Ottobre può essere il più crudele dei mesi, in Palestina. Mese di raccolta delle olive. Mese di violenza dei coloni e dell’esercito israeliano. Dei coloni e di quell’esercito di cui i coloni sono parte sempre più rilevante. Dei coloni e di un governo e di uno stato che non solo non li ferma, ma li sostiene.
Non è dal 7 ottobre 2023 che la violenza israeliana sui contadini
palestinesi è sempre più in ascesa. Lo era anche negli anni precedenti, con una
progressione che sempre più si è qualificata come parte di una strategia per
espellere i palestinesi. Ancora una volta, per cacciarli da una terra alla
quale appartengono. La differenza
è che, ora, per il genocidio israeliano sul popolo palestinese a Gaza, anche la
raccolta delle olive è sotto i (nostri) riflettori. Ora è più visibile,
anche nella invisibilità della Cisgiordania, dove le pratiche di pulizia etnica
sono ormai conclamate ed evidenti.
Nel più crudele dei mesi, ottobre, è proprio attraverso l’albero divenuto
simbolo, l’ulivo, che diviene chiaro quanto i coloni abbiano un distacco totale
nei confronti della terra che dicono di possedere. Distruggere ulivi, bruciare alberi,
devastare la terra da parte israeliana fa emergere, sempre più, la vera,
profonda, nativa relazione tra palestinesi e terra. È anche in questo caso una
questione di cura, compresa la cura per il nonumano.
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