Abbiamo già
scritto di ecocidio mesi fa riportando i
dati di distruzione dei suoli nella striscia di Gaza da parte dell’esercito
israeliano. È venuto il momento di tornare sulla questione a favore dei lettori
visto che la Fao ad agosto ha pubblicato un foglio statistico aggiornandoci
sulla distruzione dei suoli agricoli a Gaza. I dati sono sconvolgenti.
Al 28 luglio
2025 l’86,1% dei campi è stato deliberatamente distrutto, affamando tutta la
popolazione sopravvissuta, di cui l’80% è stata dichiarata in emergenza
alimentare. Per capirci meglio, dei 15.000 ettari coltivati a Gaza ne sono
rimasti solo 2.090, praticamente, niente. Nella regione più a Nord della
Striscia, la distruzione è del 94% circa. A veder meglio i dati, di quel paio
di migliaia di ettari i campi ancora coltivabili in sicurezza ammontano a soli
232 ettari ovvero l’1,5% delle aree agricole di tutta la striscia di Gaza. Sono
numeri che fanno tremare i polsi. Se non è un ecocidio questo non oso
immaginare che cosa lo sia.
A definire
che cosa si intende per ecocidio si è occupato tra il 2020 e il 2021 un nutrito
e autorevole gruppo di giuristi ed esperti indipendenti (Iep) in materie ambientali, ripetutamente
riunitosi sotto il tetto della Stop ecocide Foundation (Sef). La definizione
che ne è uscita è la seguente: quell’insieme di “atti illegali o arbitrari
commessi nella consapevolezza di una sostanziale probabilità di causare un
danno grave e diffuso o duraturo all’ambiente con tali atti”. Attenzione agli
aggettivi. Con “grave” si intende riferirsi a “un danno che implica cambiamenti
avversi molto significativi, distruzione o deterioramento di qualsiasi
componente dell’ambiente, incluse le gravi ripercussioni sulla vita umana, o
sulle risorse naturali, culturali o economiche”. Con l’aggettivo “diffuso” si
intende “un danno che si estende oltre una limitata area geografica, valica i
confini nazionali o è patito da un intero ecosistema o specie, o da un gran
numero di esseri umani”. E infine con “duraturo” ci si riferisce a “un danno
che è irreversibile o che non può essere sanato in maniera naturale in un
periodo di tempo ragionevole” e per “ambiente” significa “la terra, la sua
biosfera, criosfera, litosfera, idrosfera ed atmosfera, così come il cosmo”.
Sottolineo
quattro concetti sopra riportati: “cambiamenti avversi molto significativi”,
“gravi ripercussioni sulla vita umana”, “patito da un intero ecosistema” e
“patito da un gran numero di esseri umani”. Nel caso di Gaza ritengo
ragionevolmente che siano purtroppo soddisfatte tutte le quattro casistiche
visto che quasi due milioni di persone a Gaza sono soggette a un’acuta crisi
alimentare, di cui il 32% sono considerate a livello di allarme definito da
“catastrofe” (Ipc, 2025) e visto
che dell’ecosistema suolo agricolo rimane sano e sicuro solo 1,5%. Non mi pare
ci siano dubbi che quanto è stato fatto da Israele nella terra di Palestina sia
un ecocidio con particolare accanimento verso i suoli (da cui potremmo dire
anche suolicidio).
Oltre a
sanzionare e isolare Israele e lavorare diplomaticamente alla pace e oltre a
riconoscere lo Stato di Palestina, il nostro governo, insieme ad altri,
dovrebbe avviare presto il riconoscimento del reato di ecocidio. Mi viene da
suggerirlo anche alle opposizioni a cui non vorrei fosse sfuggito. Non
occuparsene ci mette in una condizione di maggior impotenza e accettazione, di
fatto, dei crimini e delle ingiustizie perpetrate a milioni di persone e
all’ambiente a Gaza. In altre parole, ci rende in qualche modo ancor più
complici (cosa di cui personalmente mi vergogno). Detto tra noi, il
riconoscimento di ecocidio sarebbe anche molto utile per le nostre beghe
interne.
Non vorrei
che questo sia il vero freno al riconoscimento. Rivolgo il medesimo appello anche
ai nostri parlamentari europei che, anziché mollare tutto (ma non lo stipendio)
e correre a candidarsi alle elezioni regionali, dovrebbero darsi da fare per
far approvare la proposta di direttiva europea sulla tutela penale
dell’ambiente che potrebbe essere un passo importante anche verso il futuro
riconoscimento del reato di ecocidio. Ogni
indugio, ogni rallentamento e ogni opportunità rimandata concorrono non solo ad
accelerare e acutizzare i disastri ambientali e umanitari in corso ma anche,
nel caso delle guerre, a porsi di fatto dalla parte opposta a quella dei
processi di pace. Sbaglio?
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