I progetti di conservazione delle foreste sono uno dei temi su cui Eni
gioca ormai da anni per rivendicare la sua presunta sostenibilità ambientale.
Durante l’assemblea degli azionisti del 2019, l’ultima a porte aperte,
l’amministratore delegato Claudio Descalzi rivendicò addirittura l’intenzione
dell’azienda di piantare alberi su una superficie di 8,1 milioni di ettari in
tutto il Pianeta, salvo poi correggere il tiro e parlando di “tutela” – ovvero,
niente alberi “nuovi”, ma protezione di quelli esistenti.
Di fatto smentendo il contenuto di un’intervista rilasciata al Financial
Times appena due mesi prima.
Il cane a sei zampe ha annunciato di aver siglato
accordi per progetti REDD+ in vari Paesi del Sud del mondo, soprattutto in
Africa: Zambia, Mozambico, Ghana, Repubblica Democratica del Congo, Angola,
Vietnam e Messico. L’unico attivo è il Luangwa Community Forests Project
(LCFP), in Zambia.
La credibilità degli schemi di compensazione risulta però compromessa dal
fatto che si basano su un assunto impossibile da verificare: si presumono
riduzioni di emissioni sulla scorta di ciò che sarebbe accaduto se tali
progetti non fossero stati realizzati.
Stime aleatorie, che si rivelano di importanza
fondamentale per tenere in vita ancora per decenni il modello dell’estrazione
dei combustibili fossili.
”Acquistando crediti sul mercato del carbonio o investendo direttamente in
presunti progetti di conservazione, aziende come Eni possono presentarsi come
protettrici della biodiversità, nonostante le loro attività estrattive
continuino a causare la distruzione degli ecosistemi su cui ricadono le loro
concessioni, come per esempio nel Delta del Niger o in Mozambico” ha dichiarato
Alessandro Runci di ReCommon.
Grazie a questa tipologia di progetti, l’Eni – ovvero l’azienda italiana
con il più alto livello di emissioni di gas serra – è in grado di scrivere nel
suo piano di decarbonizzazione che il gas fossile costituirà una parte centrale
del proprio business persino oltre il 2050, affermando al contempo che, per
quell’anno, la società avrà raggiunto l’obiettivo di emissioni nette zero.
Alla base di questo paradosso c’è proprio il
controverso meccanismo di compensazione della CO2, che consente alle
multinazionali del fossile di riportare un volume di emissioni molto inferiore
rispetto a quello di cui è effettivamente responsabile.
Malgrado sia noto che l’efficacia di questo meccanismo in termini di
riduzione delle emissioni sia alquanto discutibile, specialmente se utilizzato
a compensazione di emissioni generate, in numerose occasioni il REDD+ si è
rivelato estremamente efficace nel ripulire l’immagine delle industrie più
inquinanti, consentendo loro di nascondere il proprio impatto climatico.
Nel frattempo, spesso accade che comunità locali,
tradizionali e popoli indigeni interessati dai REDD+ non vedano riconosciuto il
proprio diritto alla terra e, anzi, vengano rappresentati come una minaccia per
la biodiversità e per le foreste, a causa di pratiche culturali o di
sussistenza.
Oltre al danno la beffa, dal momento che spesso sono invece proprio queste
comunità a difendere le foreste dagli attacchi della grande industria
estrattiva e agro-alimentare, anche a costo della vita.
“Ancora una volta ENI cerca di gettarci fumo negli occhi provando a farci
credere di aver intrapreso una seria svolta green”, è il commento di Martina
Borghi di Greenpeace Italia. “
Ma la verità è un’altra: investirà solo lo 0,8%
del suo profitto lordo in progetti che non vanno alla radice del problema della
deforestazione, riducendo le emissioni solo sulla carta e per di più con cifre
che appaiono gonfiate.
Il tutto mentre, nei prossimi quattro anni, prevede di aumentare le
estrazioni di gas e petrolio. Siamo insomma di fronte all’ennesimo atto
di greenwashing da parte dell’azienda”.
Per la Borghi e per Greenpeace l’unico atto concreto da compiere da parte
dell’Eni per tutelare il clima consisterebbe nell’abbandono totale dei
combustibili fossili. Difficile
che con queste strategie societarie ciò avvenga a breve, specialmente se si
potrà “vantare” di aver salvato l’Africa dalla deforestazione.
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