Il gioco d’azzardo online fa gola a chi ricicla: i Monopoli rendano pubblici i controlli - David Gentili
La notizia è
del 16 luglio scorso. La riporta Jamma, sito italiano di informazione che
promuove ogni tipo di gioco d’azzardo, offrendo notizie e
informazioni tecniche e fiscali. “Boomerang Partners annuncia con orgoglio il
primo anniversario della partnership strategica con il leggendario AC Milan”.
“Tra i
traguardi principali – si legge ancora – la cerimonia della seconda edizione
dei Golden Boomerang Awards 2025 tenuta nello storico stadio di San
Siro a cui hanno partecipato leggende rossonere come Andrea Pirlo,
Serginho e Massimo Ambrosini”. Boomerang è riuscita a stringere un accordo con l’Ac Milan nel luglio 2024 come partner ufficiale per le
scommesse, nonostante si trovasse già nella lista nera dell’Agenzia delle
Dogane e dei Monopoli. Maria
Maggiore e Maxence Peigné, giornalisti di Investigate Europe, lo
scrivevano già il 10 marzo scorso su Il Fatto in edicola: “Tra
i più grandi progetti sviluppati da Soft2bet c’è Boomerang, che le autorità di
almeno sei paesi, tra cui Italia, hanno classificato come non autorizzato”.
Questo è un
ulteriore segnale che la forza economica del gioco online sta straripando e
in pochi riescono a resistere al suo fascino. E non c’è, per il momento, una
reazione di massa, sdegnata, che possa porre fine a pratiche al limite della
legge e comunque inaccettabili. Per il sito giocoresponsabile.info per
il 2025, si prevede una spesa di oltre 160 miliardi di euro,
proseguendo la tendenza al rialzo. I giochi a distanza raggiungono una
percentuale pari circa al 58.5%.
Il 18
dicembre dell’anno scorso l’Adm (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) ha
pubblicato l’avviso relativo alla procedura per l’affidamento in concessione
dell’esercizio e della raccolta del gioco d’azzardo online. I giochi pubblici
di cui all’articolo 6, comma 1, lettere da a) a f) del decreto legislativo 25
marzo 2024: tutti i tipi di scommesse, anche su eventi simulati; giochi di
abilità e di sorte, inclusi i giochi di carte e il bingo. Hanno potuto
partecipare società che hanno sede legale, ovvero operativa, in uno degli Stati
dello Spazio Economico Europeo.
Già
quel ovvero lascia aperto un campo vastissimo. Il
campo aperto degli investitori globali sul gioco online. Investitori spesso
radicati nei paradisi fiscali e di opacità. Là dove la trasparenza non esiste e
le scatole societarie si moltiplicano per allontanare il più possibile
l’investitore dall’investimento. Ne avevo già parlato nel post dedicato alla vendita dello stadio San Siro. Spesso sono singole parole che
determinano l’innalzamento e l’abbassamento dell’asticella dei controlli contro
il riciclaggio globale. Il riciclaggio delle organizzazioni criminali/mafiose,
delle grandi economie criminali e dei grandi evasori internazionali.
Nell’avviso
di Adm viene sottolineato che entro 35 giorni dalla proclamazione delle
concessioni avvenuta a metà settembre scorso, bisogna produrre la
documentazione prevista all’articolo 23, delle Regole Amministrative. Entro
il 22 ottobre, quindi, tutte le 46 società ammesse dovranno
presentare dichiarazione sostitutiva di certificazione ai
sensi del Dpr 28 dicembre 2000, n° 445 in ordine ai soggetti sottoposti alla
verifica antimafia. Le richieste sono importanti. Si richiedono i nomi dei soci
persone fisiche che detengono indirettamente una partecipazione al
capitale o al patrimonio della società concessionaria superiore al 2%;
il nome e cognome del fiduciante o del trustee per le società
fiduciarie o di trust e i nomi dei soggetti che risultano poter determinare in
qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa.
Quest’ultimo
passaggio è il più complicato e potrebbe essere fraintendibile. Non
si usano i termini perentori della normativa antiriciclaggio europea.
Che, essendo norma, ha una giurisprudenza di tipo amministrativo che la
interpreta, certa e definita. Nel Dlgs 231 del 2007 si parla di titolari
effettivi come quelle persone cui, in ultima istanza, è attribuibile il
controllo della società in forza del controllo dei voti anche grazie
all’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare
un’influenza dominante. Articolo 20.
C’è un altro
elemento che bisogna qui sottolineare. L’Adm riceverà l’autocertificazione dei
nomi e delle società socie, dei rappresentanti legali e dei dirigenti, ma non
è obbligata a fare l’adeguata verifica dell’identità delle persone
citate, chiedendo deleghe e documenti ufficiali, verificando attraverso società
private, il rischio riciclaggio degli stessi. E’ una Pubblica Amministrazione e
non potrà farlo. Come i Comuni, le Regioni e le Asl. Non come le banche che
sono invece obbligate all’adeguata verifica del cliente e le stesse
concessionarie del gioco d’azzardo che dal 2017, su impulso europeo, sono
obbligate a controllare chiunque apre un conto online presso di loro e
segnalare operazioni sospette a rischio riciclaggio. E’ vero che le
concessionarie del gioco segnalano operazioni sospette più dei commercialisti e
come i notai. E questo dato è in crescita: 9.200 nel 2022, 12.000 nel 2.023;
9.547 nel 2024; 6.433 nei primi sei mesi del 2025.
Bisogna però
ricordarsi che possedere una concessionaria del gioco online è perfetto
per chi ricicla o vuole aiutare un riciclatore. Basterà inventarsi
puntate vincenti per ripulire denaro sporco senza segnalare chi, prestanome o
mafioso o evasore, aprirà un conto senza avere alcuna possibilità credibile di
avere legalmente tutto quel denaro che poi punterà. E’ per questo che il gioco
d’azzardo fa gola alla mafia ed è utile possedere un concessionario online. Si
intercetta la dipendenza e si incontrano persone fragili, ricattabili,
usurabili e si ricicla. Si ricicla tanto e facilmente. Per questo quei
documenti che entro la prossima settimana giungeranno in Adm dovranno essere
letti con attenzione. E soprattutto resi pubblici.
Il gioco d’azzardo
smuove il 7% del Pil, ma la ludopatia distrugge le famiglie: lo Stato da che
parte sta? - Giuseppe
Pignataro*
Fin dall’antichità
l’uomo ha tentato la sorte gettando dadi e monete, affidando i propri destini a
quella dea bendata che i Romani chiamavano Fortuna. Il
filosofo Blaise Pascal, riflettendo
sulla fede, formulò il celebre ‘pari’ in cui scommettere su Dio era la scelta
razionale: un azzardo metafisico per la salvezza dell’anima.
Oggigiorno milioni
di persone continuano a scommettere non sull’eterno, ma sul quotidiano: giocano
denaro nella speranza di un colpo di fortuna che cambi la vita. Come osservava
Fëdor Dostoevskij, che della febbre del gioco soffrì in prima persona, la
roulette e le carte possono diventare prigioni esistenziali,
dove l’uomo sfida sé stesso oltre che il caso.
Questa speranza,
spesso, attecchisce più forte dove prosperano l’incertezza e il disagio. Non a
caso “si gioca di più al Sud”, come rivela un recente dossier (Libro Nero della
Cgil/FederConsumatori), a conferma dell’‘idea illusoria’ che una
vincita possa risolvere, in un colpo solo, i propri problemi economici.
L’azzardo diventa così l’ancora di salvezza per chi si sente ai margini: un
tentativo di rivincita sociale ed esistenziale. Ma è
un’ancora che spesso trascina a fondo. Lo Stato italiano, dal canto suo, si
trova coinvolto in questo complesso gioco di luci e ombre: da un lato
legislatore e arbitro morale, dall’altro beneficiario fiscale di
un settore in continua espansione. Un dualismo che pone serie domande etiche e
politiche.
I numeri del gioco
d’azzardo in Italia hanno raggiunto proporzioni impressionanti, delineando
un vero paradosso economico e sociale. Secondo il Rapporto Eurispes 2025, nel 2024 gli italiani hanno
giocato oltre 157 miliardi di euro tra slot,
scommesse, lotterie e altri giochi. È il mercato più grande d’Europa, superiore
a quello di Regno Unito, Germania e Francia. In termini macroeconomici,
significa che l’azzardo smuove circa il 7% del Pil nazionale –
una cifra enorme, 20 miliardi in più di quanto lo Stato spende per l’intero
Servizio Sanitario Nazionale. Su questo la spesa pro capite per ogni cittadino
maggiorenne ha toccato i 3.137 euro l’anno.
Dietro questa
massa di denaro si nasconde però una realtà amara: oltre
21 miliardi sono le perdite nette dei cittadini nel 2024, pari al reddito annuo
di 1,15 milioni di lavoratori medi, finiti in parte nelle casse degli operatori
dell’azzardo e in parte allo Stato sotto forma di imposte. Ed ecco il
paradosso: nonostante la febbre del gioco continui a salire – la raccolta è
aumentata di oltre il 500% in vent’anni – le entrate
fiscali per l’erario crescono molto meno. In pratica lo Stato incassa solo
‘briciole’ rispetto al fiume di denaro giocato: una percentuale esigua (intorno
al 7% del giocato totale), tanto che è stato detto provocatoriamente che l’azzardo somiglia a una ‘tassa occulta sui poveri’, più
che a un contributo equo al bene comune.
E il danno non è
solo finanziario: cresce il numero di persone affette da ludopatia,
la dipendenza patologica dal gioco, con gravi ricadute personali e familiari.
In Italia si stimano circa 1,5 milioni di giocatori problematici e almeno
400mila giocatori patologici conclamati. Il costo sociale – in termini di cure,
sostegno alle famiglie indebitate, perdita di produttività e contrasto
all’usura – è difficilmente quantificabile, ma certamente erode qualsiasi
beneficio fiscale derivante dall’azzardo.
Serve allora una
riflessione profonda sul ruolo dello Stato e sui valori che si intendono
perseguire. Parlare di etica pubblica, di virtù e vizio, di libero arbitrio e
responsabilità, significa infatti riportare la questione del gioco d’azzardo
dal piano delle percentuali a quello dei principi. Significa chiedersi se la
Fortuna, come cantava Virgilio, è davvero ‘cieca’ o se non abbia piuttosto le
bende messe ad arte da chi ci guadagna. E significa
inoltre riconoscere che dietro ogni statistica c’è un dramma umano:
la pensionata che sperpera la minima al bingo, il disoccupato che si indebita
sperando nel colpaccio, la famiglia che si sgretola attorno
a un tavolo verde.
Uno Stato giusto
non può voltare lo sguardo di fronte a queste sofferenze, né tantomeno
sfruttarle come fonte di reddito. La politica – intesa nel senso più nobile,
come cura della polis – deve avere il coraggio di porre
limiti al mercato quando questo divora la dignità delle persone.
Regolamentare, educare, prevenire: sono queste le scommesse vincenti che una
democrazia matura è chiamata a fare. In gioco, è il caso di dirlo, non c’è solo
il denaro, ma la visione di società e di futuro a cui aspiriamo. E in questa
partita, per una volta, sarebbe bello che a vincere fossero i
cittadini comuni, non il banco. Le vite e il bene comune, non la dea
bendata.
*Professore
Associato di Politica Economica – Università di Bologna
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