Lì dove è stato sgomberato un palazzo occupato da decine di famiglie e il centro sociale XM24, apre a Bologna lo studentato per ricchi. Uno dei più emblematici processi di vampirizzazione dei quartieri popolari.
Nel 2018 questo volantino del centro sociale XM24 era appeso sui muri delle
strade di Bologna. Parlava di un certo Student Hotel, uno studentato per ricchi
che avrebbero costruito al posto dell’Ex Telecom, in Bolognina, il quartiere
popolare sottoposto negli ultimi anni a un’operazione di riqualificazione
(leggi gentrificazione).
L’edificio è quello dove fino al 2015 vivevano centinaia di famiglie in una
delle occupazioni più grandi e vivaci della città. Una comunità di circa
trecento persone di nazionalità diverse, con bambini, anziani e disabili, che
il 20 ottobre 2015 è stata svegliata dalla polizia e scaraventata in strada
senza troppi complimenti.
Poi in quel palazzo vuoto sono arrivate le guardie giurate a controllare
notte e giorno. Successivamente anche XM24, che si trovava poco più avanti, è
stato sgomberato. Nell’agosto del 2019 un’altra comunità dal basso, punto di
riferimento storico nel tessuto sociale della città, è stata spazzata via dopo decenni di attività e radicamento nel
quartiere. E adesso siamo arrivati alla vigilia dell’apertura dello Student
Hotel.
Come documentato nella dettagliatissima inchiesta di Wolf Bukowski pubblicata su Giap nel
luglio del 2018 e intitolata appunto The Student Hotel, lo studentato
per «creativi» che vampirizza i quartieri popolari, la scelta di
quell’edificio non è stata casuale ma figlia di una precisa volontà politica.
Il fondatore e amministratore delegato Charlie MacGregor infatti, in una
conferenza stampa, ha dichiarato apertamente: «Non solo ne eravamo al
corrente, ma diciamo che questo è quasi il motivo principale per il quale
abbiamo scelto proprio quella location […] conosciamo la brutta
storia [dell’ex-Telecom] ma non ci interessa, ci interessano di più le
potenzialità per il futuro […] L’edificio di per sé è bellissimo, si vede che è
stato occupato e abusato, ma con un buon lavoro di restauro e design certamente
diventerà un importante elemento di riqualificazione dell’intero quartiere».
Della catena olandese di hotel-studentati ha già parlato su Jacobin
Italia nel 2019 Carlotta Caciagli. Nel frattempo la pandemia globale,
l’arresto dei flussi turistici e l’incertezza delle lezioni in presenza
dell’università non hanno impedito di portare a termine il progetto. Con prezzi
decisamente al di sopra della media del quartiere in cui è situato, lo Student
Hotel si appresta ad aprire le sue porte ai giovani ricchi creativi di tutto il
mondo, ma non senza difficoltà e polemiche. Il primo ottobre infatti è stata
indetta dai collettivi Cua, XM24, Noi restiamo e Saperi Naviganti, quella che
doveva essere una contestazione rumorosa per «rovinare la festa»
all’inaugurazione della struttura, inaugurazione che però è stata annullata
all’ultimo momento a causa di «ritardi nelle consegne». Mentre i clienti
che avevano già prenotato sono stati sistemati in alberghi a 4 stelle gratis, i
collettivi hanno deciso di riorganizzare la protesta, secondo lo spirito del
tempo, in una «Fase 1» e una «Fase 2».
La «Fase 1» è stata appunto il primo ottobre, in cui i collettivi si sono
dati appuntamento in piazza dell’Unità, nel cuore della Bolognina, per poi
andare in corteo verso Via Fioravanti, dove sorge lo Student Hotel, esattamente
davanti ai nuovi palazzi del Comune di Bologna. Quando il corteo è arrivato
davanti alla struttura, ci sono stati momenti di tensione con chi dirigeva i
lavori del cantiere e con la Digos, lanci di uova e vernice colorata sui muri
del palazzo grigio. Macchie di vernice che probabilmente faranno piacere ai
giovani creativi e verranno subito inglobate come segno di garanzia underground dall’enorme
macchina da soldi animata da spirito neoliberista che si nutre proprio della
creatività delle stesse comunità che vengono eliminate in suo nome e invita i
suoi clienti a «essere uniti nel nome della ribellione artistica».
Il tardo capitalismo si alimenta di parole, termini, culture degli stessi
luoghi che ha contribuito a far morire per poi rivendicare quei concetti brandizzandoli e
speculandoci sopra. Come ci conferma L., un architetto che ha collaborato
con Rizoma, lo studio che cura gli interni di tutti gli
Student Hotel d’Italia, «l’idea è quella di partire da un concept diverso per
ogni città. Per esempio lo Student Hotel di Firenze aveva come tema il
Rinascimento e sul tetto è stata fatta una piscina con vista su cupola del
Brunelleschi. Per Bologna è stato scelto il tema del punk e del ‘77 proprio perché
la Bolognina è sempre stata il quartiere storico dell’underground e proprio
perché lì vicino una volta sorgevano il Livello 57 e XM24».
Come se non bastasse l’uso del marketing a dir poco imbarazzante (o cringe,
come dicono i giovani) ci sono i prezzi esorbitanti delle stanze che vanno dai
450 euro mensili per una doppia ai 700 euro per una singola. Ciò andrà a
sommarsi alla già enorme crisi abitativa causata dalla crescita sregolata
di Airbnb e dal progetto di city
branding che da anni ormai sta trasformando Bologna nella City
of Food a suon di speculazione edilizia e progetti faraonici fuori
dalla realtà, come Fico, la Fabbrica Italiana Contadina, in questo momento a grosso rischio di
fallimento.
È su questo aspetto che vertono gli slogan dei collettivi durante la
manifestazione, che denunciano come gli studenti in questo momento non hanno
spazi dove trovarsi con l’università sempre più messa alla prova dall’emergenza
sanitaria e ormai dedita solo alla didattica e agli esami, e che continua a
costare troppo alimentando disuguaglianze sistemiche che strutture come lo
Student Hotel non fanno che acuire.
Nel frattempo le famiglie sgomberate nel 2015 sono ancora in emergenza
abitativa, ovvero in alloggi pensati per una fase che doveva essere provvisoria
e durare al massimo 18 mesi. «Dal 2008 – racconta Maria Elena, avvocato
nonché ex abitante della Ex Telecom – questa città ha vissuto un’emergenza
abitativa pesante che non ha mai risolto perché utilizza soluzione palliative.
Nonostante ciò una struttura come questa viene rilevata da un magnate e
riaperta con alloggi di lusso rivolti alla clientela di una certa classe
sociale, mentre ci sono ancora migliaia di soggetti in situazioni di
marginalità quasi estrema che vengono esclusi, un’intera fetta di popolazione
ignorata, a cui non viene data una casa. Inoltre, proprio perché le strutture
in cui sono state sistemate le famiglie sgomberate hanno carattere emergenziale
(come i prefabbricati dati ai terremotati, tanto per capirci) e non hanno
l’abitabilità si creano situazioni burocratiche paradossali per cui chi ci vive
dentro, per esempio, non può richiedere il permesso di soggiorno in quanto vive
in una casa inabitabile. Una situazione illegale approntata dalle stesse
istituzioni».
La «Fase 2» della mobilitazione sarà il 15 ottobre, giorno del taglio del
nastro dello Student Hotel. Ma la cosa che fa più rumore sono le parole della
lettera scritta da una ragazzina di tredici anni che abitava alla Ex-Telecom
insieme alla sua famiglia ed è poi stata sgomberata e trasferita al Galaxy,
ironia della sorte proprio un ex-studentato. L’attore e regista teatrale Nicola
Borghesi l’ha raccolta durante il progetto Comizi d’amore.
Io, prima di venire a vivere al Galaxy stavo a Ex-Telecom, un posto dove le
persone vengono, occupano una casa e ci vivono. È una cosa illegale, ma
altrimenti le persone devono stare in strada. Anche se era un’occupazione
facevamo la vita di una famiglia normale. Solo che per me, la mia famiglia era
composta da 200 persone e c’erano moltissimi altri bambini come me: mi sentivo
una principessa nel suo castello. Giocavamo sempre insieme, c’era una scuola
per persone che non parlavano italiano, a volte si ballava anche. C’era un
giorno in cui si invitavano tutti gli amici e suonavamo insieme, inventavamo
anche degli strumenti. Il primo giorno di Ramadan alle 9 si preparava una festa
in cui venivano anche delle personcine da fuori. C’erano arabi, italiani,
cinesi, indiani, zingari e cubani. Non mi sentivo mai sola.
Il 25 settembre del 2015 alle quattro del mattino vengono a bussare, io
stavo ancora dormendo. Sentivo solo i passi delle persone che correvano. I
bambini urlavano perché si erano appena svegliati. La mamma mi dice di
preparare lo zainetto in fretta e di mettermi qualcosa e uscire fuori con lei.
Io mi sono messa il mio cappellino preferito che mi ero presa il giorno prima
per andare a scuola. E invece c’era uno sgombero. Uno sgombero? Che
cos’è?
Abbiamo chiuso le porte a chiave perché la polizia non entrasse. C’erano
persone in piedi e sedute che parlavano per organizzare la resistenza. Le donne
e i bambini dovevano andare al primo piano, gli uomini sul tetto. Io e mia
madre per sbaglio siamo finite sul tetto. La polizia ha cercato di sfondare la
porta, una signora li ha insultati e l’hanno picchiata. Lo so perché una mia
amica è sua figlia. Lei gli ha sputato e allora hanno picchiato anche lei. Noi
siamo rimasti sul tetto per altre dodici ore. Io era tranquillissima, avevo il
mio peluche. Mi dicevo: vinceremo noi è sicuro, abbiamo ragione. Io mi ero
messa davanti alla finestra col mio orso. Poi ho visto i pompieri che salivano
con le scale. Mi hanno fatta scendere per prima perché ero l’unica bambina. Ho
pensato: non può succedere veramente. I fotografi sotto mi fotografavano e mi
dicevano di sorridere. E io ho sorriso, ero innocente.
È stato il giorno più bello della mia vita, perché mi sentivo forte, come
se stessi combattendo contro qualcosa che dicevano che era illegale, ma secondo
me è legale perché quella è casa mia. Le persone che erano venute lì sotto
stavano con noi, erano orgogliose di noi. Quello è stato il giorno in cui ho
scoperto che cos’è la lotta.
Io ci sono rimasta malissimo, proprio male. Prima di andarmene ho scritto
delle parole molto brutte sul muro della mia casa. Ho scritto anche: mi avete
tolto casa mia ma non mi toglierete… non ricordo cosa ho scritto. Io quando
sono arrivata al Galaxy sono stata zitta per due giorni. Pensavano che non
avrei più parlato.
Riguardando il volantino da cui abbiamo iniziato oggi sale una profonda
rabbia. Adesso che XM24 non c’è più e l’Ex Telecom non c’è più, lo Student
Hotel aprirà. Probabilmente fallirà miseramente, come Fico. O forse no. Forse
contribuirà semplicemente a far alzare ulteriormente i prezzi degli affitti in
una città già allo stremo, a svuotare ancora di più il midollo di un quartiere
già in parte svuotato, come del resto sta succedendo in tutte le città del
mondo. Non sappiamo come andrà. Nel frattempo però The Student Hotel si
porta dietro sofferenza, distruzione e quel «nulla» contro cui si batte Xm24
dal giorno del suo sgombero.
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