domenica 21 luglio 2019

L'Artico, la Siberia e la Groenlandia in fiamme




Fa caldo, i terreni sono pieni di vegetazione secca creando le opportunità perfette per il disastro. .

Pierre Markuse esperto di immagini da satellite ha dunque raccolto tutto ciò' che poteva su questa estate di fuoco 2019 in Artico.

Fiumi, montagne e foreste, tutte coperte dal fumo e dagli incendi.

Alaska: bruciati più' di 6500 kmq di terreno;  Anchorage che arriva a 32 gradi a Giugno, roba mai vista prima, e si è' sviluppato un enorme incendio chiamato Swan Lake Fire fuori dalla città.

Le cose non vanno meglio in Siberia. Anche se non si vedono perché zone poco abitate, fotografate e fuori dall'interesse mondiale, ci sono vari incendi anche qui e le temperature sono più alte del normale. Le torbiere, tipicamente congelate, sono in fiamme e questo è tutto dire.

Queste torbiere sono caratterizzate da grande abbondanza di acqua, sono una specie di zona paludosa ricca di muschi e graminacee. A causa del freddo i batteri che dovrebbero degradare i resti di animali e piante non riescono ad essere attivi e quindi si accumulano vari strati di materiale organico melmoso, ricchi di carbone. Le fiamme causano dunque un grande rilascio di CO2.  E' quello che accade in Batagay, Siberia centrale e lungo il fiume Lena.

Infine c'è la Groenlandia coperta da incendi, e non è la prima volta. Anche se incendi più limitati che in Siberia e in Alaska sono lo stesso parte dello stesso discorso: laddove dovrebbero esserci nevi e freddo e temperature miti ci sono invece calura e incendi.

I dati del programma europeo Copernicus non sono ottimistici e dicono che siamo nel mezzo di emergenze climatiche mai viste prima: il mese di giugno più caldo che mai, incendi inaspettati, record di caldo in Germania, Francia e Spagna, una spirale crescente di anidride carbonica in atmosfera.

In questi ultimi anni secondo gli esperti di clima e di datazione gli incendi nella foresta boreale sono arrivati a livelli record in 10,000 anni a questa parte.

Diecimila anni.

Sono arrivati a queste cifre studiando i residui di carbonio trovati nei sedimenti dei laghi nella zona della foresta boreale nello Yukon d'Alaska.

Nessuno si preoccupa davvero.



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