In una
stagione segnata dalla violenza (verbale e non solo verbale), mentre ci
sentiamo immersi in un clima di
risentimento e di odio impossibile da accettare, siamo tutti in
cerca di fari che irrompano nella notte e di approdi accoglienti. A Firenze,
domenica 9 giugno, si è messo in
marcia un gruppo di cittadini che prova a farsi “fiammifero che si
accende vicino ad altri fiammiferi, fino a formare una piccola costellazione”,
secondo le parole di Antonio Moresco, lo
scrittore che ha ispirato Repubblica Nomade, l’associazione
che organizza quest’anno il cammino dalla fiorentina piazza Santa Croce al
colle dell’infinito a Recanati, passando per Assisi. Venti giorni a piedi “nel cuore d’Italia”, sulle tracce
delle più nobili e più profonde tradizioni del nostro paese, incarnate da tre
figure chiave della cultura nazionale: Dante, Francesco, Leopardi. “Il nostro paese”, dice Moresco, “è
stato una guida quando ha aperto gli orizzonti e inventato qualcosa di
nuovo”.
È il nono
cammino di Repubblica Nomade e come tutti i precedenti è stato scelto per
dire “cose urgenti e brucianti” con
il gesto più semplice e anche più intenso del corpo umano: camminare. Si cammina per riflettere, per scoprire e
riscoprire luoghi importanti della nostra storia collettiva, per intessere
relazioni, per testimoniare con il proprio corpo una volontà, un desiderio, un’opposizione.
Repubblica Nomade ha camminato da
Milano e Scampia “per cucire fisicamente l’Italia” quando la si
voleva dividere; da Parigi a
Berlino “per gli Stati uniti d’Europa ma di un’altra Europa”; da Trieste a Sarajevo per
ammonire sui rischi di guerra ancora incombenti, unendo la Risiera di San
Sabba, il lager allestito dai nazisti nel capoluogo giuliano, e la città
bosniaca che fu all’origine della prima guerra mondiale e poi teatro di un
lungo tragico assedio durante la guerra jugoslava degli anni Novanta.
“Quest’anno
– dice Moresco – siamo tornati in Italia perché sentiamo il bisogno di
ricongiungerci all’esempio che ci è venuto da tre grandi figure del nostro
passato, uomini di grande apertura al mondo. Concluderemo il cammino al colle
dell’Infinito proprio perché abbiamo bisogno di aprire e non di chiudere, abbiamo bisogno di infinito”.
I pellegrini
lungo il cammino incontreranno altre persone e altre figure storiche; saranno
testimoni, paese per paese, di un
modo di intendere la convivenza opposto alla retorica del rancore e al metodo dell’invettiva oggi
dominanti nel discorso pubblico. “Quest’anno – dice ancora Moresco – pensiamo
di introdurre una novità: dei piccoli
comizi nelle piazze che
attraverseremo. Leggeremo brani di Dante, Francesco e Leopardi che sembrano
scritti oggi. Sono testi che fanno scoppiare le coscienze”.
Il cammino diventa dunque una singolare azione politica nella quale mente e corpo
interagiscono fra loro: la fatica dei passi sotto il sole non annebbia e anzi
stimola la riflessione. La distanza dai luoghi comuni (reali e metaforici) della
vita quotidiana aiuta a proporre pensieri
non comuni. Pensieri dei quali potremo tutti fare tesoro.
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