venerdì 7 agosto 2020

I bambini yazidi vittime degli abusi dello Stato Islamico sono stati abbandonati - Nena News

Le violenze e uccisioni subite in Iraq da parte del cosiddetto “Stato Islamico” (Is) nel 2014 avevano scioccato il mondo intero al punto che persino i media mainstream e le istituzioni internazionali si occuparono improvvisamente di loro per un po’ di tempo. Caduto ufficialmente il “califfato”, gli yazidi sono però tornati nel dimenticatoio. Un rapporto di Amnesty International pubblicato ieri, infatti, sostiene che almeno 2.000 bambini della comunità yazida in Iraq non stanno ottenendo l’aiuto di cui avrebbero bisogno per affrontare i traumi figli della barbarie vissuta. Secondo lo studio della ong britannica, i sopravvissuti agli abusi e ai massacri compiuti dall’Is – attualmente vivono nella regione del Kurdistan dell’Iraq – “sono stati di fatto abbandonati” e stanno combattendo per riprendersi dalle violenze subite. “Mentre l’incubo del loro passato si è affievolito – ha detto Matt Wells, il vice direttore di Amnesty per le risposte alle crisi – le difficoltà restano per questi bambini. Questi minori sono stati sistematicamente soggetti agli orrori della vita sotto lo Stato Islamico e ora sono stati lasciati a raccogliere i pezzi”. Per Wells “bisogna dare loro il sostegno di cui necessitano disperatamente in modo da ricostruire le loro vite e il futuro della comunità yazida”.

Il rapporto afferma che tra le malattie mentali più comuni che si riscontrano nei 1.992 bambini che hanno vissuto tortura, stupri e altri abusi ci sono stress post-traumatico, ansia e depressione. Altri sintomi e comportamenti registrati in questi minori sono atteggiamenti aggressivi, incubi, flashback e gravi cambiamenti di umore. Una dottoressa intervistata da Amnesty ha dichiarato che quasi tutte le ragazze che ha trattato tra i 9 e i 17 anni vittime di violenza sessuale soffrono ora di infezioni, mestruazioni irregolari, difficoltà nella gravidanza e nel parto.

I traumi risalgono al 2014 quando il “califfato islamico” occupò Sinjar (città del governatorato di Ninawa, Iraq nord occidentale) uccidendo migliaia di uomini, rendendo schiave donne e bambini. Tra le vittime ci fu anche Nadia Murad, premiata nel 2018 con il Nobel per la pace per il suo attivismo.

Gli eventi drammatici avvenuti in quell’area dell’Iraq furono definiti in seguito dalle Nazioni Unite come “genocidio”. Erano gli anni in cui lo “Stato Islamico” era molto forte al punto da controllare ampie porzioni di territorio tra l’Iraq e la Siria e utilizzava molti ragazzi a combattere per loro. Una volta ritornati a casa in seguito alla sconfitta del “califfato”, tuttavia, questi giovani non hanno ricevuto alcun sostegno psicologico. Il caso del 15enne Sahir, ex bambino soldato, è emblematico: all’ong britannica ha raccontato che sapeva di aver bisogno di un aiuto a causa dei traumi subiti, ma non sapeva a chi rivolgersi: “Quello che cercavo era che qualcuno si occupasse di me, che mi sostenesse, che mi dicesse: ‘Sono qui per te’”.

Gravissima è anche la situazione delle donne molte delle quali, oltre alle violenze subite dai miliziani dell’Is a cui spesso sono state date in sposa come bottino di guerra, hanno dovuto subire anche “pressioni, costrizioni o perfino inganni” da parte dei familiari per separarsi dai loro figli nati dagli stupri dei combattenti dello Stato Islamico. “Voglio dire alla [nostra comunità] e al mondo intero per favore accettateci, accettate i nostri figli” ha detto Janan, 22 anni.

Secondo lo Yazidi Rescue Bureau del governo regionale del Kurdistan iracheno, sono circa 2.800 gli yazidi scomparsi da quando l’Is controllava ampi territori tra Iraq e Siria.

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