L’Amministrazione
comunale di Villasimius insiste nel voler privare i propri cittadini e tutti i sardi
dei diritti di uso civico - Grig
L’Amministrazione comunale di Villasimius, assistita dallo Studio legale
associato Ballero, insiste con il tentativo di sottrarre i diritti di uso
civico ai propri cittadini e, in pratica, a tutti i sardi residenti nei 339 Comuni dove sono già state
completate le operazioni di accertamento.
Nelle scorse settimane, infatti, ha chiesto all’Assessorato
dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale della Regione autonoma della Sardegna
l’adozione di un provvedimento di annullamento in via di autotutela della
determinazione n. 264 del 24 febbraio 2005 del Direttore del Servizio Affari
legali, Controllo Enti e Usi civici con cui è stato oggetto di accertamento il
demanio civico di Villasimius ovvero, in via subordinata, l’avvio di una nuova
procedura di accertamento.
Dopo più di sedici anni di torpore amministrativo,
l’Amministrazione comunale di Villasimius vorrebbe, in pratica, che la
Regione si rimangiasse lunghe e faticose procedure di
accertamento.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha, quindi,
inoltrato (4 ottobre 2021) al Direttore generale dell’Assessorato regionale
dell’Agricoltura specifica istanza perché venga dichiarata l’irricevibilità
della richiesta comunale per manifesto superamento del termine (12 mesi) in cui
un atto può esser annullato per verificate illegittimità (art. 21 nonies della
legge n. 241/1990 e s.m.i.) e venga nominato, dopo gli opportuni
accertamenti, un commissario ad acta perché provveda al
recupero dei terreni del demanio civico di Villasimius illegittimamente
occupati, stante la prolungata inerzia comunale (art. 22, comma 2°, della legge
regionale n. 12/1994 e s.m.i.).
Ma da dove nasce questa assurda pretesa dell’Amministrazione comunale di
Villasimius?
“«da una attenta analisi della documentazione storica reperita, è emerso
come il territorio di Villasimius oggi non possa considerarsi gravato da usi
civici. Tale affermazione trova riscontro non solo nella corretta lettura e
interpretazione della Carta Reale del 15 marzo 1839, della legge di
Sardegna n. 1192 del 1851 e delle Leggi del Regno d’Italia n. 1105 del 4
gennaio 1863 e n. 2251 del 23 aprile 1865 e seguenti, che hanno espressamente
abolito gli usi civici in Sardegna, ma altresì nell’atto di concessione da
parte del Re di Spagna Ferdinando il Cattolico che nel 1504 concesse il Feudo
di Quirra (che comprende anche l’attuale territorio di Villasimius) alla
famiglia Carroz in ‘libero e franco allodio’»”.
Così scrive lo Studio legale associato Ballero, “in
collaborazione con lo studio Spinas”, incaricato dal Comune di Villasimius
(SU) “per l’assistenza occorrente presso le sedi giudiziali di primo grado,
incluso tra queste il Commissario regionale per gli usi civici della Sardegna,
sia le sedi stragiudiziali, attraverso la richiesta di riesame in autotutela
dell’accertamento degli usi civici approvato con determinazione della RAS,
Assessorato dell’Agricoltura e della riforma agropastorale n.264 del 24/02/2005”,
e così riporta la deliberazione Giunta comunale
Villasimius n. 33 del 3 giugno 2021.
Il fatto è che “«si è potuto appurare che una parte rilevante delle
aree individuate dalla Regione Sardegna come gravate da uso civico, ricade non
solo su aree inedificate (come le aree di Minni Minni) ma su estesi
territori sui quali sono presenti strutture alberghiere tra le più importanti
del territorio quali Stella Maris (per
intero), Timi Ama (parte), Cormoran (parte), Capo Boi (parte) solo per
citarne alcuni, e ville di pregio – che peraltro sono state alienate ai privati
molti anni orsono dallo stesso Comune di Villasimius previo nullaosta della
Regione Sardegna -, con la conseguenza che una eventuale azione di recupero,
benchè possa avere, in teoria, come presupposto la nullità dell’atto
dispositivo, esporrebbe l’Amministrazione comunale ad un’azione di risarcimento
del danno da parte degli acquirenti che in buona fede hanno confidato nella
bontà dell’acquisto, con un conseguente e concreto rischio per il Comune di
dover rifondere rilevantissime somme a titolo di danni (in questo senso si veda
Corte Costituzionale 1991 n. 51), senza considerare il danno all’industria
turistica dell’intero paese»”.
Insomma, in parole povere, si suggerisce di agire davanti al Commissario
per gli usi civici al fine di dichiararne l’inesistenza sul territorio di
Villasimius.
E così è stato fatto: il 29 ottobre 2021 è fissata la prima udienza davanti
al Commissario per gli usi civici
In altre parole, il Comune di Villasimius, gestore ex lege (legge regionale Sardegna n.
12/1994 e s.m.i.) del demanio civico per conto dei cittadini residenti
a Villasimius, unici titolari, sembra proprio che cerchi di farlo dichiarare in
qualche modo inesistente, con una serie di conseguenze per tutti
gli altri demani civici presenti nel 92% dei Comuni della Sardegna.
Il GrIG interverrà nel giudizio per la difesa dei demani civici sardi e del
grande patrimonio ambientale che rappresentano.
Ma quali sarebbero le motivazioni sul piano giuridico della pretesa
comunale?
Quanto alla pretesa abolizione dei diritti di uso civico da parte di norme
dello Stato pre-unitario o dal Regno d’Italia, basterebbe rammentare quanto
disposto dalla legge n. 1766/1927 e s.m.i., comprendente la
Sardegna, mentre in merito all’infeudazione alla famiglia Carroz del feudo di
Quirra nel 1504 in “libero e franco allodio”, basterebbe rammentare che
i terreni di Carbonara (Villasimius) vennero infeudati perlomeno il 18 luglio
1363 da Pietro IV d’Aragona in favore di Berengario II Carroz[1].
Al di là delle elucubrazioni d’ogni genere e nonostante la concessione
in allodio da parte di re Ferdinando il Cattolico dell’8 novembre
1504, erano sempre e sistematicamente riconosciuti usi e consuetudini dei
residenti dei villaggi collocati nel feudo per garantirne la vita quotidiana,
la sopravvivenza, il tributo annuo alla Corona e al feudatario (il che,
intuitivamente, era interesse della Corona e dello stesso feudatario)
attraverso reciproche pattuizioni “conosciute anche come capitoli di grazia, che stabilivano e in
qualche misura cristallizzavano il complesso di norme che regolavano i rapporti
tra le comunità e il loro signore”.
Ubi feuda, ibi demania, ibi usa. Chiaro e netto è il brocardo ben noto fra chi si
occupa di terre collettive e recepito dalla
giurisprudenza in tema (es. Cass. civ., 20 ottobre 1976, n. 3660)[2].
Affermare l’inesistenza dei diritti di uso civico in quella parte di
Sardegna e nel resto dell’Isola non sta in Cielo né in Terra e neppure in
Mare.
La finalità, nemmeno tanto occulta, appare proprio quella di privare i
cittadini di Villasimius dei loro diritti di uso civico, favorendo nel concreto
società immobiliari e occupatori di dubbio titolo, come emerso (2018) grazie
alle azioni ecologiste nelle aree boscate di Minni Minni (massiccio
dei Sette Fratelli).
Ma qual è la situazione delle terre collettive?
Per certi versi, buone notizie, in prospettiva, per una migliore tutela e
gestione del grande patrimonio rappresentato dai demani civici, più di 5
milioni di ettari in tutta Italia, presenti un po’
dappertutto.
Novità dal Parlamento.
E’ stata recentemente approvata la legge n. 108 del 29 luglio 2021 di conversione
con modificazioni e integrazioni del decreto-legge n. 77/2021, il c.d.
decreto governance PNRR.
La legge contiene, fra le varie disposizioni, una norma, l’art. 63 bis,
riguardante integrazioni all’articolo 3
della legge 20 novembre 2017, n. 168, in materia di
trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi ad oggetto terreni a
uso civico, che consentirà a Regioni e Province autonome di procedere in
materia di trasferimenti di diritti di uso civico e permute, sbloccando così
una situazione ormai cristallizzata dalla sentenza della Corte costituzionale
n. 178/2018.
La norma, approvata su proposta tenacemente
sostenuta dell’on. Alberto Manca (M5S),
costituisce un importante passo in avanti per la difesa delle terre collettive
e la loro corretta gestione.
Ha, poi, sbarrato il passo alle proposte di radicale abolizione dei diritti di
uso civico presentate incessantemente soprattutto
dagli on.li Alessandro Battilocchio e Maria Spena (Forza Italia).
Ricordiamo, infatti, la sentenza Corte costituzionale n.
178/2018 ha dichiarato illegittimi gli artt. 37-39 della legge regionale Sardegna n.
11/2017 che avevano il pregio – caso unico in Italia – di legare qualsiasi
eventuale ipotesi di sdemanializzazione di terreni a uso civico
irreversibilmente trasformati (seppure illegittimamente, perché privi delle
necessarie autorizzazioni) a trasferimenti del diritto di uso civico su altri
terreni pubblici di pregevole interesse ambientale (es. coste, boschi, zone
umide, ecc.) e sempre previa vincolante procedura di copianificazione Stato –
Regione.
Finora le operazioni di riordino dei demani civici attraverso trasferimenti
di diritti di uso civico e permute sono state rese estremamente
difficoltose. Potrebbero avvenire, di fatto, solo in via giurisdizionale
davanti al Commissario per gli usi civici mediante quelle soluzioni
conciliative proprie del procedimento (art. 29 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).
Con l’approvazione dell’art. 63 bis Regioni e Province
autonome possono intervenire in campo normativo e amministrativo per consentire
il trasferimento dei diritti di uso civico dalle aree ormai irreversibilmente
(sebbene illegittimamente) trasformate (es. edificate) prima della legge n. 431
del 1985 (la c.d. legge Galasso) ad altre aree di grande valore naturalistico
(boschi, coste, zone umide, pascoli, ecc.) con il mantenimento del vincolo
paesaggistico sulle aree sdemanializzate.
Analoghe operazioni potrebbero esser effettuate mediante permute.
Ora Regioni e Province autonome devono fare la loro parte, per la tutela di
questo inestimabile patrimonio ambientale e per i cittadini.
I diritti di uso civico.
Come noto, i terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.) costituiscono un
patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali, sia sotto il
profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale
(valore riconosciuto sistematicamente in giurisprudenza)[3].
I diritti di uso civico sono inalienabili, indivisibili, inusucapibili e
imprescrittibili (artt. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e 2, 9, 12 della
legge n. 1766/1927 e s.m.i.). I demani civici sono tutelati ex lege con
il vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera h, del decreto legislativo n. 42/2004 e
s.m.i.). Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque
incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica
amministrazione competente soltanto a particolari condizioni, previa
autorizzazione regionale e verso corrispettivo di un indennizzo da
corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato a
opere permanenti di interesse pubblico generale (artt. 12 della legge n.
1766/1927 e s.m.i.).
In Sardegna.
Anche in Sardegna, dopo troppi anni di cattiva gestione, di lassismo e di
abusi, il futuro dei diritti di uso civico appare migliore.
Dopo parecchi anni di lavoro e – nel piccolo – tante azioni legali e di
sensibilizzazione da parte dell’associazione ecologista Gruppo d’Intervento
Giuridico, sta giungendo a positiva
conclusione l’operazione di accertamento dei demani
civici presenti nel territorio isolano da parte dell’Agenzia Argea Sardegna, delegata in materia
dalla Regione autonoma della Sardegna.
E’ stato così finalmente reso nuovamente consultabile l’Inventario regionale delle Terre
civiche, il documento fondamentale, di natura ricognitiva, per la conoscibilità
dei terreni appartenenti ai demani civici in Sardegna.
Secondo quanto oggetto di provvedimenti di accertamento da parte
dell’Agenzia Argea Sardegna, risultano terreni a uso civico in 339 Comuni sui
369 su cui sono state condotte le operazioni. I Comuni sardi sono 377: mancano
ancora le attività di accertamento su 8 Comuni, nei quali si stima, comunque,
la presenza di terre collettive.
In 30 Comuni, al termine delle operazioni, non sono risultati terreni a uso
civico.
Complessivamente (considerando anche gli ultimi 8 Comuni dove devono esser
svolte le operazioni di accertamento, ma dove se ne stima la presenza),
dovrebbero essere 347 su 377 i Comuni dove sono presenti i demani civici, ben
il 92% dei Comuni sardi.
Sono stati, inoltre, verificati e aggiornati i dati (estensione, catasto,
ecc.) relativi ai 377 demani civici (dicembre 2020).
L’estensione complessiva delle terre collettive finora accertate è di circa
305.326 ettari, pari al 12,69% dell’Isola.
Tasti dolenti rimangono alcune gravi carenze gestionali: sui 347 Comuni
sardi con presenza di demani civici sono soltanto 46 quelli dotati del
regolamento comunale di gestione degli usi civici e solo 24 quelli muniti di
piano di valorizzazione e recupero delle terre civiche, mentre migliaia di
ettari occupati illecitamente attendono il recupero alla fruizione collettiva.
Nei mesi scorsi, dopo il vero e proprio risultato storico per la difesa
delle terre collettive in Sardegna determinato dal
primo recupero al demanio civico (addirittura in via
bonaria) dei quasi 48 ettari di terreni occupati
illegittimamente da Privati avvenuto recentemente a Carloforte,
c’è stato un importantissimo segnale positivo dato dal Comune di Desulo che ha deciso, con la deliberazione consiliare n. 33 del
29 novembre 2018, adottata all’unanimità, segno della forte
condivisione della proposta, di chiedere all’Agenzia regionale Argea Sardegna il trasferimento
dei diritti di uso civico (art. 18 ter della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) da
poco più di 11 ettari di vari terreni non contigui a più di 1.577 ettari di
boschi e pascoli del Gennargentu, per “ … incrementare il proprio
patrimonio civico e tutelare sotto il profilo ambientale una vasta area
boschiva. In particolare l’apposizione del diritto d’uso civico garantirà, alle
generazioni future, l’inalienabilità, l’inusucapibilità e l’imprescrittibilità
dei terreni sui quali si trasferirà il diritto”.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico per la difesa delle terre collettive.
Decenni di ignavia, di disinteresse, di cattiva gestione delle terre
collettive in Sardegna stanno venendo consegnati, piano piano, al grande
libro del passato anche grazie alla martellante campagna per la tutela delle terre
collettive della Sardegna che il Gruppo d’Intervento Giuridico
sta conducendo da anni, da ultimo con l’istanza (30 maggio 2018) per
il recupero ai rispettivi demani civici (art. 22
della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.)
di migliaia di ettari di terreni a uso civico occupati
illegittimamente da Privati e da Società immobiliari e
l’emanazione dei provvedimenti di accertamento di ben 120 demani civici rientranti
in altrettanti Comuni, nonché la razionalizzazione delle terre collettive.
Analogamente in tutta Italia (dal Lazio all’Umbria,
dal Friuli – Venezia Giulia alla Toscana, alla Campania) il Gruppo d’Intervento
Giuridico è schierato con forza e determinazione per la salvaguardia e la
corretta gestione delle terre collettive, come avvenuto anche in occasione
della recente approvazione della nuova
norma.
Gruppo d’Intervento
Giuridico odv
qui la sezione usi civici dell’Agenzia Argea Sardegna: http://www.sardegnaagricoltura.it/finanziamenti/gestione/usicivici/
qui l’Inventario regionale delle Terre civiche in Sardegna: http://www.sardegnaagricoltura.it/documenti/14_126_20200703135034.pdf
[1] Mario Enrico
Gottardi, Governare un territorio nel Regno
di Sardegna Il marchesato di Quirra. Secoli XIV-XIX, Università degli
Studi di Cagliari (p. 28).
[2] Per chi volesse
approfondire, Francesco Lillo, Il principio ubi feuda ibi demania, in AA.VV., Sanzioni
amministrative in tema di usi civici, Ed. Giappichelli, 2013.
[3] vds. sentenze
Corte cost. nn. 345/1997, 46/1995, 210/2014, 103/2017, 178/2018 e ordinanze
Corte cost. nn. 71/1999, 316/1998, 158/1998, 133/1993. Vds.. anche Cass.
civ., SS.UU., 12 dicembre 1995, n. 12719; Cass. pen., Sez. III, 29 maggio 1992,
n. 6537.
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