mercoledì 10 novembre 2021

La tubercolosi è una vera “dittatura sanitaria”. Ma non ci interessa - Duccio Facchini

 

Una vera dittatura sanitaria è in atto ma non ci interessa: è quella della tubercolosi (TB). Il 14 ottobre di quest’anno l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato il report globale annuale sull’evoluzione epidemiologica dell’infezione e tracciato un quadro sulle risposte fornite da 197 Paesi. “Per la prima volta in oltre 10 anni –ha denunciato Medici Senza Frontiere, nel silenzio generale– il numero di decessi da TB è aumentato da 1,4 milioni del 2019 a 1,5 milioni avvenuti nel 2020, soprattutto a causa dell’impatto devastante della pandemia di Covid-19 che ha limitato la somministrazione di cure per la TB, ivi inclusi i servizi diagnostici”.

I nuovi casi di TB diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza nazionale dei diversi Paesi sono scesi infatti da 7,1 milioni nel 2019 a 5,8 milioni nel 2020. “Questa allarmante riduzione nell’individuazione e segnalazione dei nuovi casi riflette un’interruzione sia per quanto riguarda le forniture mediche sia la richiesta di servizi diagnostici”, osserva MSF. Chi ha in mano il pallino dei servizi diagnostici è l’azienda statunitense Cepheid, fornitrice del test GeneXpert, che in 10 anni ha beneficiato di qualcosa come oltre 250 milioni di dollari di investimenti pubblici per sviluppare e lanciare la tecnologia.

Il ritorno per la collettività è stato naturalmente minimo: i test diagnostici costano tantissimo, specie per i Paesi a basso reddito, e la multinazionale si è addirittura “rifiutata di fornire informazioni trasparenti su costi di produzione e margini di profitto per i test diagnostici utilizzati, tra le altre infezioni, anche per TB e Covid-19”. Non solo: Cepheid ha da poco bloccato la commercializzazione della nuova tecnologia GeneXpert -“un sistema portatile ben strutturato chiamato Omni che si ricarica a batteria”, come ricorda MSF-, messa a punto per supplire alle carenze del test già esistente. Lo ha fatto senza dare una spiegazione o predisporre contromisure per attutire il colpo.

Stijn Deborggraeve, consulente per la diagnostica della campagna per l’accesso ai farmaci di MSF, ha speso parole nette: “È inaccettabile che molte delle persone colpite da questa malattia non abbiano accesso a test diagnostici di cui hanno urgentemente bisogno solo perché aziende come Cepheid antepongono gli interessi economici alle vite umane”. Un modo di comportarsi “semplicemente scandaloso” che rappresenta “l’esempio emblematico dell’azienda farmaceutica che pone il profitto e l’interesse dei propri azionisti al di sopra delle vite delle persone”. In gioco è anche l’accesso alle cure per i minori affetti da tubercolosi resistente ai farmaci. MSF chiede da tempo che nei Paesi con un alto tasso di TB sia garantito l’accesso alle “formulazioni pediatriche della bedaquilina (prodotta da Johnson&Johnson, ndr) e del delamanid (prodotto da Otsuka e dal suo partner Viatris, ndr)”.

Sono “regimi” per via orale che semplificherebbero il trattamento nei minori, “eliminando l’utilizzo di farmaci a somministrazione parenterale che possono causare sordità, e rendendo il regime terapeutico più breve, meno nocivo e più efficace”. Anche qui Big Pharma detta legge. “Il prezzo elevato del delamanid, pari a 1.700 dollari per ogni ciclo di trattamento, ha limitato in modo significativo l’accesso al farmaco in molti Paesi -ha spiegato Mabel Morales, coordinatrice medica di MSF in India-. A Nuova Delhi i negoziati con Otsuka e Viatris non hanno condotto a risultati e i produttori si sono rifiutati di abbassare il prezzo di 942 dollari, a cui attualmente Viatris vende il farmaco in Sudafrica. Anche il prezzo delle formulazioni pediatriche di bedaquilina rimane troppo elevato”. Altro che gratuità delle cure che dalle nostre parti qualche “schiavo che si rimira con gli occhi del padrone” -per citare Eduardo Galeano, a 50 anni dalla prima edizione de “Le vene aperte dell’America Latina”- si permette il lusso di disprezzare. MSF propone di “abbattere lo status quo”: le case farmaceutiche Johnson&Johnson e Otsuka devono “permettere il rifornimento di farmaci generici e abbassare i prezzi”. Perché questa sì che è una “dittatura”.

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