Tre quarti degli italiani dichiarano meno di 29mila euro e pagano meno di un quarto dell’Irpef. Il resto del peso dell’imposta sui redditi si concentra su poco più di un quarto dei contribuenti. L’annuale analisi dell’Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi di Itinerari Previdenziali, che parla di “ceto medio in trappola”, conferma diverse verità scomode. Il 76,87% dell’imposta è pagato da circa 11,6 milioni di contribuenti. A fronte di 42,6 milioni di italiani che presentano dichiarazione, solo 33,5 milioni (il 57% della popolazione) versano qualcosa allo Stato perché gli altri guadagnano troppo poco o hanno l’imposta compensata dal trattamento integrativo, l’ex bonus Renzi di 80 euro poi reso strutturale e portato a 100 euro al mese. I dati sono quelli delle dichiarazioni dei redditi 2024, relative all’anno prima, che ilfattoquotidiano.it aveva esaminato a luglio pubblicando una tabella interattiva che consente di scoprire facilmente quanto dichiarano e quanto pagano le varie fasce di reddito.
L’Irpef come
è noto pesa quasi per l’85% su lavoratori dipendenti e pensionati,
cioè su chi non ha possibilità di occultare redditi. Mentre chi ha redditi da
capitale, affitti o attività autonome può contare su aliquote sostitutive,
regimi agevolati e, in troppi casi, sul nero. Risultato: l’imposta viene pagata
per il 40% da chi guadagna meno di 50mila euro. La fascia che contribuisce di
più in percentuale è quella dei 4,3 milioni di italiani che dichiarano tra
29mila e 35mila euro, cioè 2.500 euro lordi al mese, tredicesima e
quattordicesima incluse. Una condizione ben lontana dall’agio evocato dalla definizione
“ceto medio”.
Il 37,98% dei
contribuenti dei primi scaglioni paga invece solo l’1,19% dell’Irpef.
Oltre 1,1 milioni di persone denunciano un reddito nullo o negativo e non
pagano nulla. Poi c’è la fascia che guadagna fino a 7.500 euro lordi l’anno, in
cui si collocano 7,3 milioni di contribuenti (il 17,1%) con Irpef media di
appena 26 euro a testa. Tra i 7.500 e i 15mila euro lordi ci
sono altri 7,7 milioni di persone, il 18% del totale, con imposta media di 296
euro l’anno. Aggiungendo anche i 5 milioni che dichiarano da 15mila a 20mila
euro l’anno lordi, che versano in media 1.311 euro pari al 4,55% del totale, si
arriva al 49,9% dei contribuenti, che versano nel complesso
solo il 5,64% dell’intera Irpef.
Alla sommità
della piramide ci sono invece 145mila che denunciano
oltre 200mila euro, su cui ricade il 10,7% dell’Irpef. La quota è
importante, ma il fatto che quei contribuenti siano appena lo 0,34% del totale
(e il numero comprende anche gli autonomi fuori dal perimetro della flat tax)
segnala l’altra grande anomalia del sistema: l’evasione diffusa in tutte le attività
economiche, testimoniata dai voti di affidabilità fiscale delle partite Iva soggette agli
indici ad hoc dell’Agenzia delle Entrate.
“Malgrado il
miglioramento di Pil e occupazione il 43,15% degli italiani non ha
redditi e, di conseguenza, vive a carico di qualcuno”, ha
commentato Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e
Ricerche Itinerari Previdenziali, presentando alla Camera lo studio realizzato
con la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità.
“Sono invece 1.184.272 i soggetti (in aumento di oltre 170mila unità sullo
scorso anno) che denunciano un reddito nullo o negativo, non pagando quindi né
tasse né contributi”. Un quadro che rende sempre più complicato finanziare
il welfare. “Da troppo tempo”, sostiene Brambilla, “lo Stato
italiano pare poggiarsi sul pericoloso binomio ‘meno dichiari e più avrai dallo
Stato’ che, in assenza di controlli e combinato a un eccesso di
assistenzialismo, incoraggia elusione e lavoro nero. Giusto aiutare chi ha
bisogno, così come garantire a tutti diritti primari, ma, al tempo stesso, non
si può trascurare quanto queste cifre siano verosimilmente gonfiate da economia
sommersa ed evasione fiscale per le quali primeggiamo in Europa: è
davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa di 10mila
euro lordi l’anno”.
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