella circolazione atmosferica regionale.
Infine si prevede che le precipitazioni monsoniche aumentino nel
medio-lungo termine su scala globale, in particolare nell’Asia meridionale e
sudorientale, nell’Asia orientale, e nell’Africa occidentale, tranne che
nell’estremo ovest del Sahel.
Per quanto riguarda gli scenari per il futuro in cui aumentano le emissioni
di anidride carbonica, si prevede che i serbatoi di carbonio oceanici e
terrestri saranno meno efficaci nel rallentare l’accumulo della CO2 in
atmosfera. Più in dettaglio, sulla base delle proiezioni contenuti nei modelli,
nello scenario intermedio che stabilizza le concentrazioni atmosferiche
dell’anidride carbonica in questo secolo (SSP 2-4,5) i tassi di CO2 assorbiti
dalla terra e dagli oceani dovrebbero diminuire nella seconda metà del 21°
secolo .
Negli scenari di emissioni di gas serra bassi e molto bassi ((SSP 1-2,6 e
SSP 1-1,9), la terra e gli oceani iniziano ad assorbire meno carbonio in
risposta al calo delle concentrazioni atmosferiche di anidride
carbonica, nello scenario più basso, diventano una debole fonte netta di
emissioni entro la fine del secolo.
Sembra importante dedurre, pur nel rispetto delle metodologie adottate
dagli scienziati dell’IPCC, che sia in relazione alla scadenza
trentennale della metà del secolo, sia nella successiva metà, l’inizio delle
riduzioni delle emissioni dannose e l’avvio della diminuzione della
concentrazione di sostanze dannose nell’atmosfera sono sempre spostati molto
avanti nel tempo.
E’ evidente che gli scienziati sono piuttosto realistici per quanto
riguarda i momenti di eventuali scelte radicali delle imprese produttrici di
carburanti fossili. Inoltre tengono anche presente i tempi di salita dei gas
serra nell’atmosfera (stimati intorno ai dieci anni). In altre parole, è noto
che passa un lungo periodo di tempo prima che eventuali drastiche decisioni sui
fossili, facciano veramente effetto sul riscaldamento climatico. Resta da
vedere se questo realismo a livello scientifico in realtà non contribuisca a
ritardare le nessarie decisioni dei governi (e infatti finora solo un paio di
governi di piccoli Stati hanno cominciato ad assumere decisioni che vadano
nella direzione ormai inderogabile.
E in effetti – e in aggiunta – il testo ricorda che l’ampiezza delle
correlazioni (dei feedback) tra i cambiamenti climatici e il ciclo del carbonio
diventa più grande ma anche più incerta negli scenari ad alte emissioni di
anidride carbonica. Ulteriori risposte degli ecosistemi al riscaldamento non
ancora completamente riflesse nei modelli climatici finora utilizzati ( ad
esempio i flussi di anidride carbonica e di metano provenienti dalle zone
paludose, la velocità di disgelo del permafrost e gli incendi in fase di
moltiplicazione), potrebbero aumentare ulteriormente la concentrazione di
questi gas in atmosfera.
Qualche lettura selezionata può contribuire ad una comprensione più
profonda di tutti questi fenomeni:
Luca Mercalli, Che tempo che farà, breve storia del clima
con uno sguardo al futuro. Rizzoli, Milano, 2009
Jeremy Leggett, Fine corsa, sopravviverà la specie umana
alla fine del petrolio? Einaudi, Torino, 2005
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