La sfortuna
non c’entra: l’insorgenza di un tumore non dipende dalla malasorte o dal caso.
Un gruppo di studiosi dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e
dell’Università Statale di Milano guidati da Piergiuseppe Pelicci, direttore
della Ricerca Ieo e professore di Patologia generale all’Università Statale di
Milano, e Gaetano Ivan Dellino, ricercatore, in collaborazione con i
colleghi dell’Università Federico II di Napoli, ha scoperto che dietro a una
delle alterazioni del
Dna più frequenti e importanti per lo sviluppo del cancro, le traslocazioni
cromosomiche, non ci sono il caso o la sfortuna, come ipotizzato fino a
oggi, ma degli specifici input che le cellule ricevono dall’ambiente esterno,
quest’ultimo condizionato a sua volta dall’ambiente in cui viviamo e dal
nostro stile di vita.
Il cancro non si sviluppa
per caso o sfortuna
I risultati
dello studio, pubblicati sulla rivista Nature
Genetics, sembrerebbero dunque rappresentare un primo colpo inferto
al mito della casualità del cancro lanciato
da Bert Vogelstein della Johns Hopkins Medical School (Baltimora, Stati Uniti),
uno degli scienziati contemporanei più autorevoli, quando sulla rivista Science
in tre studi pubblicati nel 2016, 2017 e 2018 sostenne come due mutazioni su
tre nei tumori fossero dovute a errori casuali effettuati durante i meccanismi
di replicazione del Dna delle cellule, e quindi inevitabili. Siccome queste
mutazioni venivano considerate del tutto casuali, Vogelstein ha concluso i suoi
studi sostenendo che avverrebbero in ogni caso, anche se il nostro pianeta
fosse perfetto e i nostri stili di vita irreprensibili. Quindi non possiamo
fare nulla per evitare di ammalarci di cancro: possiamo solo sperare che non
tocchi a noi, contando sulla fortuna.
Le traslocazioni
cromosomiche
Un tumore si
sviluppa quando una singola cellula accumula 6 o 7 alterazioni del Dna a carico di particolari geni, detti “geni
del cancro” o “oncogeni”. Gli autori dello studio pubblicato su Nature Genetics
spiegano che possono essere di due tipi le alterazioni presenti nei geni del
cancro: le mutazioni, che causano piccoli cambiamenti della struttura di un
gene, e le traslocazioni cromosomiche, che causano la fusione di due geni. «Le
traslocazioni sono la conseguenza di un particolare tipo di danno a carico del
DNA, ossia la rottura della doppia
elica», spiega Dellino. Come per le mutazioni, gli studiosi pensavano
che questo tipo di danno avvenisse casualmente nel genoma, ad esempio durante
la divisione cellulare, come ipotizzato da Vogelstein. «Al contrario il nostro
lavoro mette in discussione la casualità delle traslocazioni cromosomiche.
Studiando le cellule normali e tumorali del seno, abbiamo scoperto che né il
danno al Dna né le traslocazioni avvengono casualmente nel genoma: possiamo
prevedere quali geni si romperanno con una precisione superiore all’85%.
Tuttavia solo una piccola parte di questi darà poi origine alle traslocazioni,
cioè alla fusione di due geni rotti. La questione centrale, che cambia la
prospettiva della casualità del cancro, è che l’attività di quei geni è
controllata da segnali specifici che
provengono dall’ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua
volta è influenzato dall’ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti,
per esempio dal tipo di microbi con cui conviviamo, dalle sostanze che
ingeriamo, ecc., non certo dalla sfortuna».
Non allentare sulla
prevenzione
Le
traslocazioni forse in futuro potranno essere usate come marcatore per identificare il
rischio di sviluppare neoplasie o come bersaglio per mettere a punto farmaci che aiutino a prevenire
il cancro. «Per ora non abbiamo capito esattamente quale sia il segnale che
induce la formazione delle traslocazioni, ma abbiamo capito che proviene
dall’ambiente. Ci stiamo lavorando», afferma Piergiuseppe Pelicci, coordinatore
dello studio dello Ieo e della Statale. Che spiega che, anche grazie a
questo studio, la prevenzione in campo oncologico torna ad assumere
un’importanza centrale: «Abbiamo dimostrato che non esiste una base scientificache ci autorizzi a
sperare nella fortuna per evitare di ammalarci di tumore. Anzi: ora abbiamo un
motivo in più per non allentare la presa sulla prevenzione riguardo allo stile
di vita, al tipo di mondo che vogliamo, ai programmi di salute che chiediamo al
nostro servizio sanitario. E anche al tipo di ricerca scientifica che vogliamo
promuovere».
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