Bill Gates intende eliminare il problema dei gas serra e del riscaldamento climatico con alcune semplici formulette spiegate nel suo ultimo libro. Alla base delle sue ricette, il concetto scivoloso di “green premium”. Mentre il suo filantrocapitalismo sul versante vaccini è sotto le critiche anche in Italia.
1.
La
prima foto del libro di Bill Gates “Clima -Come evitare un disastro”, lo
ritrae, tra Justin Trudeau e Barack Obama, insieme ad altri 14 capi di Stato e
di governo, a Parigi nel 2015 al Cop 21. Bill Gates è molto a suo agio; gli
altri, chissà. Nel volume spiega assai bene il suo ruolo e le sue semplici
intenzioni. Dice di voler prendere in considerazione soltanto due numeri per
costruire un nuovo miracolo, dopo il primo, quello realizzato nella parte
finale dello scorso millennio, la microsoftizzazione del
mondo. Il nuovo prodigio è l’eliminazione del gas serra in eccesso. Un
procedimento assai semplice, basato sui due numeri che tutti dovrebbero
conoscere nel loro significato e che nei fatti molti ignorano. I due numeri
sono cinquantuno e zero. Bill Gates è la
semplicità fatta persona. Le sue formule sono di facile lettura. Veniamo a
sapere dalla nostra guida che per arrivare a zero emissioni, livello
indispensabile per proseguire indefinitamente la vita umana sul Pianeta,
bisogna eliminare cinquantun miliardi di tonnellate di anidride carbonica
equivalente ogni anno, fino a metà secolo. 51 miliardi di tonnellate sono il
carico di inquinamento che mettiamo insieme, anno dopo anno, con scarsi
cambiamenti. Una volta che gli scienziati, d’accordo o quasi, indicano
l’obiettivo che consiste nell’arrivare a metà secolo senza più emissioni di CO2,
si discute su come fare. Si potrebbe – è una prima ipotesi-soluzione – ridurre
il più possibile ogni anno, cercando di avvicinarsi all’obiettivo finale poco
per volta. L’errore è di puntare a risultati parziali, accontentarsi, sprecando
le forze, con il rischio di fare passi indietro, aumentando una carica fossile
per risolvere un altro problema e rendendo più difficile, se non impossibile,
la vittoria finale.
Il
suggerimento di Bill Gates è diverso. Egli comincia a mettere in luce le varie
parti del problema. Insiste sul fatto che si tratta di riuscire a cancellare
tutte insieme le diverse emissioni a fine periodo: 51 miliardi da
rimuovere totalmente nel 2050. Il gas serra è causato, per il 31 per cento
dalla produzione industriale, per il 27 per cento dalla produzione di energia,
mentre il 19 per cento è in conto all’agricoltura, in gran parte conseguente
alla deiezione di animali negli allevamenti, poco meno ai trasporti che
arrivano al 16 per cento; infine c’è la temperatura: sfuggire all’eccesso di caldo-freddo
conta per il 7 per cento. 31 + 27 + 19 + 16 + 7 è appunto pari a 100. Il gas
serra è tutto qui. Il conto non è frequente in altri testi, ammesso che
qualcuno che se ne sia dato pensiero esista.
Come si
è accennato, in questa specie di gioco è proibito risolvere il problema di una
fonte di gas serra raddoppiandone un’altra, o comunque a spese di un’altra.
Finora il problema dell’eliminazione totale non era in calendario, oppure era
rimandato a una data da destinarsi. Si tratta dunque di operare con ogni
scienza, coraggio e determinazione possibile verso l’unico risultato. Non
esiste nel pensiero di Gates una quasi vittoria o un’eroica
sconfitta; i dettami della Comunità europea sono: fine gas-serra
nel 2050. O si porta a casa tutto il risultato, oppure si è fuori, eliminati
dal tabellone del mondo. L’invenzione di Gates è di suddividere le varie azioni
che comportano un aumento di emissioni per trattarle una per volta, poco alla
volta e ottenere alla fine il risultato atteso. Quel che serve – aggiunge più
in là – è di saper mettere insieme attività e spesa pubblica, capitale privato,
mercato, ricerca: chi è capace di fare tutto questo? Io, Bill Gates, un’idea
l’avrei.
Un
concetto base è il Green premium. Si tratta della differenza di
prezzo tra un bene di origine fossile (o che comprende nella sua produzione o
messa in opera un componente fossile) e un bene alternativo, sostituibile, dal
carattere naturale o green. Si faccia uso di sole, vento, caduta
d’acqua, maree, il prezzo è sempre calcolato in dollari veri, nel mercato
americano. Dollari e America sono senza dubbio un primario interesse di Gates.
Per esempio (è il primo esempio proposto): “Negli ultimi anni il prezzo medio
al dettaglio per un litro di carburante per jet negli Stati Uniti è stato di
0,58 dollari. I biocarburanti avanzati per jet, nella misura in cui sono
disponibili, costano in media sul mercato 1,41 dollari al litro. Il green
premium per il carburante a zero emissioni è quindi la differenza tra
questi due prezzi, ossia 0,83 dollari. Si tratta di oltre il centoquaranta per
cento”. Per ricuperare la differenza si deve agire, tagliando ogni costo di
produzione del biocarburante. Inventando nuovo formule agricole, nuovi concimi
(naturali, altrimenti il gioco torna al punto di partenza o arriva la
squalifica), nuovi spazi, anche in pianure dislocate in continenti lontani. Se
si taglierà un ciuffo di alberi, pazienza, purché non salti il conto del jet
naturale. Si fonderanno e affonderanno società e imprese; tutto in vista del
desiderato green premium da ottenere, pareggiando i costi dei
due carburanti, quello del jet all’antica e il bio delle nostre speranze. La
forza del discorso di Gates è quella di sapere mettere insieme pezzi di
culture, innovazione scientifica, acutezza imprenditoriale privata, visione
finanziaria, potere politico. Il tutto moltiplicato per cinque – i cinque
schemi dell’effetto serra – e poi per cento, le cento voci di una produzione
agricola e/o industriale. Per fare il calcestruzzo serve il cemento… Come si
ottiene il cemento, quali materie si utilizzano, quanta energia elettrica
serve, quale energia elettrica si usa… . Il tutto, nel testo di Bill Gates è
ordinato, ben scritto, facile. Il rischio è di dargli ragione, di credere quel
che dice; vero o non vero che sia, è così piacevole, così accattivante…
Leggiamo
un testo assai sincero. Talvolta l’autore strizza l’occhio al lettore,
scherzando sulle sue ricchezze, sui molteplici interessi, sulle società di
frequenti settori che controlla; e allora si può capire che non abbiamo di
fronte soltanto un ricco che dice la sua, ma il caso è di un uomo potente che
finanzia e controlla decine d’imprese che agiscono all’unisono per superare i
problemi ambientali, o almeno quelli individuati da una Fondazione Gates.
Quando Bill Gates assicura che il problema dell’acqua potabile per tutti è
risolvibile desalando l’acqua del mare, qualora si abbia a disposizione
un’elettricità naturale e poco cara, rischia di distorcere
ogni altro indirizzo. Il suo stesso impegno, lodevole, di trovare modi per
ripulire l’acqua usata in una comunità, un tema su cui ha spesso insistito in
altre occasioni, viene immiserito. Se è tanto facile fare così, allora diamoci
da fare e portiamo acqua lavata, con grandi navi, senza badare ad
altro …
Non si
tratta solo di miliardi ma di molte imprese sue citate. Per
fare soltanto un rapido florilegio, Gates cita sue disparate società o
iniziative, tutte ambientali, tutte capaci di orientare la ricerca
internazionale, alle pagine 136, 144, 187, 200, 272 (in realtà qui si limita a
spiegare soltanto allo Stato – a qualsiasi Stato – come comportarsi per
investire nella ricerca e stimolare gli investimenti privati); e per continuare
l’elenchino, alle pagine 275, 297. Citeremo quest’ultima, non perché sia
l’ultima in assoluto ma perché è piuttosto indicativa: “… Nessuna centrale
nucleare di nuova generazione verrà mai costruita a meno che la validità del
progetto possa essere certificata, le catene di produzione messe in piedi e un
progetto pilota costruito per offrire una dimostrazione del nuovo sistema. … Mi
rendo conto che la mia opinione potrebbe sembrare interessata, dato che
possiedo una società di impianti nucleari di nuova generazione, ma questo è
l’unico modo in cui l’energia atomica avrà una chance di aiutarci con il
cambiamento climatico”. Insomma: l’unico modo sono io.
2.
Una
fotografia di Bill Gates campeggia anche sulla copertina del libro di Nicoletta
Dentico “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo”, uno studio
sulla natura dei vari Rockefeller, Carnegie e Bezos, e di tutto quello che
fanno e travolgono. A ben vedere il saggio si occupa soprattutto di lui, Bill
Gates, l’odierno prototipo del miliardario, cui dedica l’importante capitolo
centrale di un’ottantina di pagine con il titolo “Il monopolio filantropico di
Bill e Melinda Gates”. Dentico probabilmente completa il suo libro prima di
aver potuto leggere lo scritto di Gates sopra indicato; anche se non è del
tutto sicuro l’inverso; cioè che Gates non fosse al corrente, se non di “Ricchi
e buoni?”, almeno della contestazione abbastanza diffusa contro il
filantrocapitalismo; e che a suo modo intendesse dare una risposta agli
attacchi contro la sua linea di condotta.
Dei
super ricchi si è molto discusso, negli ultimi tempi; e la discussione riparte
ogni anno, a gennaio, in occasione del jamboree dei ricchi a
Davos, sulle Alpi svizzere, con la partecipazione dei grandi personaggi della
politica mondiale, disposti tutti a fare la passerella. Le associazioni
umanitarie e le rinomate banche svizzere di appoggio, rifanno i conti in
quell’occasione e descrivono quanto gli ipericchi abbiano guadagnato in
miliardi di dollari, ciascuno e collettivamente (nel loro collettivo di
ipericchi) e come superino per reddito e ricchezze, guadagni ed entrate tot
miliardi di famiglie umane. I capi di Stato in passerella gradiscono gli
applausi e la possibilità di discutere quasi da pari a pari
con i veri signori della terra e del dollaro. Quella di Dentico è la critica
più ficcante pubblicata in Italia su quest’aspetto del mondo d’oggi: la
sudditanza della Politica e del Sistema Pubblico, invitati a Davos dagli
straricchi del globo. Tra le cose che Dentico annota una le appare
insopportabile: “… Sì, perché mentre ai miliardari tradizionali basta comprarsi
un’isola per essere felici, Bill Gates ha puntato a comprarsi un’intera agenzia
dell’Onu. La cosa gli sta riuscendo, ma la cosa ancora più grave è che la
comunità internazionale glielo permette”. (pp.155-6)
Dentico
conosce bene l’Oms e non sopporta di vederla trasformata e indebolita. Crede
nel ruolo di baluardo mondiale contro le malattie e le povertà che
l’istituzione potrebbe e dovrebbe svolgere e il fatto che per tre volte in
dieci anni Gates sia chiamato a svolgere il discorso inaugurale a Ginevra,
all’Assemblea dell’Oms, le appare come un segno di debolezza istituzionale. E’
una sorta di cedimento alle scelte – impopolari, per gran parte dei suoi
addetti e ricercatori e per molti dei paesi rappresentati – che l’Oms è costretta
ad assumere per il peso dei finanziamenti dei coniugi Gates e del consenso che
essi sono riusciti a guadagnarsi. “ I Gates cominciano a interessarsi di
malaria … Al forum della Fondazione (dei Gates) nel 2007, Melinda Gates lascia
di stucco la comunità scientifica impegnata sulla malaria, sfidando la
strategia del controllo e lanciando l’impegno a debellare la malattia. A
dispetto dello scetticismo di numerosi ricercatori …. i Gates cominciano a
iniettare verso questo obiettivo talmente tanti soldi – un miliardo di dollari
in progetti per la ricerca entro il 2007 – da silenziare la comunità
scientifica, con poche eccezioni. Senza consultarsi con i suoi esperti la
direttrice dell’Oms Margaret Chan aderisce immediatamente alla strategia dei
Gates,…” (pag. 159)
La
demolizione del progetto pubblico, della scelta da farsi tra pubblico o
privato: chi decide, cosa si fa prima e cosa dopo, chi fa cosa, dove si
fa, come si fa. Questa in precedenza era una scelta pubblica e comune, pur
considerato il peso diverso dei vari Stati presenti nell’Oms: ora si tratta di
scegliere tra una linea affidata alle persone indicate, in sostanza, da Bill e
Belinda Gates o una linea della solita burocrazia, tanto criticata o malvista
in più di una capitale importante. Il capitale fresco dei Gates e dei
miliardari che essi sono riusciti a coinvolgere diventa un aiuto, una spinta
troppo forte per farne a meno. Così di accettazione in accettazione, di
cedimento in cedimento la struttura pubblica (l’Oms come caso
tipico) diventa un soggetto pubblico-privato nel quale l’azionista Gates,
attraverso sue società e imprese collegate, finisce per avere potere di veto e
di nomina. Quando si è d’accordo con lui e la moglie, il percorso è assai meno
accidentato; tutto scivola meglio… Sì, ma quale percorso? Il caso che si è
ripetuto negli ultimi lustri riguarda soprattutto i vaccini, un tema all’ordine
del giorno nell’attuale pandemia. C’è uno schizzo di fango contro i Gates che
propugnano Il decennio dei vaccini. Essi avrebbero organizzato
un micidiale attacco di virus in Brasile, con milioni di morti, per convincere
il mondo alla necessità di una vaccinazione universale. Come spesso avviene per
le false informazioni, anche questa sciocchezza ha preso piede; possiamo
immaginare quanto questa calunnia abbia infastidito Dentico che pur favorevole
ai vaccini, non smette di ragionare; è convinta che affidare tutto ai vaccini,
trascurando il resto, sia una cattiva politica sanitaria, soprattutto là
dove l’acqua è sporca ed è rilevante la mortalità infantile per diarrea e
polmonite. Anche nelle ricche plaghe del nostro occidente, a fianco e prima dei
vaccini servono mascherine, distanziamento e lavaggio frequente delle mani.
Si è
saputo inoltre che il famoso competitore di Bill Gates come uomo più ricco dei
ricchi del mondo, Warren Buffett, ha fatto una donazione di decine di miliardi
di dollari alla Fondazione di Bill e Melinda Gates. Insomma, Buffett (l’oracolo
di Omaha), li ha capiti. In cambio, la Fondazione si è sdoppiata. Quella
principale, diretta dai due coniugi, agisce nei suoi quattro interessi
principali “sviluppo globale, salute globale, politica e advocacy globale,
programma negli Stati Uniti”. L’altra si occupa, sotto la direzione di Buffett,
d’investimenti finanziari. Secondo il principio ispiratore dei Gates, il più
capace va messo al comando. Non è difficile intendere che ciascuna delle due
Fondazioni è il puntello dell’altra; e si moltiplica così il potere dei due e
dell’altro, senza contrasti di sorta. Tutte le donazioni dei potenti della
Borsa universale pioveranno sulle iniziative sanitarie supportate dai Gates.
D’altra parte, chi arrischierà i suoi dollari in un’attività sanitaria su cui i
Gates gettano il loro potente discredito?
3.
La fine
della storia dei Gates – una fine possibile – è stata descritta da James G.
Ballard nel 1962. Ma cosa mai poteva sapere Ballard di Bill Gates che era
allora un ragazzo di belle speranze e poco più? Quando Microsoft non esisteva
ancora, mentre gli elaboratori allora in uso erano lunghi
metri e metri e larghi in proporzione? Chi mostra tali perplessità non tiene
conto delle capacità predittive della fantascienza. In un breve racconto “Il
giardino del tempo”, Ballard ci informa della storia di un certo conte Axel e
della sua bellissima moglie. Essi vivono, forse isolati, in una sorta di
perfetta Villa Palladiana, circondata da un giardino fatato e
separato dal resto del mondo che nella prima descrizione, non esiste quasi:
potrebbe essere una piana senza alcuna caratteristica di rilievo, una terra
desolata. Ben diverso il giardino di Axel. Le piante, i fiori, le luci, il
panorama, il cielo, il sole che illumina al crepuscolo il giardino del
tempo: tutto è fatato, di bellezza sublime. Entrambi i coniugi però
capiscono – sanno – che la fine è vicina. L’incantesimo continua, con l’uso di
uno dei fiori luminosi nel giardino. Ormai ne sono rimasti ben pochi. La fine
si avvicina. I boccioli faranno a tempo a crescere, si allungheranno un po’ i
tempi, oppure si dovranno usare, per rallentare la fine, soltanto i pochi fiori
già maturi? Il conte Axel si chiede questo, mentre, forse ignara, la moglie
suona musiche meravigliose di Mozart e Bach. Lontano, sempre meno lontano, c’è
un popolo che si avvicina, attraversa la terra desolata, supera le alture, e
aumenta di continuo, trascinando le sue miserie; ormai è a ridosso della villa
di Axel. Le luci dei fiori fatati che prima avevano la capacità di fermare per
una notte il movimento della carovana, sono oramai alla fine. Il conte Axel
accende l’ultimo fiore di cristallo che brucia in un attimo;
per un attimo la folla si arresta, ma ormai ha imparato, questa volta non si
ritira; poi, subito si avventa alla muraglia protettiva, distrugge la Villa
Palladiana, brucia anche la spinetta dal meraviglioso suono; qualcuno se ne
servirà per scaldarsi. Migliaia di persone scavalcano le rovine. Tutto è
distrutto; rimangono soltanto i due coniugi, il conte Axel e la moglie,
abbracciati in modo inseparabile, divenuti statue di pietra, in un boschetto di
rovi.
4.
Bill Gates, Clima. Come evitare un disastro: Le soluzioni di
oggi, le sfide di domani, La nave di Teseo, 2021 pp. 396
Nicoletta Dentico, Ricchi e buoni? Le trame oscure del
filantrocapitalismo, Emi 2021 pp.287
James G. Ballard,Il giardino del tempo, Mercury Press Inc. 1962. Ora
alle pp. 83-91 in Incubo a quattro dimensioni, Oscar Fantascienza
Mondadori, 1978
Nessun commento:
Posta un commento