La pandemia da coronavirus del 2020, dal punto di vista economico, non è
stata per tutti un’ecatombe. Anzi, per alcuni settori si può dire che
abbia comportato dei vantaggi. Uno di questi settori è rappresentato dalle
attività economiche basate sull’estrattivismo.
Con questo concetto si fa riferimento a un fenomeno multiforme e, benché il
termine faccia pensare in modo più immediato all’estrazione delle materie prime
dalla terra, che certamente ne fanno parte, il suo significato si estende
all’estrazione di valore: “Infatti, oltre che dal suolo, si sottrae
ricchezza (fertilità) ai terreni con le colture intensive; o alle comunità con
la privatizzazione di beni comuni (p.e. l’acqua); o alla società in generale
con la costruzione di grandi opere inutili che sottraggono risorse sia naturali
che monetarie alla cittadinanza tutta, con effetti diretti e indiretti spesso
gravi sulla qualità della vita (p.e. l’inquinamento del suolo, dell’aria o
delle falde acquifere)1.
Nonostante la quarantena, o forse proprio grazie ad essa, l’estrattivismo,
appoggiato dalla complicità dei governi, ha proseguito la sua opera di
distruzione e di sottrazione di valore dai territori e dall’esistenza di chi li
abita.
Anche i lavori per il Trans Adriatic Pipeline, in Salento, sono proseguiti
senza sosta.
Il TAP è l’ultimo tratto, lungo 878 km, di un mega gasdotto di quasi 4.000
km che parte dal giacimento di Shah Deniz 2 in Azerbaijan, fino ad approdare
sulle coste salentine, precisamente sulla spiaggia di San Foca, marina di
Melendugno. Il suo percorso prosegue fino a Brindisi, dove si allaccia alla rete
SNAM, che attraversa il paese, passando per le zone ad alta sismicità del
centro Italia, fino a raggiungere l’Europa. Il TAP è considerato la
pietra angolare delle strategie energetiche europee, che puntano forte sul gas
dell’Azerbaijan in nome di un presunto affrancamento dalla dipendenza dalla
Russia.
In seguito alla comparsa del virus nel dicembre del 2019 a Wuhan e alla sua
rapida diffusione, l’11 marzo del 2020 l’OMS ha dichiarato lo stato di
pandemia. L’Italia è stata travolta dall’ondata pandemica alcune settimane prima
rispetto agli altri paesi europei e la sera del 9 marzo, con un decreto in
vigore dal giorno successivo, è diventata “zona rossa”. Il paese si è fermato,
per 69 interminabili giorni, assecondando il principio del “chiudere tutto”. Ma
a quel “tutto” sono sfuggite varie eccezioni e non le migliori che si potevano
sperare.
Il 21 marzo il presidente del consiglio Conte anticipa l’emanazione di
nuove misure per contrastare la pandemia. Tra queste la chiusura di tutte le aziende
non strategiche fino al 3 aprile, data successivamente prorogata al 3 maggio:
“Aperti solo supermercati, farmacie e altri servizi essenziali”.
Proprio tra i “servizi essenziali” si nascondeva l’escamotage utilizzato
dalla multinazionale e dal governo per imporre la prosecuzione dei lavori del
TAP. Nella voce “servizi essenziali” rientravano infatti le “Attività dei
servizi di supporto all’estrazione di petrolio e di gas naturale” e la
“Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata”. Questo è bastato
per forzare l’interpretazione del DPCM, che si riferiva chiaramente alle opere
terminate e attive, ed estenderla anche alla prosecuzione dei lavori di
cantiere, permettendo a TAP e SNAM di lavorare indisturbate.Intanto sulla
pagina facebook del Movimento No TAP, movimento nato per contrastare la
costruzione del megagasdotto, venivano pubblicati i primi post che avanzavano
dei dubbi riguardo al rispetto da parte della multinazionale delle regole
anti-contagio delineate a livello nazionale.
“Tap ha una protezione speciale dal Coronavirus? I suoi operai e le
imprese che arrivano dalla zona del focolaio principale, non hanno bisogno di
precauzioni?” scriveva il Movimento No TAP, sottolineando
come in quei primi giorni di marzo, in cui la paura per una malattia virale
sconosciuta e l’inadeguatezza del sistema ospedaliero del sud Italia la
facevano da padrone, sapere di operai provenienti dalle zone focolaio del nord
Italia, che circolavano liberamente nei piccoli centri, facevano la spesa nei
supermercati locali, alloggiavano in strutture ricettive del Salento (che a
rigor di legge in quel periodo avrebbero dovuto essere chiuse), lavoravano a
stretto contatto con persone del luogo, creava nella popolazione uno stato
d’animo di sconcerto e rabbia.
Il 16 marzo, a pochi giorni dall’inizio del lockdown, il sindaco di
Melendugno, Marco Potì, segnala alle autorità locali e alla magistratura, la
presenza, presso i cantieri del gasdotto TAP di San Foca, di numerosi
lavoratori, «molti dei quali» provenienti da altre regioni, «comprese ex zone
rosse, con possibile violazione dell’ordinanza del Presidente della Regione
Puglia» che prevede l’obbligo di quarantena per chi proviene da altre regioni. Lavoratori che,
secondo il Sindaco, sarebbero entrati pericolosamente in contatto con i
lavoratori delle ditte locali. Il primo cittadino invia la segnalazione
all’Ufficio di Presidenza della Regione Puglia, all’Asl Lecce e alla Procura
della Repubblica di Lecce. Nella nota chiede che si provveda con urgenza ad
accertare “l’applicazione delle misure previste dalle normative emergenziali da
parte delle aziende e ditte in questione, al fine di attenuare il rischio di
propagazione del contagio dal Covid-19 attraverso l’attività posta in essere in
detti cantieri”2.
A dare man forte al primo cittadino melendugnese, pochi giorni dopo, si
uniscono altri Sindaci dei paesi vicini, come Fulvio
Pedone (Lizzanello), Francesca De Vito (Calimera), Fabio
Tarantino (Martano), Franco Leo (Vernole), Dina
Manti (Corigliano), Andrea Pascali (Castrì), chiedendo al Prefetto di
Lecce l’immediata chiusura dei cantieri TAP e SNAM, al fine di contenere il
rischio del contagio.
L’appello a fermare i cantieri arriva anche dal Movimento No TAP che il 19
marzo scrive: “Mentre Italia e gran parte del mondo sono in balìa di un
virus sfuggito di mano, tra contagi in continuo aumento, morti, locali chiusi e
danni economici, Tap e Snam continuano a lavorare nei cantieri tra San Foca e
Brindisi non adottando nessuna delle precauzioni richieste per la limitazione
dei contagi da Covid-19”.
Il Movimento sostiene inoltre di essere in possesso di foto e comunicazioni
dal cantiere che evidenziano la mancanza di dispositivi di sicurezza, quali
mascherine o altro, e operai con personale tecnico a stretto contatto tra di
loro nonostante la richiesta distanza di almeno un metro.
Ad avvalorare la tesi e le preoccupazioni dei sindaci, nonché le informazioni
in possesso del Movimento No TAP, arriva la denuncia da parte di un operaio
impiegato proprio nel cantiere TAP. L’uomo, intervistato da RaiNews il 22
marzo, afferma senza mezzi termini, che lavorare in quel cantiere è pericoloso:
“Usiamo mascherine non idonee, che si strappano e non a norma, gli operai
sono tutti a stretta vicinanza, perché per il lavoro che fanno non possono
avere la distanza di sicurezza, specialmente elettricisti e metalmeccanici”
– e aggiunge – “quelli della sicurezza escono con le mascherine a norma, noi
lavoriamo con la carta igienica. Il rischio di contagio non è alto, è
altissimo. In uno spogliatoio siamo 10-15 operai e non abbiamo neanche i 20
centimetri di distanza l’uno con l’altro.”
L’operaio conclude dicendosi preoccupatissimo per l’eventualità dello
scoppio di un focolaio all’interno del cantiere, che potrebbe propagarsi anche tra
la popolazione locale.
Le deputate del gruppo misto Veronica Giannone e Silvia
Benedetti rincarano la dose e parlano di “Guanti e mascherine non a norma
indossate anche per due tre giorni, operai che arrivano settimanalmente dal
Nord, spogliatoi con 20 persone senza protezioni, distanze di sicurezza non
rispettate, controlli farsa della Asl, che avvisa preventivamente i dirigenti
sul giorno dei controlli, così da renderli perfettamente a norma. Insomma
parliamo di violazioni gravissime che mettono tutti a rischio di contagio,
operai e cittadini”.3
Su quest’ultimo punto aveva attirato l’attenzione anche il Movimento No
TAP, denunciando che “Subito dopo la pubblicazione dell’esposto del 16 Marzo
2020 (Prot. N. 6005) da parte del Comune di Melendugno a firma del Sindaco
Marco Potì, l’azienda sanitaria locale (ASL Lecce) si è recata nei cantieri per
effettuare alcune verifiche, ma nel cantiere sono stati trovati solo la metà
degli operai che mezz’ora prima erano presenti”.
Nonostante la multinazionale respinga tutte le accuse e sostenga che
l’attenzione al rispetto delle norme di sicurezza sia massima, i fatti
smentiscono le parole e il 2 aprile esce la notizia di due contagi sulla nave
TAP che lavora a largo di San Foca e la conseguente quarantena di tutto
l’equipaggio. Si tratta della nave Protea, battente bandiera cipriota e utilizzata
in attività di analisi dei fondali, che approda il 19 marzo a Costa Morena, con
un sospetto caso Covid, un biologo marino.
A bordo della nave sono presenti 53 persone, tra equipaggio, sub, biologi e un
referente della multinazionale. Poco dopo emerge la positività di un altro
membro dell’equipaggio, un marittimo.
La nave, non potendo attraccare, è costretta a rimane alla fonda davanti al
porto di Brindisi.
“Con ancora più sgomento e incredulità – commenta il sindaco di Melendugno
Marco Potì – apprendiamo della nave che lavora per Tap, in quarantena per il
Coronavirus. Riteniamo, io e altri sindaci del territorio, che è urgente e non
più rinviabile la sospensione di questo cantiere a Melendugno. Idem per quello
dell’area compresa tra Lecce a Brindisi. Noi supplichiamo il prefetto di Lecce,
affinché intervenga immediatamente, sospendendo il cantiere di Tap e delle
ditte appaltatrici. Non possiamo tenere in uno stato di angoscia i cittadini
che stanno soffrendo, già sottoposti alla rinuncia al lavoro e o ad aprire i
propri negozi. Tap, per rispetto, deve bloccare tutto e andare via. Siamo tutti
tenuti a rispettare le leggi per evitare il contagio”.
Possiamo sostenere, a ragione, che la pandemia abbia giocato a favore
dell’estrattivismo e in questo caso della multinazionale TAP, soprattutto
grazie alla neutralizzazione dell’opposizione sociale.
La militarizzazione dei territori, dispiegata in tutto il paese, è stata un
forte deterrente per ogni tipo di protesta o controllo dell’operato di TAP. Con
le comunità costrette a stare in casa, al distanziamento fisico,
all’isolamento, la multinazionale ha avuto la strada spianata per continuare a
depredare e distruggere il territorio:
“Non sapremo mai, visto che nessuno controlla, di quanto si è espanso
abusivamente il cantiere”, scriveva il Movimento No TAP.
La conta dei “danni” è avvenuta solo allo scadere dei 69 giorni di
quarantena, quando finalmente alle persone comuni è stato permesso di uscire e
muoversi nel territorio.
Ed ecco, giorno dopo giorno, un macabro resoconto dei luoghi naturali devastati
da TAP: “Merine di Lizzanello, zona “bosco degli Lei” vicino la grande
quercia”;
“Strada provinciale che collega Vernole a Calimera”;
“Zona “fondone”, Lecce”;
“Grande Quercia o “lizza dei briganti”, patrimonio dell’Unesco, tra Pisignano e
Lizzanello”;
Un post del Movimento No TAP, datato 6 maggio 2020, titola:
“L’inquietante post quarantena: Ci giungono immagini
terribili delle nostre campagne. Una cicatrice larga 40 metri e lunga decine di
Km punteggiata di tanto in tanto da piccole discariche di materiali di cantiere”.
Oltre il danno, la beffa.
Con riguardo al processo che vede imputata la multinazionale TAP e le aziende a
cui sono stati appaltati i lavori, accusati a vario titolo di disastro
ambientale e costruzione abusiva, il 20 novembre 2020 viene diffusa la notizia
del rinvio del processo, causa covid.
Ma l’aula bunker del carcere di Lecce non resta vuota, perché il processo a
TAP viene rimpiazzato con uno dei numerosi processi contro i No TAP, i cui capi
di accusa rasentano, spesso, il ridicolo.
“È chiaro che in rappresentanza di TAP il covid diventa un problema
insormontabile – commenta il Movimento No TAP – mentre per quei processi super
affollati, con 96 imputati, dove a giudizio vengono messi gli attivisti NO TAP,
non esiste alcun problema di diffusione del virus.
Ma, del resto, era così anche quando i lavori nel cantiere continuavano, mentre
l’intera nazione era in lockdown”.
TAP ha mostrato alla popolazione salentina che l’estrattivismo non si ferma
davanti a niente. Va avanti nonostante tutto e tutti, nonostante la legge,
nonostante le violazioni dei diritti umani e della natura, nonostante le
accuse, nonostante le morti (come quella di un giovane operaio salentino,
deceduto il 27 maggio 2020 per un incidente nel cantiere di interconnessione
SNAM di Pisignano), nonostante una pandemia mondiale che blocca l’intero
pianeta.
Mentre eravamo chiusi in casa, mentre i nostri cari morivano da soli in
ospedale, mentre tanta gente doveva rinunciare allo stipendio e si domandava se
sarebbe riuscita a pagare il mutuo, a fare la spesa, ad assicurare un pasto ai
propri figli; mentre tanti malati cronici restavano senza cure, mentre medici e
infermieri mettevano a repentaglio la propria vita per salvarla agli altri, mentre
ci abituavamo a non baciare i nostri genitori, a non stringere le mani dei
nostri amici, mentre nelle carceri aumentavano i contagi e, le proteste dei
detenuti, privati di tutto, venivano sedate con la più bruta violenza; mentre
gli stadi, i cinema, i teatri erano vuoti e tutti facevamo i conti con le
nostre paure, TAP continuava a lavorare, ferendo ulteriormente e
irrimediabilmente un territorio e le vite dei suoi abitanti.
Note:
1) Appendice all’edizione italiana di R. Zibechi “La nuova corsa all’oro.
Società estrattiviste e rapina”, p.82
2) La Gazzetta del Mezzogiorno, 17 marzo 2020, ‘Coronavirus Melendugno, il
Sindaco: “Rischio contagio cantiere TAP”’.
3) Salento Metropoli, 31 marzo 2020, “L’Italia si ferma ma il cantiere TAP no”.
Questo articolo fa parte dell’eccellente Speciale Estrattivismo e Pandemia
di EcorNetwork.
https://comune-info.net/lo-immaginavate-no-il-virus-fa-bene-al-tap/
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