Il 24 settembre la Rete Sarda per la
Difesa della Sanità Pubblica, torna in piazza con comitati e associazioni
provenienti da tutta l’Isola.
Lo smantellamento del sistema sanitario
pubblico da tempo in corso, priva le nostre collettività dell’accesso alle cure.
Già nel 2019 il 14,5% dei sardi rinunciava a curarsi per difficoltà economiche,
contro il 5,6% dei toscani. L’aspettativa di vita dei sardi si è ridotta
ulteriormente di oltre 9 mesi in tempi di covid. In 304 comuni su 377, i
decessi superano le nascite.
Se in Italia i morti no-covid nel 2020
sono 25.000 in più rispetto al 2019, i dati sulla mortalità in Sardegna sono
ancora più pesanti.
A preoccupare medici ed epidemiologi non
sono solo i 1500 morti di Covid, ma il bilancio non ancora pervenuto sulla
salute dei malati cronici che non hanno avuto accesso ai reparti, alle terapie,
alle visite specialistiche, alle Tac, alle Rmn, ai controlli endoscopici, e di
chi in quest’anno e mezzo ha contratto malattie spesso letali e non
diagnosticate per l’inacessibilità alla Prevenzione.
Il crac del sistema sanitario pubblico è
frutto dei tagli indiscriminati agli ospedali dei sardi, ai servizi
territoriali e al personale sanitario in nome del risparmio,
dell’aziendalizzazione della Sanità e del profitto. Lo smantellamento degli
ospedali non si limita ai territori.
La chiusura di grandi ospedali di
Cagliari ha paralizzato anche le attività degli ospedali sopravvissuti, per il
sovraccarico di servizi.
Con la centralizzazione dei poteri in
materia di politiche sanitarie, voluta da governo e Regione, i territori sono
sempre meno ascoltati e privi di ruolo. Le decisioni si giocano tra direttori
generali e assessori: nomine squisitamente politiche che rispondono ai partiti.
La Rete Sarda propone nuove strategie:
-il monitoraggio e il rilancio del
Sistema Sanitario Pubblico in tutti i territori.
-L’organizzazione di nuovi modelli di
medicina territoriale, indispensabile per il riequilibrio di tutti gli
ospedali.
-Un piano di emergenza per dotare le
comunità di medici di base e di guardie mediche.
-L’alleggerimento del carico burocratico
che grava sui medici di base.
-Agevolazioni che incoraggino i medici
in prepensionamento ad assumere ruoli di tutor nei reparti pubblici per la
formazione dei nuovi specializzandi e per elevare la qualità dell’assistenza
sanitaria.
-Il superamento dell’ ”imbuto formativo”
e la valorizzazione degli specializzandi.
-L’abolizione del numero chiuso a
Medicina, con il libero accesso per tutti gli studenti, oltre che un diritto
inalienabile, in Sardegna è ancor più una necessità.
Ribadiamo che nessun finanziamento dalle
casse sarde deve essere destinato alla sanità privata, così come sta avvenendo
con il Mater Olbia e con le multinazionali della Sanità che continuano ad
acquisire le strutture private convenzionate.
Su questi punti invitiamo tutti i sardi
alla mobilitazione e tutte le istituzioni ad assumersi le proprie
responsabilità per restituirci il diritto alla salute.
Claudia Zuncheddu è la
portavoce della Rete Sarda – Difesa Sanità Pubblica
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