Era il 5 Agosto 2011 quando l’allora Governatore della Banca d’Italia Mario
Draghi, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet,
scrisse la famigerata lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi in cui
indicava come necessarie e ineludibili “privatizzazioni su larga scala” in
particolare della “fornitura di servizi pubblici locali”.
Uno schiaffo ai 26 milioni di italiani/e che poco più
di un mese prima avevano votato ai referendum indicando una strada
diametralmente opposta, ossia lo stop alle privatizzazioni e alla
mercificazione dell’acqua.
Oggi Draghi, da Premier con pieni poteri, ripropone in maniera esplicita e
chiara quella stessa ricetta mediante il Ddl Concorrenza approvato dal
Consiglio dei Ministri giovedì scorso.
La logica che muove l’intero disegno di legge, oltremodo evidenziata
nell’art.6, è quella di chiudere il cerchio sul definitivo affidamento al
mercato dei servizi pubblici essenziali.
Un provvedimento ispirato da un’evidente ideologia neoliberista in cui la
supremazia del mercato diviene dogma inconfutabile nonostante la realtà dei
fatti dimostri il fallimento della gestione privatistica, soprattutto nel
servizio idrico: aumento delle tariffe, investimenti insufficienti, aumento
delle perdite delle reti, aumento dei consumi e dei prelievi, carenza di
depurazione, diminuzione dell’occupazione, diminuzione della qualità del
servizio, mancanza di democrazia.
Questa norma, di fatto, punta a rendere residuale la forma di gestione del
cosiddetto “in house providing”, ossia l’autoproduzione del servizio
compresa la vera e propria gestione pubblica, per cui gli Enti Locali che
opteranno per tale scelta dovranno “giustificare” (letteralmente) il mancato
ricorso al mercato.
Nel Ddl emerge chiaramente la scelta della privatizzazione. Gli Enti Locali
che intendano discostarsi da quell’indirizzo dovranno dimostrare
anticipatamente e successivamente periodicamente il perché di altra scelta,
sottoponendola al giudizio dell’Antitrust, oltre a prevedere sistemi di
monitoraggio dei costi”.
Mentre i privati avranno solo l’onere di produrre una relazione sulla
qualità del servizio e sugli investimenti effettuati. Inoltre, si prevedono
incentivi per favorire le aggregazioni indicando così chiaramente che il
modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa
che diventeranno i soggetti monopolisti (alla faccia della concorrenza!)
praticamente a tempo indefinito.
Tutto ciò in perfetta continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza. Ed è proprio dal combinato disposto tra Pnrr, Ddl sulla
concorrenza e decreto semplificazioni (poteri sostitutivi dello Stato) che il
Governo intende mettere una pietra tombale sull’esito referendario provando
così a chiudere una partita che Draghi ha iniziato a giocare ben 10 anni fa
dimostrando, oggi come allora, di fare solo gli interessi delle grandi lobby
finanziarie e svilendo strumenti di democrazia diretta garantiti dalla
Costituzione.
L’art. 6 è un proditorio attacco alla sovranità comunale: i comuni da
presidii di democrazia di prossimità ridotti a meri esecutori della spoliazione
della ricchezza sociale.
È il punto di demarcazione tra due diverse culture, quella che considera un
dovere il rispetto e la garanzia dei diritti fondamentali e quella che
trasforma ogni cosa, anche le persone, in strumenti economici e merci.
Noi continueremo a batterci per la difesa dell’acqua, dei beni comuni e dei diritti ad
essi associati e della volontà popolare. A questo scopo, nelle prossime
settimane, a partire dalla manifestazione nazionale in programma il 20 novembre
a Napoli in cui chiederemo con forza anche lo stop alla privatizzazione delle
partecipate della città partenopea (tra le quali l’azienda pubblica “Acqua Bene
Comune”) paventate in questi giorni, metteremo in campo una rinnovata
attivazione per ottenere il ritiro di questo provvedimento al pari del Ddl
Concorrenza e dei famigerati intendimenti in esso contenuti.
Facciamo appello alla mobilitazione generale, rivolgendoci alle tante
realtà e organizzazioni sociali che in questi anni hanno saputo coltivare e
arricchire un dibattito e una mobilitazione sui servizi pubblici locali e sui
beni comuni per ribadire insieme che essi sono un valore fondante delle
comunità e della società senza i quali ogni legame sociale diviene contratto
privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale.
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