Sulla legge
elettorale sarda, una risposta a Roberto Loddo - Giuseppe Mariano
Delogu
Scrivo in rappresentanza della Rete SarDegna
Iniziativa Popolare che dal mese di marzo raccoglie le firme per una proposta
di legge elettorale di iniziativa popolare incentrata sul superamento
dell’elezione diretta del presidente e l’elezione del consiglio con sistema
proporzionale.
Nel condividere le motivazioni dell’articolo a firma di Roberto Loddo vorrei osservare che quanto
affermato in esso (“Prendo atto che la tendenza dell’opinione pubblica è
decisamente orientata ad affidarsi e concentrare più poteri verso una sola
persona togliendo potere e rappresentanza al sistema dei partiti. Il popolo ha
letteralmente messo in stand-by il sistema dei partiti e si è affidato da un
lato a comitati elettorali e clientelari e dall’altro lato a degli stregoni che
sintetizzano la rabbia degli esclusi.”) sembra quasi un aprioristico
luogo comune per difendere l’ineluttabilità del presidenzialismo, come se la
legge avesse ricevuto il divino mandato dal popolo e dal quale non si possa
tornare indietro; viceversa, nel reale incontro con le migliaia di persone che
si sono fermate a discutere nei nostri banchetti, questo presunto “essere
orientati ad affidarsi” in realtà non esiste, semmai è una rassegnazione
indotta da chi ha messo il carro davanti ai buoi in nome della “stabilità” e
“governabilità”, feticci che la storia dimostra di essere re nudi.
Al contrario, nelle nostre molteplici attività di
informazione e sensibilizzazione sui temi della qualità della democrazia in
Sardegna, quando si svelano le criticità pesanti della legge in vigore e i
cittadini prendono atto dei trucchetti della legge-truffa, essi si indignano
pesantemente firmando convintamente e senza nessun rimpianto del
presidenzialismo e della sua connaturata sottrazione di democrazia.
A breve presenteremo i risultati della nostra
iniziativa che abbiamo condotto soli, senza ausilio di stampa o gruppi forti,
ma solo con l’entusiasmo civico di lavorare per un fine comune; auspichiamo
come Rete SarDegna Iniziativa Popolare che il Consiglio regionale, nella
pienezza delle sue competenze, prenda in carico il testo sostenuto dalle firme
dei cittadini sardi e ci dia una buona legge, non una qualunque, non una
semplice modifica di uno o due commi, ma quella che riporti la fiducia negli
elettori e restituisca alla Sardegna una assemblea legislativa che lo
rappresenti.
Una riflessione più generale mi induce inoltre a
sottolineare il grande equivoco in cui da anni è piombata la “sinistra” tutta
(dimentica della lezione impartita da Palmiro Togliatti alla Camera dei
deputati di lunedì 8 dicembre 1952 [1] nel suo intervento contro la
legge-truffa) accettando il principio semplificatore del presidenzialismo
come panacea dei mali del paese, e indicando nel proporzionale puro le radici
della corruzione, delle malversazioni, del cattivo governo. Così facendo la
sinistra sta alimentando la madre di tutte le leggi truffa: il premierato della
Meloni, obiettivo dichiarato e perseguito dai tempi neri della P2.
Mi chiedo: come si può sostenere la battaglia contro
il premierato in Italia se non si mette in discussione il feticcio del
“presidente solo al comando” e si spingono gli elettori a fuggire dal voto
(altro che “affidarsi ai comitati elettorali”!) creando coalizioni
artificiose per la sola matematica elettorale e non per ripristinare terreni
aperti di democrazia? Viviamo in tempi bui, direbbe Brecht, tempi di guerre
fatte senza essere dichiarate dalle autocrazie, realizzate attraverso sistemi
tecnologici e militari che la storia non ha conosciuto prima.
L’unica via per difenderci è il ripristino della
democrazia reale.
Con la raccolta di firme da parte della Rete Sardigna
Iniziativa Popolare ci rivolgiamo alle persone, direttamente, senza mediazioni
di sigle o bandiere, e ci accorgiamo che la gente è più matura di quanto alcuni
politici sostengano con affermazioni tipo “la legge elettorale è materia di
esperti, la gente non può elaborare proposte così complesse”.
Non è così. La gente risponde. Positivamente.
Giuseppe Mariano Delogu è il presidente di Rossomori
de Sardigna e referente della Rete SarDegna iniziativa popolare
[1]“nella elezione sta il germe di tutto ciò che è
veramente costituzionale, che questa è la legge matrice del libero popolo, che
se tutte le leggi fossero buone e la legge elettorale pessima in quel paese vi
sarebbe agitazione, sventura, tirannide” in L. Canfora “La trappola – Il vero
volto del maggioritario, Sellerio ed. 2019
Con la delibera n. 32/63 del 18 giugno
2025, la Giunta
regionale della Sardegna ha stanziato 3 milioni di euro, distribuiti su tre
anni, per incarichi esterni di studio, ricerca e consulenza.
Di questi, ben 300 mila euro sono destinati
specificamente alla predisposizione di un disegno di legge elettorale e della
legge statutaria. Il commento di Sardegna chiama Sardegna:
«È una decisione che pone problemi molto seri, tanto
sul piano democratico quanto su quello politico-istituzionale. Affidarsi a
consulenze esterne non è, di per sé, un errore. Ma in questo caso si tratta di
un ribaltamento della logica democratica. Si parte dalle consulenze prima
ancora di aprire un confronto istituzionale e pubblico su due temi fondamentali
come la riforma della legge elettorale e della legge statutaria.
In secondo luogo, appare l’ennesimo spreco di risorse
pubbliche. La Presidente e la Giunta dispongono già di risorse interne
qualificate: basti pensare alla Direzione Generale della Presidenza e
all’Ufficio della Presidente, con il suo ricco staff costruito grazie
alla L.R. 10/2021, la cosiddetta legge “poltronificio” ereditata da Solinas e non cancellata
o riformata.
Ancora più grave è la dilazione dei tempi. Le risorse
vengono distribuite su tre anni, segno evidente che la Giunta non intende fare
della riforma un’urgenza politica, ma piuttosto un tema da rinviare. Si ripete
così un copione già visto: diluire per non fare. Prendere tempo fino all’ultimo
momento utile della legislatura, per poi constatare – ancora una volta – che
“non ci sono più i tempi tecnici”. Un alibi, non un progetto.
Nel frattempo, però, la società sarda ha già avviato
il confronto. Il percorso “Ricostruiamo la democrazia sarda”, promosso da
un’ampia rete di forze politiche, sociali e sindacali, ha realizzato quattro
assemblee itineranti a Bauladu, Nuoro, Sassari e Cagliari, con il coinvolgimento
di centinaia di cittadini, comitati, movimenti e associazioni. Un’esperienza di
democrazia partecipata, reale, che ha messo al centro il tema della
rappresentanza politica, territoriale e di genere, e che ha prodotto contributi
concreti per una riforma della legge elettorale più giusta e inclusiva.
Ma non solo: è in corso una raccolta firme per una
proposta di iniziativa popolare promossa dalla “rete SarDegna Iniziativa
popolare”; è stata depositata in Consiglio regionale una proposta di legge di
Alleanza Verdi-Sinistra, elaborata dalla scuola di cultura politica Francesco
Cocco; Progetto Sardegna ha proposto da mesi una modifica delle soglie di
sbarramento. In generale, si discute di questi temi da anni, con autorevoli
contributi politici, accademici e civici. È inaccettabile che tutto questo
venga ignorato. La Presidente non può pretendere di decidere nel chiuso degli
uffici, né trasformare il Consiglio in un organo chiamato solo a ratificare
elaborazioni esterne. Statuto e legge elettorale non sono affari tecnici: sono
le regole del gioco democratico e, come tali, vanno costruite in pubblico, con
la voce della cittadinanza e il protagonismo del Consiglio.
Per questo chiediamo che si apra subito una
discussione nella I Commissione Autonomia del Consiglio regionale, che vengano
auditi i promotori dei percorsi già in campo, che il Consiglio riaffermi la
propria centralità e non accetti di essere esautorato.
O si cambia ora, o si rischia per l’ennesima volta di
non cambiare nulla. La democrazia non si appalta: si costruisce insieme, con
metodo, partecipazione e coraggio.»
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