Centinaia, forse migliaia di donne andaluse non sono mai state avvisate dei risultati sospetti delle loro mammografie. Tanto da aver scoperto solo dopo anni di avere un tumore al seno in fase avanzata. Quello che sembrava un errore tecnico si è rivelato un colossale fallimento istituzionale, che oggi travolge la Junta de Andalucía, governata dal Partido Popular (PP), il partito di centrodestra che guida la regione dal 2019 con il presidente Juan Manuel Moreno Bonilla.
La vicenda è esplosa come una bomba politica e sanitaria, portando
alle dimissioni della consigliera alla Salute e Consumo, Rocío
Hernández, e scatenando accuse di negligenza, opacità e tagli sistematici
alla sanità pubblica.
Lo scandalo nasce da una denuncia partita dal basso. L’associazione Amama,
che riunisce donne operate di cancro al seno, ha scoperto che centinaia di
pazienti non erano mai state convocate per ulteriori controlli
dopo una mammografia “dubbia”. In molti casi, i referti sospetti
erano rimasti bloccati nei sistemi informatici o non trasmessi ai medici di
riferimento.
Le prime ammissioni del Servizio Sanitario Andaluso (SAS) parlavano di “pochi
casi isolati”, ma presto la realtà è apparsa molto diversa.
Secondo le inchieste di eldiario.es e El Salto Diario,
le donne coinvolte sarebbero almeno duemila. Alcune di loro
hanno già avviato azioni legali contro l’amministrazione per negligenza medica.
Il programma di “cribado” (screening) del cancro al seno è uno dei
principali strumenti di prevenzione del sistema sanitario spagnolo. Ogni due
anni, le donne tra i 50 e i 69 anni vengono invitate a sottoporsi a una mammografia
gratuita. Se l’esame mostra segni sospetti, la paziente deve essere contattata
entro poche settimane per ulteriori indagini.
Ma in Andalusia — secondo quanto emerso — questa catena di
comunicazione si è spezzata. Migliaia di referti non sarebbero mai stati
segnalati, lasciando molte donne senza diagnosi tempestiva. “È un fallimento
del sistema”, ha dichiarato un radiologo dell’ospedale Virgen del Rocío di
Siviglia, epicentro della crisi. “La carenza di personale e l’eccesso di
burocrazia hanno fatto saltare i protocolli”.
Il governo di Moreno Bonilla ha inizialmente cercato
di minimizzare la portata dello scandalo, parlando di “un errore
tecnico”. Ma di fronte al clamore mediatico e alle proteste di piazza, la Junta
— guidata dal PP e sostenuta da Vox su diversi fronti politici — ha dovuto
cambiare tono.
Sono arrivate le dimissioni di Rocío Hernández, la consigliera alla Sanità,
e l’annuncio di un piano d’emergenza: 12 milioni di euro di
investimenti straordinari, assunzione di 65 radiologi, e apertura dei
centri di screening anche nei fine settimana.
“Stiamo affrontando il problema con serietà e trasparenza”, ha dichiarato
Moreno Bonilla. Ma le opposizioni accusano il governo di
centrodestra di aver smantellato progressivamente la sanità pubblica
e favorito l’espansione del settore privato.
Negli ultimi cinque anni, la Junta guidata dal PP ha introdotto delle
riforme che hanno indebolito l’esclusività del personale medico pubblico,
consentendo ai medici del SAS di lavorare anche per strutture private. Il
risultato, denunciano sindacati e opposizione, è un sistema sempre più
duale, in cui le prestazioni più redditizie vengono dirottate verso il
privato, mentre la sanità pubblica si svuota di
risorse e competenze.
“Il governo del PP e Vox ha preferito finanziare le cliniche private invece
di rafforzare gli ospedali pubblici”, ha attaccato María Jesús Montero del
PSOE, principale partito d’opposizione. Dello stesso tenore le critiche di
Adelante Andalucía e Sumar, che chiedono una commissione parlamentare
d’inchiesta e una indipendente del SAS.
Il malcontento cresce anche tra i cittadini: nelle ultime settimane si sono
moltiplicate le manifestazioni davanti agli ospedali di Siviglia,
Granada e Málaga, con slogan come “La sanità non si vende, si
difende” e “I nostri corpi non sono numeri”.
Al di là delle responsabilità istituzionali, lo scandalo dei “cribados”
rivela crepe strutturali profonde. Gli esperti parlano di penuria
cronica di radiologi, sistemi informatici obsoleti, e mancanza di coordinamento
tra i diversi livelli di assistenza.
E il problema potrebbe non fermarsi al tumore al seno: fonti interne al SAS
temono che anomalie simili possano emergere anche nei
programmi di screening per il colon e la cervice
uterina. Se ciò fosse confermato, la crisi assumerebbe dimensioni senza
precedenti.
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