venerdì 16 ottobre 2020

Lo Student Hotel e il city branding - Alice Diacono

Lì dove è stato sgomberato un palazzo occupato da decine di famiglie e il centro sociale XM24, apre a Bologna lo studentato per ricchi. Uno dei più emblematici processi di vampirizzazione dei quartieri popolari.

Nel 2018 questo volantino del centro sociale XM24 era appeso sui muri delle strade di Bologna. Parlava di un certo Student Hotel, uno studentato per ricchi che avrebbero costruito al posto dell’Ex Telecom, in Bolognina, il quartiere popolare sottoposto negli ultimi anni a un’operazione di riqualificazione (leggi gentrificazione).

L’edificio è quello dove fino al 2015 vivevano centinaia di famiglie in una delle occupazioni più grandi e vivaci della città. Una comunità di circa trecento persone di nazionalità diverse, con bambini, anziani e disabili, che il 20 ottobre 2015 è stata svegliata dalla polizia e scaraventata in strada senza troppi complimenti.

Poi in quel palazzo vuoto sono arrivate le guardie giurate a controllare notte e giorno. Successivamente anche XM24, che si trovava poco più avanti, è stato sgomberato. Nell’agosto del 2019 un’altra comunità dal basso, punto di riferimento storico nel tessuto sociale della città, è stata spazzata via dopo decenni di attività e radicamento nel quartiere. E adesso siamo arrivati alla vigilia dell’apertura dello Student Hotel. 

Come documentato nella dettagliatissima inchiesta di Wolf Bukowski pubblicata su Giap nel luglio del 2018 e intitolata appunto The Student Hotel, lo studentato per «creativi» che vampirizza i quartieri popolari, la scelta di quell’edificio non è stata casuale ma figlia di una precisa volontà politica. Il fondatore e amministratore delegato Charlie MacGregor infatti, in una conferenza stampa, ha dichiarato apertamente: «Non solo ne eravamo al corrente, ma diciamo che questo è quasi il motivo principale per il quale abbiamo scelto proprio quella location […] conosciamo la brutta storia [dell’ex-Telecom] ma non ci interessa, ci interessano di più le potenzialità per il futuro […] L’edificio di per sé è bellissimo, si vede che è stato occupato e abusato, ma con un buon lavoro di restauro e design certamente diventerà un importante elemento di riqualificazione dell’intero quartiere».

Della catena olandese di hotel-studentati ha già parlato su Jacobin Italia nel 2019 Carlotta Caciagli. Nel frattempo la pandemia globale, l’arresto dei flussi turistici e l’incertezza delle lezioni in presenza dell’università non hanno impedito di portare a termine il progetto. Con prezzi decisamente al di sopra della media del quartiere in cui è situato, lo Student Hotel si appresta ad aprire le sue porte ai giovani ricchi creativi di tutto il mondo, ma non senza difficoltà e polemiche. Il primo ottobre infatti è stata indetta dai collettivi Cua, XM24, Noi restiamo e Saperi Naviganti, quella che doveva essere una contestazione rumorosa per «rovinare la festa» all’inaugurazione della struttura, inaugurazione che però è stata annullata all’ultimo momento a causa di «ritardi nelle consegne». Mentre i clienti che avevano già prenotato sono stati sistemati in alberghi a 4 stelle gratis, i collettivi hanno deciso di riorganizzare la protesta, secondo lo spirito del tempo, in una «Fase 1» e una «Fase 2».

La «Fase 1» è stata appunto il primo ottobre, in cui i collettivi si sono dati appuntamento in piazza dell’Unità, nel cuore della Bolognina, per poi andare in corteo verso Via Fioravanti, dove sorge lo Student Hotel, esattamente davanti ai nuovi palazzi del Comune di Bologna. Quando il corteo è arrivato davanti alla struttura, ci sono stati momenti di tensione con chi dirigeva i lavori del cantiere e con la Digos, lanci di uova e vernice colorata sui muri del palazzo grigio. Macchie di vernice che probabilmente faranno piacere ai giovani creativi e verranno subito inglobate come segno di garanzia underground dall’enorme macchina da soldi animata da spirito neoliberista che si nutre proprio della creatività delle stesse comunità che vengono eliminate in suo nome e invita i suoi clienti a «essere uniti nel nome della ribellione artistica».

Il tardo capitalismo si alimenta di parole, termini, culture degli stessi luoghi che ha contribuito a far morire per poi rivendicare quei concetti brandizzandoli e speculandoci sopra. Come ci conferma L., un architetto che ha collaborato con Rizoma, lo studio che cura gli interni di tutti gli Student Hotel d’Italia, «l’idea è quella di partire da un concept diverso per ogni città. Per esempio lo Student Hotel di Firenze aveva come tema il Rinascimento e sul tetto è stata fatta una piscina con vista su cupola del Brunelleschi. Per Bologna è stato scelto il tema del punk e del ‘77 proprio perché la Bolognina è sempre stata il quartiere storico dell’underground e proprio perché lì vicino una volta sorgevano il Livello 57 e XM24».

Come se non bastasse l’uso del marketing a dir poco imbarazzante (o cringe, come dicono i giovani) ci sono i prezzi esorbitanti delle stanze che vanno dai 450 euro mensili per una doppia ai 700 euro per una singola. Ciò andrà a sommarsi alla già enorme crisi abitativa causata dalla crescita sregolata di Airbnb e dal progetto di city branding che da anni ormai sta trasformando Bologna nella City of Food a suon di speculazione edilizia e progetti faraonici fuori dalla realtà, come Fico, la Fabbrica Italiana Contadina, in questo momento a grosso rischio di fallimento.

È su questo aspetto che vertono gli slogan dei collettivi durante la manifestazione, che denunciano come gli studenti in questo momento non hanno spazi dove trovarsi con l’università sempre più messa alla prova dall’emergenza sanitaria e ormai dedita solo alla didattica e agli esami, e che continua a costare troppo alimentando disuguaglianze sistemiche che strutture come lo Student Hotel non fanno che acuire.

Nel frattempo le famiglie sgomberate nel 2015 sono ancora in emergenza abitativa, ovvero in alloggi pensati per una fase che doveva essere provvisoria e durare al massimo 18 mesi. «Dal 2008 – racconta Maria Elena, avvocato nonché ex abitante della Ex Telecom – questa città ha vissuto un’emergenza abitativa pesante che non ha mai risolto perché utilizza soluzione palliative. Nonostante ciò una struttura come questa viene rilevata da un magnate e riaperta con alloggi di lusso rivolti alla clientela di una certa classe sociale, mentre ci sono ancora migliaia di soggetti in situazioni di marginalità quasi estrema che vengono esclusi, un’intera fetta di popolazione ignorata, a cui non viene data una casa. Inoltre, proprio perché le strutture in cui sono state sistemate le famiglie sgomberate hanno carattere emergenziale (come i prefabbricati dati ai terremotati, tanto per capirci) e non hanno l’abitabilità si creano situazioni burocratiche paradossali per cui chi ci vive dentro, per esempio, non può richiedere il permesso di soggiorno in quanto vive in una casa inabitabile. Una situazione illegale approntata dalle stesse istituzioni».

La «Fase 2» della mobilitazione sarà il 15 ottobre, giorno del taglio del nastro dello Student Hotel. Ma la cosa che fa più rumore sono le parole della lettera scritta da una ragazzina di tredici anni che abitava alla Ex-Telecom insieme alla sua famiglia ed è poi stata sgomberata e trasferita al Galaxy, ironia della sorte proprio un ex-studentato. L’attore e regista teatrale Nicola Borghesi l’ha raccolta durante il progetto Comizi d’amore. 

Io, prima di venire a vivere al Galaxy stavo a Ex-Telecom, un posto dove le persone vengono, occupano una casa e ci vivono. È una cosa illegale, ma altrimenti le persone devono stare in strada. Anche se era un’occupazione facevamo la vita di una famiglia normale. Solo che per me, la mia famiglia era composta da 200 persone e c’erano moltissimi altri bambini come me: mi sentivo una principessa nel suo castello. Giocavamo sempre insieme, c’era una scuola per persone che non parlavano italiano, a volte si ballava anche. C’era un giorno in cui si invitavano tutti gli amici e suonavamo insieme, inventavamo anche degli strumenti. Il primo giorno di Ramadan alle 9 si preparava una festa in cui venivano anche delle personcine da fuori. C’erano arabi, italiani, cinesi, indiani, zingari e cubani. Non mi sentivo mai sola.

Il 25 settembre del 2015 alle quattro del mattino vengono a bussare, io stavo ancora dormendo. Sentivo solo i passi delle persone che correvano. I bambini urlavano perché si erano appena svegliati. La mamma mi dice di preparare lo zainetto in fretta e di mettermi qualcosa e uscire fuori con lei. Io mi sono messa il mio cappellino preferito che mi ero presa il giorno prima per andare a scuola. E invece c’era uno sgombero. Uno sgombero? Che cos’è? 

Abbiamo chiuso le porte a chiave perché la polizia non entrasse. C’erano persone in piedi e sedute che parlavano per organizzare la resistenza. Le donne e i bambini dovevano andare al primo piano, gli uomini sul tetto. Io e mia madre per sbaglio siamo finite sul tetto. La polizia ha cercato di sfondare la porta, una signora li ha insultati e l’hanno picchiata. Lo so perché una mia amica è sua figlia. Lei gli ha sputato e allora hanno picchiato anche lei. Noi siamo rimasti sul tetto per altre dodici ore. Io era tranquillissima, avevo il mio peluche. Mi dicevo: vinceremo noi è sicuro, abbiamo ragione. Io mi ero messa davanti alla finestra col mio orso. Poi ho visto i pompieri che salivano con le scale. Mi hanno fatta scendere per prima perché ero l’unica bambina. Ho pensato: non può succedere veramente. I fotografi sotto mi fotografavano e mi dicevano di sorridere. E io ho sorriso, ero innocente.

È stato il giorno più bello della mia vita, perché mi sentivo forte, come se stessi combattendo contro qualcosa che dicevano che era illegale, ma secondo me è legale perché quella è casa mia. Le persone che erano venute lì sotto stavano con noi, erano orgogliose di noi. Quello è stato il giorno in cui ho scoperto che cos’è la lotta. 

Io ci sono rimasta malissimo, proprio male. Prima di andarmene ho scritto delle parole molto brutte sul muro della mia casa. Ho scritto anche: mi avete tolto casa mia ma non mi toglierete… non ricordo cosa ho scritto. Io quando sono arrivata al Galaxy sono stata zitta per due giorni. Pensavano che non avrei più parlato.

Riguardando il volantino da cui abbiamo iniziato oggi sale una profonda rabbia. Adesso che XM24 non c’è più e l’Ex Telecom non c’è più, lo Student Hotel aprirà. Probabilmente fallirà miseramente, come Fico. O forse no. Forse contribuirà semplicemente a far alzare ulteriormente i prezzi degli affitti in una città già allo stremo, a svuotare ancora di più il midollo di un quartiere già in parte svuotato, come del resto sta succedendo in tutte le città del mondo.  Non sappiamo come andrà. Nel frattempo però The Student Hotel si porta dietro sofferenza, distruzione e quel «nulla» contro cui si batte Xm24 dal giorno del suo sgombero. 

da qui

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