Jorawar Singh, portavoce della comunità Sikh in Italia: “Siamo molto felici, ma non dimentichiamoci delle 700 persone morte per il bene delle future generazioni”.
A
cura di Beppe Facchini
Dopo
quasi un anno di proteste, il governo indiano ha deciso di fare un passo
indietro: le tre leggi di riforma del settore agricolo, lo stesso che impiega
oltre il 70% della popolazione nel Paese asiatico, verranno abrogate. Ad
annunciarlo in diretta tv è stato direttamente il primo ministro Narendra Modi.
"Inizieremo il processo costituzionale per abrogare tutte e tre le leggi
nella sessione parlamentare che inizia alla fine di questo mese", ha
affermato in un discorso alla nazione, aggiungendo: "Lancio un appello a
tutti gli agricoltori che stanno partecipando alle manifestazioni perché
tornino a casa, riunendosi con i loro cari, le fattorie e le famiglie".
La
protesta degli agricoltori indiani era cominciata nei mesi finali del 2020 e
aveva coinvolto anche le più grandi comunità Sikh oltre i propri confini
nazionali, compresa quella italiana che a Fanpage.it, tramite il portavoce
Jorawar Singh, aveva spiegato: “Questa riforma è arrivata senza il
coinvolgimento di sindacati e rappresentanti dei lavoratori agricoli e
permetterà alle grandi multinazionali di comprare i terreni dagli agricoltori,
i quali, se dovessero trovarsi in situazioni di debito, non lo saranno più nei
confronti dello Stato, ma verso delle multinazionali che ovviamente funzionano
in modo diverso”. Non solo. Con la riforma, aveva sottolineato ancora Singh,
“non è neanche più garantito il prezzo minimo statale che consente la
sopravvivenza degli agricoltori anche nei momenti bui”.
Lo
stesso rappresentante in Italia della comunità, residente a Piacenza, oggi
commenta: “Le parole del primo ministro, che si spera diventino fatti,
rappresentano una grande vittoria per tutti i contadini che si sono messi in
prima linea da 11 mesi a questa parte per lottare e fare una protesta pacifica,
in cui però hanno anche perso la vita oltre 700 persone, oggi rinominati come
martiri perché hanno combattuto per qualcosa di più grande di loro. Qualcosa
che andava oltre il proprio interesse personale, anche perché la maggior parte
di loro era gente avanti con l'età e ormai non faceva più il contadino, ma
ciononostante si è preoccupato del futuro delle prossime generazioni”.
Le
leggi in questione erano state approvate a settembre del 2020 e il governo le
aveva difese definendole necessarie per modernizzare il settore e spingere la
produzione tramite investimenti privati. Ma gli agricoltori hanno fin da subito
protestato duramente, sostenendo che invece le riforme avrebbero devastato i
loro guadagni, protestando a oltranza, nonostante la pandemia e i diversi
episodi che hanno rischiato di far degenerare la loro battaglia in gravi
violenze, riuscendo anche a intavolare delle trattative col governo. Peccato
che gli oltre quindici incontri con le delegazioni di agricoltori non abbiano
mai portato a nulla, almeno fino ai giorni scorsi. Le richieste non negoziabili
dei contadini, con milioni di persone per le strade delle principali città del
Paese, avevano portato ad inizio estate ad un intervento persino della Corte
Suprema indiana, intervenuta nella vicenda con uno stop momentaneo
all'applicazione delle riforme, cui ha fatto quindi seguito l'annuncio di Modi
in diretta tv. Un annuncio accolto con grande festa anche dagli esponenti
politici più vicini ai manifestanti, come Arvind Kejriwal, il governatore di
Delhi, che ha ad esempio accolto la novità come "una vittoria della
democrazia, non solo dei contadini". Dal canto suo, il primo ministro,
spiegando che la scelta della revoca delle leggi è arrivata perché il suo
governo “non è stato in grado di convincere i contadini”, ha inoltre annunciato
la creazione di un comitato che includerà rappresentanti del governo centrale,
di quelli di vari Stati, delle organizzazioni dei contadini, di agronomi ed
esperti economici per concordare le prossime decisioni e per rendere il prezzo
minimo garantito per i prodotti agricoli "una misura più efficace e trasparente".
“Siamo tutti molto felici – dice ancora
Jorawar Singh-. È una grande vittoria anche per le comunità indiane e Sikh
all'estero, che non hanno mai smesso di seguire la vicenda, nonostante le
condizioni di un periodo storico così difficile, che impediva a chiunque di
andare lì e unirsi ai manifestanti. Da parte mia, ciò che vorrei sottolineare è
proprio il fatto che questa protesta non è mai stata trascurata anche da chi
non è contadino, cercando per un anno di tenerne alta l'attenzione, anche
grazie ai social. È la dimostrazione che l'unione fa la forza”. Alcuni in
patria, però, nutrono ancora delle perplessità sulla questione, sostenendo che
la decisione di revocare le riforme sia legata alle imminenti elezioni negli
stati dell’Uttar Pradesh e del Punjab, dove gli agricoltori sono buona parte
del bacino di elettori e dove le organizzazioni agricole hanno grande potere e
influenza. Alcuni leader delle proteste, infatti, hanno fatto sapere che non
smetteranno di manifestare. E uno di loro, Rikesh Tikait, come riporta il The
Guardian, ha annunciato che comunque gli agricoltori non si sposteranno dai
loro accampamenti fino a quando le leggi non saranno state ritirate
definitivamente, dopo le discussioni in Parlamento.
Nessun commento:
Posta un commento