Secondo una stima basata su una nuova ricerca sul fondo degli oceani
potrebbero giacere almeno 14 milioni di pezzi di plastica di dimensioni
inferiori a 5 mm. L’analisi dei sedimenti oceanici fino a tre chilometri
di profondità suggerisce infatti che sui fondali oceanici di tutto il pianeta
potrebbe esserci una quantità di plastica trenta volte superiore rispetto a
quella presente in superficie.
L’agenzia scientifica del governo australiano (Csiro) ha raccolto e
analizzato sezioni di fondale oceanico prelevate in sei punti a circa 300
chilometri al largo della costa meridionale del paese, nella Grande baia
australiana. I ricercatori hanno esaminato 51 campioni e hanno scoperto che,
una volta escluso il peso dell’acqua, ciascun grammo di sedimento conteneva in
media 1,26 frammenti di microplastica. Le microplastiche hanno un diametro pari
o inferiore a 5 mm e provengono soprattutto dalla disgregazione di oggetti
in plastica più grandi.
Fermare la marea di plastica che si sta immettendo nei corsi d’acqua e negli
oceani di tutto il mondo è diventata un’enorme sfida internazionale. Secondo la
dottoressa Denise Hardesty, direttrice della ricerca alla Csiro e coautrice
dello studio pubblicato sulla rivista Frontiers in marine science, la scoperta
di microplastiche in località così remote e a profondità così elevate “dimostra
che ormai la plastica è ovunque”.
La stima
“La plastica è in tutta la colonna d’acqua”, dice Hardesty. “Questo dovrebbe
farci riflettere sul mondo in cui viviamo e sull’impatto delle nostre abitudini
di consumo su quello che viene considerato il posto più incontaminato del
pianeta”, ha detto. “Dobbiamo fare in modo che gli oceani non diventino una
grande discarica. Abbiamo un’ulteriore prova del fatto che bisogna intervenire
in modo radicale”.
Le sezioni di fondale sono state estratte a marzo e aprile del 2017 a una
distanza compresa tra 288 e 349 chilometri dalla costa e a una profondità
compresa tra 1.655 e 3.016 metri. Hardesty ha affermato che non è stato
possibile stabilire quanto fossero vecchi i pezzi di plastica, né a che genere
di oggetti appartenessero. A giudicare dalla loro forma, però, i frammenti
sembrano provenire da oggetti di consumo.
Gli autori dello studio hanno estrapolato la quantità di plastica ritrovata
nei campioni di fondale marino, e basandosi su ricerche precedenti hanno
stabilito che oggi sui fondali marini di tutto il mondo giacciono 14,4 milioni
di tonnellate di microplastiche. Questa cifra può sembrare enorme, ma secondo
Hardesty non è molto in confronto alla qualità di plastica che può finire ogni
anno in mare.
Secondo una ricerca pubblicata a settembre, nel 2016 tra i 19 e i 23
milioni di tonnellate di plastica sono finiti nei fiumi e negli oceani. In uno
studio precedente pubblicato sulla rivista Science si stimava che ogni anno
finiscono negli oceani circa 8,5 milioni di tonnellate di plastica. Secondo
un’altra ricerca, sulla superficie degli oceani galleggerebbero circa 250mila
tonnellate di plastica. Gli autori dell’ultimo studio stimano che il peso delle
microplastiche sui fondali oceanici sia tra le 34 e le 57 volte superiore al
peso della plastica in superficie.
Secondo Hardesty attualmente la maggior parte della plastica si sta
accumulando sulle coste
Hardesty ha avvertito che le stime potrebbero essere imprecise, ma si
basano sulle migliori informazioni disponibili. “Sono utili per dare alle
persone la percezione della portata e delle dimensioni del problema”, ha detto.
Secondo Hardesty però la quantità di plastica sui fondali oceanici è
relativamente bassa se paragonata a tutta la plastica scaricata nell’ambiente,
e suggerisce che i sedimenti nelle profondità marine non sono al momento il
principale luogo di deposito per la plastica. Secondo la studiosa attualmente
la maggior parte della plastica si sta accumulando sulle coste. “C’è molta più
plastica intrappolata sulla terraferma che in mare”.
La dottoressa Julia Reisser, biologa marina all’Istituto oceanico della
University of Western Australia, studia l’inquinamento da plastiche da 15 anni.
“Scoprire dove sia la plastica è una vera ossessione per la comunità delle
scienze marine”, ha affermato Reisser, che non ha partecipato alla ricerca.
Diversi metodi scientifici sono stati necessari per comprendere il
potenziale impatto della plastica sull’ambiente oceanico. I pezzi di plastica
più grandi possono intrappolare gli animali, mentre le microplastiche e i
pezzetti di plastica più piccoli possono essere ingeriti da una grande quantità
di specie, dal plancton alle balene.
Secondo Reisser, questo nuovo studio ha rappresentato un importante
contributo alla ricerca globale. La speranza è che i dati sulle profondità
marine al largo dell’Australia possano essere combinati con altri studi
compiuti in tutto il mondo per avere un quadro più completo. “Penso che la
destinazione finale della plastica siano le acque più profonde, ma siamo ben
lontani da un punto di equilibrio”, ha detto. “Se potessimo viaggiare in avanti
di mille anni nel futuro, vedremmo quella plastica lentamente frantumata e
rimossa dalle nostre coste”.
A settembre i leader di oltre settanta paesi hanno sottoscritto un impegno
volontario a rallentare la perdita di biodiversità. Uno degli obiettivi è
fermare l’immissione di plastica negli oceani entro il 2050. Tra i paesi che
non hanno sottoscritto l’impegno ci sono Stati Uniti, Brasile, Cina, Russia,
India e Australia.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian.
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