giovedì 23 ottobre 2025

Repubblica Dominicana: il massacro del prezzemolo - David Lifodi

Tra il 28 settembre e l’8 ottobre 1937 si consumò il massacro degli haitiani in Repubblica Dominicana ordinato dalla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo in un’operazione di pulizia etnica considerata da molti storici come un vero e proprio genocidio.

  

Pesíl e perejil sono due parole utilizzate per indicare il termine prezzemolo. Il primo viene utilizzato in lingua francese, il secondo in spagnolo ed è proprio basandosi su questa distinzione che il dittatore dominicano Rafael Leónidas Trujillo si rese responsabile, tra il 28 settembre e l’8 ottobre 1937, di una vera propria pulizia etnica ai danni della popolazione haitiana residente nel suo paese.

Il cosiddetto “massacro del prezzemolo”, ancora sconosciuto ai più, provocò tra le 20.000 e le 30.000 vittime. L’ordine di uccidere fu dato dopo che ai cittadini haitiani veniva presentato dall’esercito dominicano un mazzo di prezzemolo che, inevitabilmente, gran parte di loro, riconosceva utilizzando il termine francofono. In questo modo l’esercito di Trujillo riconosceva facilmente gli haitiani poiché non conoscevano bene la lingua spagnola preferendo utilizzare termini francesi con i quali avevano maggior dimestichezza e questo rappresentò per loro una automatica condanna a morte.

Il “massacro del prezzemolo”, ritenuto da molti storici un vero e proprio genocidio perpetrato ai danni della popolazione haitiana, fu compiuto dai militari dominicani con le armi fornite dagli Usa e a ben poco servì, successivamente, il tentativo di Franklin Roosvelt di pulirsi la coscienza offrendo al regime trujillista un prestito da 750.000 dollari per pagare gli indennizzi alle famiglie degli uccisi che peraltro Trujillo distribuì solo in minima parte: solo 2 centesimi di dollaro a ogni famiglia sopravvissuta.

Al massacro degli haitiani parteciparono non solo gli uomini dell’esercito, ma anche delinquenti comuni fatti uscire dalle carceri e utilizzati per il lavoro sporco, lo sterminio di donne, bambini e anziani i cui corpi furono nascosti in fosse comuni o gettati nel mare e nei fiumi nell’ambito della politica di blanqueamiento imposta da Trujillo che, non contento della pulizia etnica e dell’espulsione degli haitiani sopravvissuti dal suo paese, si adoperò anche per promuovere l’arrivo nella Repubblica Dominicana di migranti europei, ovviamente di pelle bianca.

La mattanza degli haitiani si verificò per via dell’arrivo di molti di loro nella zona di confine tra Repubblica Dominicana e Haiti e seguito delle lotte per conquistare l’indipendenza rispettivamente da Spagna e Francia e alla definizione assai incerta della frontiera tra i due paesi nonostante il trattato siglato da entrambi gli stati nel 1929.

A seguito del massacro, la dittatura di Trujillo fece di tutto per nascondere le proprie responsabilità e far credere ai dominicani che quanto accaduto potesse essere derubricato a sconti di scarso rilievo tra i campesinos residenti sul confine tra i due paesi.

Trujillo, che rimase al potere dal 1930 al 1961, utilizzò gli haitiani come capro espiatorio a causa del prolungarsi della crisi economica del 1929, quando quest’ultimi cercarono di oltrepassare la frontiera per iniziare le loro attività di commercio in Repubblica Dominicana e lavorare nelle piantagioni di zucchero.

Inoltre, lo sterminio degli haitiani fu fortemente voluto da Trujillo per eliminare dall’isola ogni traccia della cultura haitiana senza alcun interesse, da parte del dittatore, di far integrare la cultura haitiana con quella dominicana, in realtà complementari. La cosiddetta desnacionalización haitiana finì per coinvolgere gli stessi dominicani, a loro volta discendenti, in alcuni casi, degli stessi haitiani, approfittando anche del silenzio complice degli Stati Uniti.

Ancora oggi, la vita degli haitiani in Repubblica Dominicana, continua ad essere agra, vittime dell’estremo sfruttamento nelle piantagioni di canna da zucchero, dell’estrema povertà e delle condizioni di degrado nei bateys dove vivono senza alcun diritto.

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