Per fare una prima valutazione del cosidetto accordo “Glasgow Climate Pact” occorre leggere attentamente il testo finale concordato dopo un lungo tira e molla della diplomazia internazionale. Nel documento emergono con chiarezza i limiti e le carenze dell’intero incontro internazionale nonostante la drammatica fase attuale della crisi climatica.
La parte iniziale può apparire molto formale piuttosto priva di contenuto,
ma ad un lettore smaliziato si richiama ad aspetti non secondari dell’intera
iniziativa, che malgrado tutto è il maggiore sforzo a livello internazionale
fatto dalla quasi totalità degli Stati del pianeta. Infatti si può notare che
il testo parla subito di “sostenibilità”, cioè di tentativi di
affrontare i meccanismi di danno ambientale senza però modificare il sistema
economico dominante che pure ne è la causa.
Poi si cerca più volte di stabilire un qualche collegamento con la povertà
che caratterizza tante parti del mondo e con il riconoscimento dei diritti
umani essenziali, compreso il diritto allo sviluppo e dell’eguaglianza tra i
generi e tra le generazioni.
Si cita perfino il concetto di Madre Terra che ispira tante popolazioni e
quello di giustizia climatica perseguito dai movimenti di base. Infine accenna alla
necessità di accelerare gli impegni da raggiungere nel 2030, senza però
sottolineare che gli obiettivi indicati nell’Accordo del 2015 sono stati nei
primi sette anni piuttosto trascurati.
Veniamo ora al primo comparto preso in esame, quello della scienza e
dell’urgenza di intervenire. Nei primi due punti viene sottolineata
l”importanza della ricerca scientifica e vengono indicati i contributi dei
diversi gruppi di scienziati e i rapporti gia perventuti o previsti per l’anno
2022.
Nel terzo punto si esprime “allarme e forte preoccupazione” per
le attività umane che hanno già causato un aumento della temperatura media
globale di 1,1 gradi centigradi, però non si sottolinea che questo livello è
già molto vicino a quel 1,5 C che viene indicato come la soglia massima
da non superare nei più recenti rapporti dello stesso IPCC.
Infine, nell’ultimo punto, si sottolinea l’urgenza di potenziare ed
intensificare le azioni e gli interventi di mitigazione dei danni ambientali in
questo decennio considerato fortemente critico.
Nel comparto “Adeguamento” il testo entra nel merito, esprimendo
preoccupazione per i dati contenuti nel Sesto Rapporto degli scienziati, che
sottolineano come il clima e gli eventi estremi meteorologici continuano ad
aumentare ad ogni incremento della temperatura.
Viene quindi sottolineata l’urgenza di aumentare le azioni e le misure di
sostegno, in particolare i finanziamenti, le capacità di intervento, il
trasferimento di tecnologie, le misure di adattamento, il grado di resilienza e
di ridurre invece la vulnerabilità di fronte ai cambiamenti climatici, tenendo
particolarmente in conto le priorità e le esigenze dei paesi in via di
sviluppo. Poi si accolgono con favore i piani nazionali di adeguamente finora
presentati ma si spingono tutti i paesi ad integrare le misure di adeguamento
in tutti i livelli di pianificazione interni ad ogni paese. Infine, riferendosi
in particolare alle prossime scadenza di presentazione dei rapporti degli
scienziati, si chiede alla scienza di approfondire tutti i problemi del
cambiamento climatico a livello globale, regionale e locale.
Il comparto successivo approfondisce gli aspetti finanziari delle misure di
adeguamento. In primo luogo denuncia l’inadeguatezza degli interventi
finanziari destinati ai paesi in via di sviluppo, esercita una pressione sui
paesi sviluppati perchè aumentino in misura significativa e con urgenza i loro
contributi finanziari, in particolare nei settori prima indicati,
affinchè diventino parte di uno sforzo globale di adeguamento, in modo da
rispondere alle esigenze dei “paesi in via di sviluppo”, ivi compresa la
elaborazione e la attuazione di piani nazionali di adeguamento.
Il testo poi accoglie con favore i recenti impegni assunti in questo campo
da molti paesi sviluppati in risposta ai crescenti fabbisogni dei paesi Parti
in via di sviluppo.
Il comparto successivo, che fornisce il resto dei pochissimi dati citati
dal documento, tratta le misure di mitigazione dei meccanismi di danno
ambientale.
Riconferma l’obiettivo globale a lungo termine di rimanere al di sotto dei
2 gradi centigradi di temperatura media complessiva per il pianeta e di
continuare negli sforzi di limitare questo aumento al di sotto del grado e
mezzo. Riconosce anche che per limitare il riscaldamento globale sotto 1,5
gradi richiede una rapida, profonda e continuativa riduzione delle emissioni
globali di gas serra, ivi compresa una riduzione delle emissioni globali di
diossido di carbonio del 45% entro il 2030 rispetto al livello dell’ anno 2010,
e di arrivare ad emissioni zero nette intorno alla metà del secolo, altre ad
altre drastiche riduzioni di tutti gli altri gas serra.
Il documento quindi insiste nel confermare le scadenze da tempo
indicate senza tenere in alcun conto i ritardi accumulati e le accelerazioni
riscontratesi in molti gas, in particolare per il metano.
Viene solo ribadito che il prossimo decennio è cruciale e punta
quindi a mettere sotto pressione gli Stati industriali maggiori inquinatori e
infatti nelle righe successive invita tutti gli Stati a ulteriori azioni per
ridurre entro il 2030 le altre emeissioni di gas serra, ivi incluso il metano,
senza peraltro sottolineare la sua maggiore pericolosità rispetto all’anidride
carbonica.
I due ultimi capoversi costituiscono una interessante sintesi delle
misure auspicate dalla COP per ridurre i danni al pianeta: accelerare
lo sviluppo, il dispiegamento e la diffusione di tecnologie, politiche di
transizione verso sistemi energetici a basse emissioni, ivi inclusi
l’accelerazione degli sforzi verso la graduale riduzione dell’energia da
carbone e l’eliminazione graduale dei sussidi inefficienti ai combustibili
fossili.
Queste due ultime frasi richiedono un commento specifico: per il
carbone si parla solo di una “graduale riduzione”, escludendo quindi ogni
misura radicale di eliminazione, e per gli altri combustibili fossili non solo
non si prevede alcuna riduzione, ma si parla solo di ridurre gradualmente
una parte dei sussidi ad essi erogati, e cioè solo quelli “inefficienti”.
Per i paesi più poveri e vulnerabili si parla in termini generici di
destinare un “sostegno” verso una transizione giusta. Infine, viene
sottolineata l’importanza di proteggere, conservare e ripristinare la natura e
gli ecosistemi, ivi inclusi le foreste e altri sistemi terrestri e marini, in
quanto rappresentano giacimenti e serbatoi di gas utili per l’atmosfera e
permettono di tutelare la biodiversità.
Il comparto successivo parla nuovamente di finanza, di trasferimento di
tecnologie e di creazione di capacità sia per la mitigazione che per
l’adeguamento. In primo luogo esercita delle pressioni sui paesi sviluppati – e
altre Parti che non sono degli Stati – perchè continuino e
aumentino i loro sforzi e i loro trasferimenti ai paesi in via di
sviluppo.
Per essi, inoltre, si esprime una preoccupazione per le crescenti esigenze
di questo gruppo di Stati, dovuto in particolare al crescente impatto dei cambiamenti
climatici e e all’aumento dell’indebitamento causato dal 2019 dalla pandemia di
coronavirus.
Il documento poi evidenzia la necessità di aumentare in misura
significativa il fondo di 100 miliardi di dollari annui per questi paesi,
finora livello mai raggiunto, ma poi sottolinea che dei paesi sviluppati hanno
di recente rinnovato il loro impegno in questa direzione.
Infine viene esercitata una forte spinta affinchè si raggiunga questo scopo
in tutti gli anni fino al 2025, accompagnata da una piena trasparenza degli
impegni presi e ripsttati.
Il documento passa poi a chiedere in modo pressante a tutte le banche di
sviluppo e a entità che svolgono funzioni simili nel quadro del Meccanismo
Finanziario perchè aumentino senza sosta i loro investimenti relativi al clima
in qualunque forma finanziaria.
E la necessità di questo impegno viene molto sottolineata per i
paesi particolarmente vulnerabili, includendo anche i diritti speciali di
prelievo.
Viene poi sottolineato che molti paesi in via di sviluppo possono trovare
difficoltà ad accedere alle fonti di finanziamento e si chiede agli organismi
che operano nel Meccanismo Finanziario di fare ulteriori sforzi per agevolare
tali paesi.
Per quanto riguarda poi la creazione di capacità, si riconoscono i miglioramenti
verificatisi in questo tipo di assistenza, ma si raccomanda che tutti questi
interventi siano ulteriormente realizzati nei paesi in via di sviluppo, specie
per catalizzare le azioni in campo climatico.
Viene poi vista con piacere la collaborazione che si è stabilita tra il
Comitato Esecutivo per la Tecnologia e il Centro e la Rete per la Tecnologia
Climatica nel 2020 e nel 2021 e ci si augura che tale collaborazione venga
intensificata nel futuro. Sempre riguardo al Meccanismo per la
Tecnologia, si sottolinea infine l’importanza di potenziare lo sviluppo e
il trasferimento di tecnologie per tutte le azioni di mitigazione e di
adeguamento, per le quali si dovrà disporre di mezzi finanziari adeguati.
Nel sesto comparto, dedicato alle Perdite e ai Danni, si parla a
lungo di un possibile campo di azione per l’IPCC e le COP, se ne è discusso
anche nell’ultima COP26 senza però arrivare a delle decisioni finali.
Quindi è ancora un tipo di intervento potenziale e sicuramente se ne
continuerà a parlare nella prossima COP27. Nel merito, si riconosce che i
cambiamenti climatici hanno già causato e continueranno a causare in misura
ancora maggiore, molti danni e perdite di ogni tipo, in particolare quando si verificano
eventi estremi. Sono quindi molto numerose le entità che sono responsabili per
la prevenzione di questi effetti e per ridimensionare le loro conseguenze.
In questo campo, quindi, è necessario realizzare azioni di sostegno,
mobilitando gli Stati, le entità operative del Meccanismo Finanziario, gil
organismi delle Nazioni Unite, organizzazioni intergovernative e altre
istituzioni multilaterali, ivi comprese le organizzazioni non governative
e le fonti private.
Analoga azione deve essere svolta nel campo della costruzione di
capacità operative a tutti i livelli e in quello del trasferimento di
tecnologie. Negli ultimi paragrafi si forniscono prime indicazioni per
l’inserimento del nuovo settore nelle normali attività dell’IPCC e degli Stati.
Il settimo comparto (paragrafi 46-52) sottolinea l’urgenza di completare
gli adempimenti relativi ad impegni già assunti dagli Stati, e si forniscono
alcuni suggerimenti organizzativi e di metodo per completare tutti gli impegni
già assunti.
Infine, nell’ultimo comparto sono indicate tutte le forme di collaborazione
avviate finora tra gli Stati parti e un gran numero di altre istituzioni, nel
quadro dell’Accordo di Parigi del 2015.
E’ una lista piuttosto formale, cioè che non fornisce elementi di contenuto
o informativi; ci limitiamo quindi a segnalare il paragrafo 63, che esprime
apprezzamenti per i risultati di due grandi eventi organizzati dai giovani a
Glasgow nell’ottobre 2021 e a Milano, Italia, nell’ottobre 2021, considerandoli
quindi delle forme di “collaborazione” e non di contestazione.
Analogo trattamento è riservato alle popolazioni indigene e alle
comunità locali che intraprendono attività sui temi del clima, (par. 66).
Infine le Parti vengono incoraggiate ad aumentare una piena, significativa e
ugualitaria partecipazione delle donne (par.68).
Alcune considerazioni generali relative al documento nel suo
complesso possono aiutare a formulare giudizi realistici:
§
Non sono citati dati sull’andamento dei principali meccanismi di danno
ambientale e sul peggioramento della crisi planetaria.
§
Non viene fornita alcuna cifra sui finanziamenti che sarebbero necessari
per contenere la crisi in atto.
§
Le scadenze previste ormai oltre sei anni fa non vengono in alcun modo
rimodulate.
§
Non viene fatto alcun accenno alle iniziative di collaborazione tra Stati,
che hanno preceduto la conferenza o che sono state annunciate durante il suo
svolgimento
La società civile dovrà tenere altissima la pressione per far sì che questo
debole accordo possa esser presto ridiscusso e che si possa arrivare a
risoluzioni efficaci e vincolanti che producano al più presto un cambio di
paradigma dell’intero modello economico che regge questo sistema che ci sta
portando alla catastrofe.
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