Il Consiglio europeo seppellisce l’ambiente in nome della Competitività, la nuova parola magica di Bruxelles che segue quella di Riarmo. Da quando Von der Leyen ha lanciato le prime proposte di riarmo, la frenata è arrivata in forma ufficiale e solenne, da parte del Consiglio europeo, che riunisce i capi di stato e di governo Ue. L’Italia tra i promotori della svolta.
Meno vincoli per le imprese e più
veleni nell’aria
«L’Europa accelera sulla competitività per frenare sul Green deal», la
sintesi di Andrea Valdambrini. Perché l’Europa economica è nei guai ma il
sostegno armato all’Ucraina non si tocca e neppure in neo patriottismo
riarmato. Prima i conti reale della spesa con Zelensky dove, la politica
‘creativa’ scopre che non si possono rubare i soldi del tesoro russo che Mosca
aveva depositato soprattutto nelle banche belghe, avverte il governo locale.
Acquisito di essere al verde, il taglio definitivo alla già asmatica politica
verde dell’Unione, perché serve più competitiva per armarsi meglio.
Precondizione competitività, scrivono 19 dei 27 (Italia in testa), è la
‘semplificazione legislativa’. Come chiesto/preteso da Trump mille volte.
Europa americana.
Addio favola ambientale. Ma
l’obiettivo del 90% di riduzione delle emissioni rispetto al 1990 entro il 2040
resta sulla carta. Per salvare almeno le apparenze.
Interessi nazionali anche sulla
salute
E ‘l’Europa
del fare’ promette mezzi definiti ‘pragmatici e realistici’, nel perseguimento
degli ‘obiettivi climatici’. Ovviamente sulla base della «situazione della
competitività globale». Primo ‘sconto’ dedicato all’ «automotive» dove
l’Italia, di sponda con la Germania, cerca uno spiraglio sull’utilizzo dei
biocarburanti. Bisognerà però convincere Francia e Spagna, esplicitamente
contrarie a ogni deroga. E la Commissione media al ribasso con lo spettro
dell’aumento dei prezzi di carburanti ed ene-rgia. Poche voci contro ed esterne
ai governi. «Siamo di fronte al più grande attacco di sempre contro il Green
deal», denuncia Bas Eickhout, europarlamentare olandese e leader dei Verdi
europei che accusa l’Ue di «consegnando le chiavi del futuro delle tecnologie
pulite alla Cina».
Ma l’aula europarlamentare ribolle
Mercoledì
nell’Aula di Strasburgo si sono coalizzati i malumori dei progressisti, messi
di fronte al ‘flirt tra popolari e destre’. Quasi un matrimonio. Un voto
ha respinto di misura due direttiva di ‘sconto ambientale’. Immediata
reprimenda dal leader Ppe Weber e del cancelliere tedesco Merz, mentre la
presidente del Parlamento europeo Metsola –invece di tutelare l’assemblea
simbolo della democrazia popolare europea, ha promesso un voto di riparazione:
«È nostro compito mantenere gli impegni». ‘Nostro’ di chi e impegni verso chi?
Oltre all’inciampo organico ‘baltico’ nella Commissione, ora anche la splendida
e minuscola isola di Malta.
Neo ambientalismo alla Salvini
Per Luca
Martinelli «Basta forse leggere le parole di Matteo Salvini per capire perché
il Green Deal europeo è sotto attacco». E con la sintesi proverbialmente
moderata elenca in vero GreenDeal leghista. «Il ponte sullo Stretto, l’alta velocità
ferroviaria, la Tav o il Tunnel del Brennero o la Napoli-Bari sono il
GreenDeal. Non le idiozie di Bruxelles». Idiozie precedenti, non queste ultime.
A massacrare certi ‘buoni propositi’ è stata la stessa maggioranza, in
particolare il Partito popolare europeo, alla rincorsa certi consensi
elettorali.
Ad esempio
far saltare i vincoli per la riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030, «Il
che significa che continuerà l’uso di sostanze chimiche nocive, perpetuando un
pesante costo per la salute umana, l’ambiente e l’economia», avverte il
Corporate Europe Observatory.
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