Quando Rabia ripensa al suo primo
lungo viaggio, ricordi confusi le affollano la mente. Due dettagli, però, non
l’abbandoneranno mai: decine di persone ammassate su una barchetta e un luogo
“buio e freddo”, il retro di un camion frigo.
Così Rabia e la sua famiglia sono
scappati dall’Afghanistan nel
2000, allora assediato dai talebani. La ragazza aveva solo cinque anni all’epoca
e ricorda poco di quel viaggio che tuttora migliaia di persone intraprendono,
armati di una voglia di ricominciare e una speranza che pulsano più forti della
paura di morire durante il tragitto.
Il viaggio, descritto da Rabia come
“incerto, ma anche pieno di speranza”, ha portato l’intera famiglia nel Regno
Unito, dove la ragazza ora studia alla prestigiosa Cambridge University e,
insieme al padre, gestisce un’associazione che promuove e facilita
l’integrazione dei profughi afgani e dell’Asia centrale nella società inglese.
Rabia e la sua famiglia ce l’hanno
fatta a sconfiggere i soprusi, la violenza e gli incubi del passato e
costruirsi una vita migliore in un altro paese. Tuttavia, tragedie come quella
dei 39 migranti cinesi trovati morti soffocati in un camion frigo
nell’Essex lo scorso ottobre fanno
riaffiorare il dolore di chi lascia la propria terra senza la certezza di
giungere a destinazione.
In seguito alle vicende dell’Essex,
ho incontrato Rabia per parlare della sua esperienza, dell’importanza di
modellare una società basata sull’integrazione e la compassione e del futuro
che l’Afghanistan di oggi ha in serbo per le sue figlie.
Come
descriveresti il tuo viaggio dall’Afghanistan verso l’Europa?
Spaventoso, pieno di incertezze. Ma
anche di speranza. Mi viene in mente l’immagine della mia famiglia stipata
insieme a decine di persone in una barca che ne poteva trasportare solo sei. Mi
hanno detto che mio fratello, all’epoca di soli sei mesi, era riuscito a
dormire solo grazie a dei sonniferi. Ricordo che mi trovavo in un luogo buio e
freddo; oggi so che era il retro di un camion frigo.
Quanto
ricordi di quell’esperienza?
Non ricordo molto, avevo solo
cinque anni. Credo sia meglio non ricordare tutti i dettagli, o la mia vita
sarebbe più traumatizzata.
Capivi,
all’epoca, le ragioni che hanno portato la tua famiglia a scappare?
No. A quell’età non ti viene
neanche in mente di dubitare di ciò che i tuoi genitori pensano sia meglio per
te. Io e i miei fratelli abbiamo posto piena fiducia nei nostri genitori.
Che
cos’hai provato quando hai appreso della tragica morte dei migranti cinesi
soffocati nel camion frigo?
Leggevo i
titoli dei giornali mentre la storia si stava ancora sviluppando e pensavo che
avremmo potuto essere io e la mia famiglia 20 anni fa. Gli esseri umani vengono
trasportati in altri paesi come se fossero merci. In tempi come questi è
importante difendere l’amore, la compassione e l’umanità.
Quello che è successo mi ha anche
fatto pensare ai 58 migranti cinesi che sono morti allo stesso modo a Dover nel
2000. Mio padre parla spesso di quella storia. Dopo tanti anni, è successa una
cosa simile.
Dopo
essere arrivati nel Regno Unito, tuo padre ha voluto fare qualcosa per aiutare
chi scappa da situazioni di violenza, negazione e povertà. Come è nata ACAA?
Spinto dalla sua esperienza
personale, mio padre – il dr. Nooralhaq Nasimi – ha fondato l’ACAA (Afghanistan
and Central Asian Association) nel 2001, con lo scopo di aiutare i rifugiati e
i nuovi arrivati nel Regno Unito a sentirsi meno isolati e integrarsi nella
società. Con ACAA, vogliamo emancipare i nostri beneficiari; li aiutiamo a
capire meglio la realtà locale, la vita e la cultura britannica attraverso
attività sociali ed educative. Il principio fondamentale su cui si basa ACAA è
quello di riunire le diverse comunità. Quest’anno – è il ventesimo anniversario
del nostro arrivo nel Regno Unito – ci siamo spostati in un ufficio più grande,
che ci permetterà di espandere le nostre attività.
L’organizzazione ha ricevuto vari
riconoscimenti e premi tra cui il Refugee Support Service dal London Prestige
Award nel 2019 e il Queen’s Award for Voluntary Service nel 2018.
Micheal Gove, cancelliere del
Ducato di Lancaster, Damien Egan, sindaco di Lewisham e Seema Malhotra,
deputata a Feltham e Hounslow, hanno tutti lodato l’organizzazione.
Condivideresti
con noi la storia di uno dei beneficiari di ACAA?
Sì. Uno
delle donne assistite, che vive a Hounslow (un quartiere di Londra ovest) ha
spiegato le difficoltà incontrate quando non riusciva a esprimersi in inglese e
non poteva neanche uscire senza il marito per comprare da mangiare.
‘Mio marito non deve più portarmi a
fare la spesa,’ ha detto. ‘È semplice, quando voglio comprare dell’aglio o
delle cipolle, ora so come fare. Vivo qui, ma prima non sapevo le cose
basilari. Voglio uscire senza avere paura, voglio essere in grado di andare dal
dottore da sola. Tempo fa, sono uscita per comprare degli spinaci, sono andata
al mercato tre volte, ma sono sempre tornata a casa senza nulla‘.
‘Ma ora sto imparando. Avevo un
appuntamento dal dottore l’altro giorno, riguardava questioni femminili e non
l’ho detto a mia figlia perché ero imbarazzata. C’era un traduttore con me.
Sogno il giorno in cui sarò in grado di poter andare dal dottore da sola, senza
dover dirlo a qualcun altro. Non sono neanche sicura che il traduttore abbia
capito’.
Siamo
in un’epoca caratterizzata dalla Brexit, dall’ascesa dei movimenti di estrema
destra e dall’ennesimo peggioramento della crisi migratoria. Cosa si può fare
per abbattere gli stereotipi culturali?
Ogni singolo
individuo è in grado di sfidare questi stereotipi. Lo si può fare all’interno
della propria famiglia, tra amici o nella propria comunità. Fare del
volontariato è un ottimo modo per conoscere persone di culture diverse e
mostrare agli altri che a noi importa di queste cose.
Rabia,
tu studi a Cambridge, lavori per un’organizzazione non governativa, stai
costruendo la tua carriera e sei amata e supportata dalla tua famiglia. Come
sarebbe stata la tua vita se fossi rimasta in Afghanistan?
La mia
famiglia è stata costretta a fuggire quando io ero solo una bambina. Crescere
qui nel Regno Unito ci ha dato opportunità che ci sarebbero state negate nel
nostro paese e che sono state negate a chi viveva sotto i talebani.
La lotta e la sofferenza delle
donne sotto i talebani rimangono nella nostra memoria collettiva; parliamo di
donne a cui era vietato lavorare, studiare e partecipare attivamente alla
società. Tuttavia, l’Afghanistan di oggi è diverso da quello che ha lasciato la
mia famiglia. Le donne ricoprono ruoli sempre più importanti al governo, nei
media e nelle arti.
Come
descriveresti la vita delle donne e ragazze afgane?
Ho una grande ammirazione per le
donne e le ragazze dell’Afghanistan, che combattono continuamente per avere i
propri diritti riconosciuti ed essere trattate alla pari [degli uomini].
La loro resilienza la si può vedere
tutti i giorni. Sono così felice di poter vedere una nuova generazione di donne
che combattono contro le ingiustizie. Sono le eroine e il futuro del paese. Ci
sono delle donne incredibili in Afghanistan, come Shaharzad Akbar e Sahraa
Karimi. Non dobbiamo perdere di vista questo fenomeno, di modo che la prossima
generazione di donne afghane prosperi durante il consolidamento della pace nel
paese.
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