martedì 6 ottobre 2020

I bambini e il tempo vuoto - Penny

In classe stiamo leggendo I ragazzi della via Pal, nella nostra mezz’ora d’aria in giardino, teniamo le distanze, spostiamo la mascherina, ci godiamo l’autunno e annulliamo il covid e le mancanze che porta. Al di là del fatto che i protagonisti sono tutti maschi e l’unica bambina, per ora, ha il compito di cucire una bandiera, mentre leggo, gli occhi si fanno di meraviglia e le bocche si spalancano. Le avventure di questi ragazzi, l’amicizia, le scorribande, il quadernino nero, il fortino, gli scontri con le Camicie Rosse, l’Orto Botanico, spazi liberi in cui muoversi.

Mi sono ricordata di quando ero bambina e in estate mia madre mi portava in campagna, la sera, all’interno del paese, giocavamo a guardie e ladri. Eravamo muniti di pila, paura ed eccitazione.

Durante il giorno tornavo a casa solo per pranzo e per cena, per il resto ero in giro con altre frotte di amici. Ho costruito capanne, creato banchetti, immaginato giochi. Mi sono innamorata. Ricordo le ginocchia sbucciate, le more, le spine, il senso di libertà, ricordo che gli adulti non facevano parte di quell’esperienza, era il nostro mondo, quello dei bambini e delle bambine. La fantasia galoppava e io crescevo.

Penso ai nostri bambini, a quelli del tempo del coronavirus ma anche a quelli di prima. Non hanno cortili o piazze o Orti botanici come i ragazzi della Via PAL per sfuggire al mondo degli adulti e crescere. Certo, loro ci provano ma per lo più sono sotto al controllo degli adulti, lo spazio di libertà così importante per la crescita era già ridottissimo prima del coronavirus, ora è addirittura aumentato.

Sono dentro a contenitori, sempre. Il tempo compresso in scatole: attività, impegni e così via. Ai compleanni si vedono più adulti che bambini, feste complicate e piene di spazi progettati secondo per secondo. Genitori che organizzano: trucchi, pagliacci e cose così…

Posso correre? Ti chiedono i bambini. Correre lontano da te, vorrebbero dire, dove tu non mi vedi, misurare lo spazio, sentire che posso e cosa posso, vivere la noia e la scansione del mio tempo, non del tuo di adulto.

Forse questo momento ci può aiutare a riscoprire luoghi all’aperto come i giardini, le piazzette, i cortili, luoghi in cui il controllo dell’adulto è alla giusta distanza, in cui gli adulti non intervengono nelle liti tra bambini, in cui ci sono ma non ci sono, spazio libero di crescita.

È così anche a casa, il tempo vuoto è come un testo libero. Davanti alla pagina bianca mi sforzo di capire cosa ho da dire, cosa vorrei dire, scopro chi sono.

E, allora, un consiglio da maestra e madre che non sempre è riuscita a mollare la presa: lasciate correre i vostri bambini e le vostre bambine, lasciate che girino l’angolo e per un attimo possiate sparire dalla loro vista, lasciate che i bambini e le bambine stiano tra di loro e se si lamentano, ascoltateli, ma poi che se la sbrighino.

Non imbrigliate e imbavagliate il loro tempo, oggi, mi sembra ancora più necessario.

Cosa facciamo nel pomeriggio? chiedono alle madri all’uscita da scuola. Niente. A volte questa è la risposta giusta. Dentro a quel niente ci sta la costruzione di un mondo personale enorme, la possibilità di far viaggiare la fantasia, i progetti, i pensieri.

Questo è un tempo che fa paura ma che può essere nuovo. I giardini, le stradine, le piazzette, se ci fate caso sono più vive, di nuovo abitate. A me sembra un’occasione.

I nostri bambini e le nostre bambine, a volte, a ricreazione mi dicono: non so cosa fare. Ecco, quel non so cosa fare è uno spazio importantissimo per la loro crescita.

Non riempite. Non fatelo. Permettete i vuoti e la solitudine. Non controllate tempi e cuori. Lasciate che siano bambini e bambine per davvero. Saranno adulti più felici e capaci.

Perché non sono le cose che impiliamo a dirci chi siamo, ma il tempo in cui ci misuriamo con nei stessi, quello magari difficile, a volte, complicato ma autentico.

da qui

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