Desta grande apprensione l’imposizione
di dazi sulle nostre esportazioni verso gli Usa.
Eppure, la burocrazia sanitaria impone dei veri e propri dazi, con tanto di
barriere e caselli, ai malati, ovvero le
fasce più deboli della popolazione. Li conosce bene chiunque sia entrato nel
girone infernale delle “esenzioni per patologia”.
Per ottenere uno sconto su prestazioni e
farmaci che dovranno essere prescritti per tutta la vita, i pazienti, spesso
non autosufficienti, sono costretti a trascinarsi tra parecchi “uffici
doganali”, diversi da regione a regione. Il primo passaggio è dal medico di
base, che diagnostica la patologia ma può solo spedire il paziente da uno specialista compilando una ricetta elettronica.
Superate le liste di attesa, lo specialista in genere conferma la diagnosi,
ritira la ricetta elettronica, ma chiede al malcapitato di riscrivere tutto su un
modulo cartaceo e di indicare la Asl di appartenenza.
Tuttavia il paziente difficilmente conosce
i confini di una suddivisione decisa da qualche burocrate regionale. Sulla
tessera sanitaria non c’è e sul sito del Servizio Sanitario Nazionale si
trovano spesso delle cartine mute, di quelle usate nelle scuole di una volta,
da cui dovrebbe dedurre la preziosa informazione. Neppure un programma di
intelligenza artificiale, consultato per l’occasione, risulta di aiuto.
Superata questa prima barriera, lo specialista ritira il foglio compilato dal
paziente e trasferisce tutti i dati su un pc. A questo punto stampa un nuovo modello cartaceo su cui appone
firma e timbro e invita il paziente a recarsi presso la Asl di competenza per
ricevere un certificato di esenzione.
Il (molto) paziente deve trovare l’ufficio
preposto alle “esenzioni per patologia”, che però
è seminascosto sul sito della Asl e talvolta dista chilometri dal luogo di
residenza. Qui al nostro viene richiesto di riportare su un nuovo modulo
cartaceo le stesse informazioni contenute già nei moduli precedenti, che vengono
riportate su un altro pc. Il risultato è la stampa di un altro modulo cartaceo
timbrato e firmato che deve essere restituito al medico di base, che dovrà
inserirlo nel sistema informativo del Servizio Sanitario Nazionale.
Solo a quel punto il paziente potrà
ottenere l’agognato sconto su prestazioni spesso talmente sgradevoli che solo pochi masochisti le
richiederebbero senza un motivo serio. Grazie a questo prezioso foglietto, il
medico può procedere alla prescrizione degli esami e delle medicine necessarie.
Ma non è finita qui. Per parecchie patologie croniche l’esenzione deve essere
rinnovata ogni 2-3 anni, forse confidando in qualche miracolo. Per molti
farmaci il ticket è una cifra ridicola che
spesso non è neanche arrotondata ai 5 cent, come suggerirebbe il progressivo
ritiro dalla circolazione dei nichelini da 1 e 2 cent. Invece per altri farmaci
e “presidi sanitari” è necessario recarsi periodicamente dal solito
specialista, come nel gioco dell’oca, per ottenere un “piano terapeutico” che
copre il fabbisogno di pochi mesi anche per patologie croniche (a
meno di miracoli). In ogni caso, esenzioni e prescrizioni valgono solo
all’interno dello spazio doganale della regione di residenza, come nel
medioevo.
Trascuriamo l’onere degli spostamenti e
del tempo richiesti al paziente e il costo del personale coinvolto suo malgrado
in questo gioco dell’oca, e concentriamoci sui possibili
errori commessi durante la sequenza delle trascrizioni, che
spesso comportano il riavvio della procedura e la duplicazione dei costi. Si
tratta di almeno otto passaggi e supponendo che ci sia solo l’1% di probabilità
di qualche svista ad ogni trascrizione, si verificherebbe uno stop alla
procedura in poco meno dell’8% dei casi, ovvero per un paziente ogni 12.
Immaginiamo solo per un attimo cosa
succederebbe se fossero necessari passaggi simili per effettuare un bonifico
online o un acquisto su qualche marketplace. Un errore ogni 12 transazioni
renderebbe rischioso qualsiasi scambio
elettronico e quindi tutta la new economy non sarebbe mai nata. Eppure per
ridurre burocrazia, costi e rischi di errore basterebbe che lo
specialista fosse autorizzato ad avviare
direttamente la procedura per l’esenzione, con eventuali controlli da parte
delle Asl, esattamente come avviene quando usiamo una carta di credito. Si
libererebbero parecchie risorse da impiegare
nella cura dei malati piuttosto che in questa produzione di carta a mezzo di
carta. Invece il dibattito politico sembra trastullarsi su riforme epocali che
richiedono tempi di attuazione biblici e finanziamenti colossali, ma promettono risultati incerti in termini
di efficienza e di costi.
*Economista, ha collaborato con diverse
istituzioni nazionali e internazionali e si è occupato principalmente di
finanza pubblica, comportamento di consumatori e imprese, prezzi e previsioni
macroeconomiche. E’ vicepresidente del Cerste (Centre Européen des Recherches
Socio-Économiques, Technologiques et Environnementales).
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