Pier Luigi
Lattuada è un medico psicoterapeuta che grazie alla propria ricerca e alla
propria passione è riuscito ad andare oltre gli schemi classici della scienza e
a portare l’aspetto spirituale nel suo lavoro.
Guardiamo
insieme quali sono le disarmonie (che a lungo andare sono divenute patologie)
della società che abbiamo creato.
Il problema
principale, a mio avviso, è l’identificazione con l’ego, un eccesso di
importanza personale il cui risultato è una cultura della competizione, del
dominio, fondata sull’ipertrofia del razionale. Il pensiero occidentale moderno
si basa sul tenere a bada tutto ciò che è mito, inconscio, spiritualità. L’idea
di fondo è che la scienza attraverso la ragione, la misurazione, la
ripetibilità possa costruire una società migliore. In questo modo, si sono
messe da parte tutte le qualità che sono più genuinamente umane al fine di
ottenere risultati.
La società è
fatta di obiettivi e questo comporta predazione, competizione e conflitto.
Nella nostra società, il codice della paura costruisce una struttura del
dominio, tenuta in piedi dall’egemonia del razionale che mira a controllare
tutto. Questa è una cultura archetipicamente maschile. L’approccio che potremmo
definire “femminile” è completamente estromesso. Il pensiero Femminile è
una delle medicine per questa società.
La nostra
società basata sul fare, sul produrre ci porta a un’accelerazione continua che
non lascia tempo per fermarci. Viviamo presi dal raggiungere obiettivi e
dalla ricerca smodata di divertimento come valvola di sfogo. È possibile creare una
società in cui essere e fare siano in equilibrio? Quali potrebbero essere
le chiavi per raggiungerla?
Nella vita
quotidiana, nessuno si ferma, nessuno ascolta, nessuno sta dentro. È tutto
basato sul pieno: riempire le giornate, riempire le tasche, riempire il proprio
tempo.
Questo ha
come conseguenze la paura (paura di perdere, di soffrire, di non essere
riconosciuto…) e il controllo (controllare i propri passi, gli imprevisti, gli
altri…). Riconoscere il codice della paura che ci determina e il bisogno di
controllo che nasce dal pensiero analitico-razionale è il primo passo della
trasformazione.
Rifacendoci
alle grandi Tradizioni Orientali e Occidentali, scopriamo che oltre a questa
modalità ne abbiamo un’altra: è possibile osservarsi pensare, osservarsi agire
; possiamo avere un atteggiamente consapevole e meditativo. Questa è una
chiave.
Osservandomi,
mi accorgo se sono guidato della paura e posso, quindi, assumermi la
responsabilità di scegliere la fiducia.
Se non vedo
quello che sto facendo, perché sono nel pieno, nel bisogno, agirò manifestando
all’esterno lo stesso conflitto che vivo all’interno.
Se ho paura
e mi metto un obiettivo, questo obiettivo sarà figlio della paura e sarà al
servizio del potere.
L’obiettivo,
la strategia dovrebbero essere al servizio dell’umanità, non sopra l’umanità.
Prima
dell’agire, dovremmo mettere l’ascoltarsi e l’osservare, il riconoscere qual è
la vera natura di quello che vogliamo fare e cominciare così ad andare oltre la
paura e il controllo per accedere a una dimensione di fiducia dove è possibile
tollerare l’incertezza e riconoscere che il versante dimenticato del femminile
è ricco di un’infinità di doni.
Quando
equilibriamo maschile e femminile, la spinta interna non è più solo alla
conquista, al separare per ottenere ma porta con sé l’accoglienza e la fiducia.
Il nostro sguardo è più solidale, fraterno e umano. La cultura che nasce da questo
è una cultura della condivisione e della solidarietà.
Il sistema
culturale attuale, invece, è basato solo sulla “ragione” e non può dare vita a
un mondo pacifico e soddisfacente per l’essere umano. Il nostro è oggi un
pensiero etnocentrico: ci dividiamo in tribù che confliggono per le differenti
credenze. Dobbiamo passare a un pensiero mondocentrico: ragionare in termini
planetari e creare una cultura della fiducia.
L’attitudine
anche in questo momento è, invece, quella della separazione, della lotta, del
cercare una risposta esclusivamente tecnica e razionale a quello che sta
accadendo. Com’è accaduto che nell’uomo, ci sia stato questo squilibrio
verso la sola polarità maschile?
Per
rispondere a questo dobbiamo parlare dell’istituzionalizzazione del trauma.
È una storia
che trova radici nel nostro passato remoto. Circa 3000 anni fa,ci furono le
invasioni degli Indoeuropei. Erano popolazioni che vivevano in una condizione
di costante trauma: la vita era durissima, l’emergenza era costante, vinceva
solo il più forte, la donna contava poco. Quando sono arrivati qui, hanno
portato la loro cultura fatta di spade e dominio.
In Europa,
prima, c’era il culto della natura, della Dea Madre che è stato soppiantato dal
Dio maschile che, dalla natura, è stato portato nell’alto dei cieli. Così è
nata la cultura attuale, che riconosciamo essere fondata sulla forza, sul
potere, sul maschile. Ecco perché ogni volta che affiora un’emergenza agiamo
attuando la retorica della guerra. Il potere costituito si alimenta di questo
perché di fronte allo stato di necessità, entriamo nella dinamica della delega
anziché della responsabilità.
La
responsabilità di cui parla si stacca dall’idea di colpa e ci pone di fronte a
“luce e ombra” come due elementi fondamentali affinché si possa vedere. Si
può mantenere una relazione viva con entrambe senza giudizio?
La
responsabilità è l’abilità di rispondere, l’essere in grado di vedere chi sono
e di conseguenza essere consapevole di quali siano le dinamiche che mi portano
ad agire, pensare, sentire in un certo modo. Di fronte a questo grande atto di
coraggio che è il conoscersi e l’essere onesti con se stessi, arriva la paura
dell’ombra, dei nostri di difetti.
La mente
razionale vuole combattere l’ombra per ottenere la perfezione. Questo è un atteggiamento
limitato.
Nella
tecnica, è possibile lavorare per eliminare l’errore, ma con la psiche
l’approccio deve essere diverso. Dobbiamo usare una mente unitiva, in grado di
integrare i vari aspetti del nostro essere. Tenebra e luce sono al servizio l’una
dell’altra: entrambe sono due componenti che hanno una loro funzione
essenziale. Andare oltre il pensiero razionale che divide, separa e giudica è
possibile. L’osservazione consapevole porta ad accorgersi che l’ombra e la luce
fanno parte di una Gestalt più ampia.
Il nostro Sé
ha due caratteristiche: la capacità di auto-rinnovarsi e di auto-trascendere.
L’auto-rinnovarsi è la facoltà di riconoscere cosa ci sposta dall’equilibrio e
la possibilità di ritrovarlo. L’auto-trascendenza è il saper imparare dall’esperienza
ed evolvere. Affinchè queste qualità, vengano in atto occorre raggiungere la
dimensione di vuoto che si trova al di tutto il rumore.
La vera
consapevolezza è accorgersi che si è a casa, in se stessi, in ogni momento,
fermarsi in questo luogo sacro, godere del silenzio al di là di tutti i bisogni
cui diamo valore, di tutte le paure cui diamo potere, di tutti gli obiettivi
che ergiamo a senso della vita. Fermarsi nella nostra casa ci permettere di
ascoltare il muoversi dei pensieri e possiamo non scegliere, lasciar fluire e
far affiorare così il nostro vero Sé, una dimensione di silenzio, di pace, di
armonia, di connessione e di amore. Ecco che in questo modo, superiamo il
giudizio, il bisogno di raggiungere la perfezione, di essere giusti e cominciamo
a unire, integrare, essere completi.
Ascoltando
le sue parole, riconosco la paura che c’è in me nell’avere fiducia e mi accorgo
che così perdo l’incanto della vita. Perdere il contatto con il mistero
magico che mi rende vivo mi allontana dal trascendente. Siamo abituati all’idea di
realtà pragmatica e materiale che ci porta a definire ciò che è la normalità.
Esiste la
“normalità”? E cosa significa la frase “torneremo alla normalià” che nel
linguaggio di oggi viene molto usata?
La
“normalità” è un concetto figlio della sola ragione, che definisce il mondo in
termini di giusto e sbagliato, bene e male, salute e malattia. Se, invece,
ragioniamo in termini di processo, di trasformazione, ogni evento della vita,
anche il più inaspettato (come il momento che stiamo vivendo), sarà
un’occasione per divenire migliori, per evolvere. Ecco che “tornare alla
normalità” è un atteggiamento che deriva dalla paura e che esprime il nostro
bisogno di controllo.
Uscendo da
questa logica, possiamo stabilire fin da ora quali siano le cose realmente
importanti per creare da questa crisi i presoppusti di un’evoluzione planetaria
e totale, che abbracci l’individuo e la collettività. Se vogliamo che ciò
accada dobbiamo cominciare a usare un pensiero analogico, in grado di cogliere
il simbolo dietro la materia. Solo così possiamo comprendere cosa sta realmente
accadendo.
Qual è il
significato di questo momento, secondo lei? Cosa è venuto a dirci questo virus?
Questa è una
questione delicata. Posso solo dare la mia opinione.
Questo virus
colpisce gli alveoli polmonari che sono il luogo dove l’aria e il sangue si
incontrano: l’invisibile e il visibile, lo spirito e la materia. È venuto a
fermarci. Ci è chiesto di chiuderci in casa. Questa situazione fa sì che si
possa recuperare il nostro tempo, trovare lo spazio di incontro con il nostro
Sé e così osservare le nostre vite.
Ci viene
ricordato che respirare è importante e non possiamo vivere sempre in affanno e
che se togliamo lo spirito dalla nostra vita, viviamo a metà e perdiamo di
vista ciò che è veramente fondamentale. Ci suggerisce di osservare quali sono
le nostre paure, quali i valori che abbiamo fatto nostri, quale il linguaggio
che usiamo e con cui descriviamo la nostra realtà.
Possiamo
riconoscere la retorica della guerra e la logica della paura di cui è intrisa
la vita di ognuno di noi.
Un consiglio
per cominciare sin da oggi una trasformazione a chi ci ascolta.
Chiudi gli
occhi e sta in silenzio per 10 minuti.
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