La vittoria del popolo Sapara contro i progetti di esplorazione e
sfruttamento del petrolio nell'Amazzonia ecuadoriana è un esempio di come la
lotta per la difesa del clima passi per la difesa dei territori.
Alla vigilia della COP26 di Glasgow, dove si terrà l'ennesima fiera
dell'ipocrisia su una transizione energetica che non esiste, sono i popoli
originari, e non gli Stati, a mostrarci la via per la decarbonizzazione:
lasciare il petrolio nel sottosuolo, proteggere la foresta originaria
affidandola a chi la abita da millenni.
Riceviamo dall'autrice, e siamo felici di pubblicare, la versione italiana
dell'articolo apparso su Servindi,
che ripercorre la lotta dei Sapara contro l'espropriazione e devastazione della
loro terra.
Puyo, Ecuador - Nella notte del 18 ottobre, la Corte di Giustizia
della Regione Amazzonica di Pastaza ha emesso una sentenza che, per la gravità
della violazione dei diritti dei popoli indigeni in oggetto, in molti
definiscono come “storica”.
Dopo due giorni di udienze, la giudice Laura Cabrera ha accettato l’azione
legale presentata dalla Nazione Sapara dell'Ecuador (NASE) e dal Difensore
Civico contro il Ministero dell'Agricoltura e dell'Allevamento (MAG), per aver
violato i diritti collettivi di questo popolo indigeno dell'Amazzonia
ecuadoriana.
“Sapevamo che avremmo vinto, non è stato facile e la nostra lotta non si
fermerà. Continueremo a resistere per la difesa del nostro territorio e della
nostra cultura”, sono le parole di Nema Grefa, presidente della Nase,
organizzazione che rappresenta le 23 comunità del territorio.
Il territorio conteso
Storicamente i Sapara si muovevano in una vasta regione dell'Amazzonia, tra
i fiumi Pastaza e Napo, dalle pendici delle Ande al fiume Marañón del Perù.
Dichiarato dall'Unesco “Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità” oggi
questo popolo, così come il suo territorio di vita, si incontra notevolmente
ridotto.
Come ricorda Nema Grefa, "Nonostante tutte le pressioni e le
interferenze, oggi viviamo, conserviamo e proteggiamo un territorio di oltre
370mila ettari nel cuore dell'Amazzonia ecuadoriana, libero da qualsiasi
attività estrattiva".
Con la storica “Marcia per la Vita e per la Terra” del 1992, le nazionalità
indigene amazzoniche della regione Pastaza ottennero dal Presidente Borja il
riconoscimento dei loro territori ancestrali e 251.503 ettari furono assegnati
al popolo Sapara.
Nel corso degli anni, al variare del nome dell'organizzazione
rappresentativa della nazionalità, le istituzioni governative rettificavano il
nome del titolare della proprietà.
Nel 2020 quel possedimento finisce nelle mani sbagliate. Senza consultare
né avvertire la Nase, il Sottosegretariato per le “Terre Rurali e Territori
Ancestrali”, ente del MAG, accoglie la richiesta fatta dall'Associazione “Naruka" e le assegna,
mediante una semplice risoluzione , il 70% del territorio dei Sapara.
Sottrarre il territorio a un popolo "a rischio di estinzione"
significa etnocidio.
“Vivo nel territorio, vivo con la giungla. Non avremmo mai potuto
immaginare che un giorno avrebbero potuto privarci del nostro territorio. I
nostri ancestri camminavano in quelle foreste. Sembra che ci abbiano tolto metà
del nostro cuore”, sono le dure parole di Maria Ushigua, leader di
Sapara.
L’ XI Round Petrolifero
Secondo Nema Grefa, gli interessi dell'Associazione Naruka sono molto
chiari.
"Vogliono permettere l’ingresso delle imprese petrolifere nella
nostra foresta”.
Nel novembre 2011, l’XI Round Petrolifero apriva le licenze per lo
sfruttamento del greggio in 21 lotti petroliferi nella regione amazzonica
ecuadoriana. Inglobava 3,6 milioni di ettari nelle regioni Pastaza, Morona
Santiago, Napo e Orellana e includeva i territori di sette delle undici
nazionalità indigene dell’Amazzonia Ecuatoriana (Sapara, Shiwiar, Achuar,
Shuar, Andoa, Kichwa e Waorani).
L'intero territorio Sapara è compreso in 7 di questi lotti.
Le imprese non avevano risposto con entusiasmo al Round XI. Tuttavia, nel
2016, il governo di Rafael Correa riusciva a firmare due contratti con il
consorzio cinese Andes Petroleum per l'esplorazione e lo sfruttamento dei Lotti
79 e 83. Ubicati nel cuore del territorio di Sapara, si sovrappongo
perfettamente alla porzione di territorio spogliata dal MAG e consegnata
all'Associazione Naruka.
Naruka e gli interessi petroliferi
L'attuale presidente dell'Associazione Naruka è stato vicepresidente della
Nase durante gli anni più difficili che il popolo Sapara abbia conosciuto.
Nel 2012 quel consiglio direttivo dava il via libera allo sfruttamento
petrolifero del territorio.
“Queste sono le stesse persone che hanno permesso l'ingresso alle istituzioni
preposte alla Consultazione Previa del Round XI, nonostante la decisione
delle comunità che hanno sempre rifiutato e sempre rifiuteranno lo sfruttamento
petrolifero nel nostro territorio”, ricorda Gloria Ushigua, leader di
Sapara e difensora del diritti collettivi del suo popolo.
Più che un processo di consultazione, si è trattato di un “mero e
inadeguato processo di socializzazione”, non rispettoso degli standard
costituzionali e internazionali del diritto al consenso previo, libero e informato
dei popoli indigeni.
Nello stesso anno, quella direttiva firmò quattro milionari "Accordi
di Investimento Sociale" con il Ministero degli Idrocarburi, nella totale
inconsapevolezza delle loro comunità di base e ancora una volta senza il loro
consenso.
Un crudo bottino
Con l’insediamento del nuovo presidente della Repubblica dell'Ecuador
Guillermo Lasso, si conferma ancora una volta la matrice produttiva
dell'Ecuador basata sull' estrattivismo. Con i decreti esecutivi 95 e 151
(rispettivamente del luglio e agosto passati), il temuto ampliamento della
frontiera estrattiva si materializza ancora una volta con l'attuazione di piani
d'azione nelle politiche del settore petrolifero e minerario in Ecuador.
In agosto Lasso adottava la proposta della “Coalizione Petrolifera
Energetica” di raddoppiare la produzione di petrolio in cinque anni.
Nel suo "Portafoglio di progetti per raggiungere l'obiettivo di 1
milione di barili al giorno" la Coalizione dettaglia i nuovi progetti
petroliferi o quelli da ottimizzare nei prossimi cinque anni per raggiungere il
catastrofico obiettivo.
Secondo Alexandra Almeida dell'organizzazione Acción Ecológica, “La
pressione sul territorio di Sapara sarà molto forte. A maggior ragione quando
lo Stato già cede il territorio a un'associazione pro-petrolio”. E prosegue
nella sua analisi: “Se consideriamo l'obiettivo che il presidente Lasso si è
prefissato di raddoppiare la produzione di petrolio, è ovvio che stia guardando
anche al territorio di Sapara. Il territorio è minacciato dagli anni '90 e la
popolazione ha mostrato una resistenza totale”.
Forza maggiore o resistenza Sapara
Nel marzo 2018 la compagnia Andes Petroleum, adducendo "la radicale
opposizione delle comunità insediate nei Blocchi 79 e 83 a qualsiasi tipo di
attività idrocarburica" richiedeva la causa di “forza maggiore” per il
mancato rispetto delle clausole previste nei contratti. “Analizzando la
richiesta di Forza Maggiore, si capisce che Nema Grefa, il suo consiglio
direttivo e le comunità di base sono il problema, l'ostacolo allo sfruttamento
petrolifero. Lo Stato, infatti, non voleva neppure concedere la nomina legale
all'attuale consiglio di amministrazione della Nase fino a quando non è stata
vinta una causa nel 2018 ” afferma Alexandra Almeida.
Azione legale
Il 31 agosto, la Nase e il Difensore Civico hanno presentato l’ Azione di
Protezione1 contro il MAG
per la violazione del diritto alla consultazione e al consenso, dei diritti
collettivi territoriali e del diritto all'integrità culturale del popolo
Sapara.
Durante tutto il procedimento giudiziario, gli altri popoli amazzonici
hanno espresso solidarietà alla nazione Sapara, accompagnando le varie
mobilitazioni e azioni che hanno avuto luogo non solo nella regione di Pastaza,
ma anche nella capitale Quito e Guayaquil.
Durante i festeggiamenti per la vittoria del caso, Gloria Ushigua guarda
una mappa che è una trama di linee che rappresentano blocchi petroliferi,
territori indigeni e confini. “Il sogno antico sarebbe un territorio unico,
senza confini, di tutti i popoli amazzonici. Abbiamo camminato ovunque. Solo si
dovevano rispettare alcuni confini secondo i cicli stagionali. Ma ora noi
indigeni conosciamo il denaro. E queste linee rappresentano molti soldi. I
popoli senza frontiere sarebbero più forti. L'Amazzonia è una, e noi siamo i
suoi abitanti e custodi”.
* Maggiori informazioni su: www.resistenciasapara.org
NOTE:
1) Procedimento giuridico il cui obiettivo è la tutela diretta ed effettiva
di tutti i diritti riconosciuti nella Costituzione e negli trattati
internazionali sui diritti umani.
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