Il 26 febbraio è stato approvato il decreto “Ministeri”, con il quale, tra gli altri, si è sancita la nascita del MiTE, Ministero della Transizione ecologica. Il nuovo Ministero è stato accolto positivamente dai più, ma a fronte di un’attenta analisi la sua istituzione appare come un’operazione di facciata.
MITE: cos’è e quali sono i suoi obiettivi
Il neonato dicastero, denominato MiTE, sostituisce il Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le politiche di
riferimento del Ministero della Transizione vanno dall’energia allo sviluppo
sostenibile, includendo la mobilità green e la lotta
ai cambiamenti climatici. Il ministro Roberto Cingolani,
esperto di innovazione tecnologica, ha dichiarato:
E’ una sfida imponente. Il governo intero è impegnato nella realizzazione
di questa nuova visione. Recuperare la virtù della mitezza avendo a cuore le
future generazioni”
E fin qui tutto bene, se non fosse che il lavoro di questo nuovo super
ministero, al fine di rendere il suo operato davvero efficace e fattivo,
dovrebbe sostanzialmente mettere in discussione l’essenza
stessa del capitalismo.
Ecologia e transizione ecologica
Cominciamo dalle basi: cosa significa ecologia? L’ecologia è il
rapporto tra gli organismi e l’ambiente in cui essi vivono. Si sta parlando
dunque della nostra relazione con la tanto bistrattata Gaia,
intesa come ambiente complesso e composto da soggetti interagenti.
Con il termine transizione ecologica intendiamo il
passaggio a sistemi di produzione e consumo
sostenibili. La sostenibilità prevede che il capitale naturale non venga
intaccato dalle attività umane e che il prelievo o il consumo di risorse
sia in linea con i tassi di rinnovamento delle risorse stesse.
Attualmente ci troviamo in una strettoia a imbuto: da una parte siamo
minacciati dalla scarsità di materie prime e
dall’altra dall’aumento vertiginoso dei rifiuti. Perché
il Ministero possa dare una reale svolta green al nostro Paese dovrebbe abbattere il
concetto stesso di capitalismo, cioè quell’ideologia che alimenta
un distruttivo vortice bulimico di produzione e consumo. E per fare questo
serve un sguardo attento all’interazione complessa degli attori in campo e una
buona dose di coraggio.
Proposte alternative alla revisione del capitalismo
Se è vero che il programma del neo ministro punta ad aumentare
l’efficienza, soprattutto tramite il potenziamento tecnologico,
simultaneamente dovrebbe tendere a una progressiva riduzione dei
consumi e della produzione. La riduzione o decrescita (so che gli economisti
non apprezzeranno il termine) presuppone proprio la virtù della mitezza di
cui parla Cingolani. Ma tale virtù è raggiungibile solo attraverso
una trasformazione profonda dell’economia.
Francesco Gesualdi, fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo, propone un
piano d’azione che include:
·
o
la costituzione di una fitta rete di biblioteche pubbliche per
garantire il diritto alla lettura a basso impatto ambientale
·
o
implementazione del servizio di trasporto pubblico per
disincentivare l’utilizzo di mezzi privati
·
o
ampi interventi di ristrutturazione edilizia sulla base di
importanti contribuiti pubblici.
Se volessimo andare ancora più a fondo, la transizione ecologica, per
essere davvero incisiva, dovrebbe coinvolgere ogni aspetto delle nostre vite,
dal lavoro all’educazione, dalla politica all’etica. Papa Francesco ha parlato
di ecologia integrale, sintetizzando il concetto in queste parole:
È un invito a una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione
che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo
interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti dalla nostra madre
terra”
Ridurre la produzione, riconvertire le aziende altamente inquinanti,
rivedere le politiche di accoglienza e assistenza alla
persona, riqualificare le aree urbane, risanare
l’agricoltura: sono scelte difficili, ma le uniche in grado di offrirci una
possibilità concreta di uscire dall’attuale crisi ecologica.
La bolla del MiTE
Dunque, il Ministero della Transizione ecologica corre il rischio di essere
una bolla, di essere un’opportunità sprecata perché si basa sulla
fallace illusione che si possa continuare ad andare avanti sulla scia di
un capitalismo opportunamente revisionato. C’è il
timore che la tutela dell’ambiente sia solo l’assunto su cui il sistema
capitalistico ha deciso di basare la sua autolegittimazione in questo momento
di completo stallo.
Rivolgiamo un appello ai soli che sono in grado di fare la differenza: che
vengano messe da parte l’ipocrisia e le operazioni di facciata, che la transizione sia reale e
che abbia come scopo primario la cura della natura e delle società,
a qualunque costo.
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