Dall’inizio delle proteste per la
morte di George Floyd sono stati abbattuti, danneggiati o rimossi così tanti
monumenti al razzismo, alla schiavitù e al colonialismo che i redattori
volontari di Wikipedia non riescono a tenere il passo: Robert E. Lee, Jefferson
Davis e altri generali sudisti, suprematisti bianchi e segregazionisti. Ma ci
sono anche Frank Rizzo, sindaco razzista di Filadelfia e figure simboliche come
il Pioniere e la Madre pioniera, abbattute nell’università dell’Oregon. Anche
l’imbarazzante statua che raffigura Theodore Roosevelt a cavallo, seguito a
piedi da un nativo e da un nero, dovrebbe essere rimossa dall’ingresso
principale del Museo di storia naturale di New York.
Gli eroi di
ieri sono i cattivi della storia. Papa Francesco apprezza talmente tanto padre
Junípero Serra da averlo canonizzato nel 2015, nonostante i nativi americani
avessero denunciato il carattere oppressivo della sua opera missionaria. Oggi
padre Serra è il santo patrono della California. Di recente, a San Francisco e
Los Angeles, i manifestanti hanno rovesciato le statue del santo. Nel frattempo
il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, ha difeso la presenza di
Cristoforo Colombo (a cui sono dedicate almeno 19 sculture) a Columbus Circle,
a Manhattan, sottolineando che l’opera “rappresenta un ringraziamento per il
contributo degli italoamericani alla storia di New York”. Ma non sono sicura
che il vecchio Cris resterà su quel piedistallo. Forse gli italoamericani
potrebbero scegliere un altro compatriota, qualcuno che ha portato gioia nel
mondo. Uno come Verdi o Puccini. Tra l’altro esiste già una Verdi square a
pochi isolati dal Columbus circle. E c’è anche un Dante park poco lontano. Il
contributo dell’Italia nel campo della letteratura, dell’arte, della musica,
della scienza e della filosofia è così vasto che ogni parco di Manhattan
potrebbe essere dedicato a un italiano. Gramsci triangle. Maria Montessori
plaza. Primo Levi square.
La storia
contiene moltitudini. Non c’è motivo di ricordare torturatori e sfruttatori.
Soprattutto non c’è nessun motivo di celebrare i traditori confederati che
trascinarono il paese nella guerra civile. È fantastico che i vertici della
Nascar, l’ente che organizza gare automobilistiche, abbiano bandito la bandiera
sudista. Ma perché hanno aspettato tanto? E perché abbiamo avuto bisogno
dell’omicidio di George Floyd e delle proteste per ottenere questa vittoria
simbolica?
I simboli
sono importanti. Zia Jemima, zio Ben, la signora Butterworth e il cuoco nero
sulle scatole dei prodotti alimentari Cream of Wheat sono residui di quella che
un tempo era un’inondazione di spot, loghi e oggetti che mostravano i neri come
cuochi, servi, bambinaie e bambini buffi. Non si può sfuggire a questo retaggio
snellendo zia Jemima e dandole una pettinatura moderna. Sono felice che, a quanto
pare, la voce originale di zia Jemima, Nancy Green, nata schiava, sia diventata
milionaria. Ma questo non è un buon motivo per tenere in vita il personaggio.
Siamo nel 2020! Ritirare questi prodotti dal mercato non significa piegarsi al
“politicamente corretto”, ma rimuovere un’offesa razzista.
Come
possiamo liberarci dall’onnipresente celebrazione dei peggiori antenati
statunitensi? È facile abbattere una statua o cambiare nome a una strada, ma
altri nomi sono così radicati nella storia statunitense, nella sua cultura e
nelle mappe geografiche che è difficile pensare di poterli cancellare, anche se
ci fosse la volontà di farlo. Ci sono decine di luoghi intitolati a Colombo:
Columbus, in Ohio, Indiana, Georgia e via dicendo: l’università Columbia, la
contea Columbia, il fiume Columbia. Per non parlare dello stato della Colombia
(per fortuna quello non è un problema nostro). Per la santità di Serra c’è poco
da fare, ma almeno l’università di Stanford ha avuto il merito di cambiare nome
al Serra mall, la sua strada principale, che è diventata Jane Stanford way, in
onore della donna fondatrice dell’ateneo.
Gli eroi non
ci mancano. Molti di loro non sono stati abbastanza celebrati, perché erano
donne o neri. A New York ci sono solo cinque statue di donne in luoghi
pubblici, anche se presto ne arriveranno altre. Dobbiamo liberarci dei cattivi
a cavallo e onorare chi è stato ignorato. Potremmo cominciare da Fort Bragg,
Fort Benning, Fort Hood e da tutte le altre basi militari intitolate a soldati
confederati. Di sicuro Walt Whitman merita qualcosa di più che una piazzola di
sosta nel New Jersey turnpike. Potremmo raccontare una nuova storia americana
onorando le persone che hanno lavorato per renderci migliori, i pensatori
liberi e radicali, i politici progressisti, i leader sindacali, le femministe e
gli attivisti.
Mentre ci
impegniamo ad abbattere alcune statue e a tirarne su altre, non dobbiamo però
dimenticare cosa conta davvero: combattere le ingiustizie. George Floyd non è
stato ucciso perché a Minneapolis mancavano i monumenti giusti.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito sul numero
1365 di
Internazionale
https://www.internazionale.it/opinione/katha-pollitt/2020/07/12/statue-giuste
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