I segnali, abbastanza diffusi e premonitori, erano evidenti già prima, così come i segnali di un fascismo latente erano già manifesti prima nel 1922 nel suprematismo bianco, nel colonialismo muscolare, nel meccanismo repressivo delle opposizioni, nel razzismo biologico. Tuttavia, quei segnali divennero con il passare del tempo sempre più chiari e inconfutabili, ma anche condivisi dalla popolazione intera, intortata ad arte dall’apparato informativo di sistema e da quello scolastico, che lasciavano sempre meno spazio al pensiero critico e divergente.
Analogamente, al giorno d’oggi diventa palese e incontrovertibile il
diffuso processo di controllo dell’operato e dell’universo simbolico che si
costruisce nelle scuole pubbliche, nonostante questo sia stato messo
opportunamente al riparo dalla nostra Costituzione mediante il principio ella
libertà educativa e del pluralismo culturale, che non richiedono di prestare
giuramenti nei confronti di una qualche ideologia totalitaria, tirannica e
antidemocratica.
Questa premessa potrebbe essere anche sufficiente per trasmettere, da
docenti ed educatori, la nostra preoccupazione relativamente al clima che da
qualche tempo si vive nelle scuole, un clima che provammo a documentare in uno
dei momenti più cupi della nostra storia[1], cioè durante le prove tecniche di regime, ma allora c’era la pandemia e
l’emergenza sanitaria imponeva di mettere davanti a tutto, anche davanti alla
libertà soggettiva di trattamento sanitario, l’interesse collettivo e così con
lo slogan di “sorvegliare
e pulire” obbedimmo, ci vaccinammo e tornammo a scuola come
soldatini, “armati” di disinfettanti, a sanzionare comportamenti che violassero
la regola del distanziamento sociale, umano e fisico.
Ma la nostra preoccupazione si è acuita qualche tempo fa, quando un editore
poco coraggioso, il bolognese Zanichelli, non ha avuto nulla da
eccepire davanti alle intimidazioni del Governo, che ha segnalato l’anomalia in
un suo manuale e lui prontamente è ricorso alla sostituzione, al macero, alla
rimozione della pagina incriminata. Noi lo abbiamo segnalato su ROARS e poche altre
testate hanno avuto l’avventatezza di rilanciare la denuncia.
E, tuttavia, questa pratica di intervenire negli affari della scuola
mediante circolari commemorative su ricorrenze imbarazzanti, come quelle sulla
celebrazione del 4 novembre, con correzioni revisionistiche, come quelle sulle
Foibe, intimidazioni diffuse e sanzioni ad personam, come nel
caso di Christian Raimo, sta diventando una pratica abituale. E, allora, come
dice Luciano Canfora, in questi casi «è legittimo allarmarsi quando si
osservano repliche di quei comportamenti: intimidire l’opposizione con accuse
inverosimili, intimidire singoli oppositori con raffiche di querele, metter
sotto accusa o delegittimare gli organi di controllo, demonizzare i governi
precedenti ventilando “commissioni d’inchiesta” a getto continuo, monopolizzare
l’informazione (pronta, per parte sua, all’autocensura), progettare di
stravolgere l’ordinamento costituzionale. È un sistema di controllo che
potrebbe definirsi “reazionarismo capillare di massa”, facente perno su ceti
medi impoveriti, antipolitici e vagamente xenofobi»[2].
Certo, ciò che intendiamo segnalare è che questa volta, a differenza del
bolognese Zanichelli, il barese Alessandro Laterza, erede di una
storica tradizione antifascista che risale nientedimeno che alla collaborazione
con Benedetto Croce, non si è lasciato intimidire e ha sostenuto il lavoro dei
suoi autori e delle sue autrici Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi,
Carlo Greppi e Marco Meotto, storiche di professione, ricercatrici e
docenti, dichiarando «Senza ricamarci troppo: siamo nell’anticamera della
censura e della violazione di non so quanti articoli della Costituzione».
Ora, se nel caso del manuale di Zanichelli ad essere contestato dal Governo
era un passaggio in cui l’ONG Human Rights Watch riferiva di
una maggiore disposizione all’accoglienza nell’impianto legislativo del Governo
Conte rispetto a quello precedente sotto il dicastero di Matteo Salvini, in
quest’ultimo caso è abbastanza curioso il motivo del contendere con intento
intimidatorio. Ciò che si contesta, infatti, da parte
della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli nel
volume di storia per il V anno dei Licei, Trame del tempo, è
l’attribuzione di una sorta di continuità tra il fascismo e il partito al
governo, la cui direzione è affidata a Giorgia Meloni, cioè lo stesso partito
al quale la deputata Montaruli, che chiede ispezioni e accertamenti presso
l’Associazione Italiana Editori, appartiene.
Insomma, ha davvero del ridicolo questa evidenza autoaccusatoria,
se non fosse tragica dal momento che il soggetto dal quale promana è
chiaramente incapace di comprendere l’autogol commesso. Basterebbe pensarci un
attimo per mettere a nudo il cortocircuito logico e politico in cui si è
cacciata l’onorevole. Se, infatti, l’arguta parlamentare si fosse limitata a
denunciare l’estraneità del partito guidato da Giorgia Meloni da retaggi
fascisti, circostanza ovviamente improbabile giacché viene sbandierata dalla
stessa Presidente del Consiglio dei ministri[3], avrebbe semplicemente smentito gli autori e si sarebbe automaticamente
collocata lungo una linea difensiva autoassolutoria conforme
allo scopo della denuncia a mezzo stampa. E, invece, al contrario, cosa fa
l’onorevole Montaruli? Si spertica nell’intimidire in maniera fascistoide degli
storici, i quali hanno avuto l’ardire di rilevare il retaggio fascista di
soggetti politici che, del resto, rimangono incapaci di dichiararsi
antifascisti. Insomma, se intimidisci degli storici per ciò che scrivono; se
richiedi che il loro lavoro venga ispezionato, non si sa a quale titolo,
dall’Associazione Nazionale Editori; se chiedi che venga svolta una
interrogazione parlamentare sul loro operato, è chiaro che si tratta di un
atteggiamento fascistoide, rispondente ad alcune di quelle caratteristiche di
cui ci parlava Umberto Eco,nel suo Il fascismo eterno[4], in particolare
quando il semiologo tra i punti fondamentali dell’Ur-fascismo citava l’avversione
nei confronti di qualsiasi critica e la paura della differenza.
Ecco, tutti questi segnali andrebbero pur sempre collocati, non
dimentichiamolo, all’interno del quadro tracciato dalle nuove Indicazioni
Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo
di istruzione, proprio quelle in cui la storia subiva un forte
arretramento interpretativo di marca chiaramente colonialistica, circostanza,
del resto, ampiamente criticata dagli storici e, in particolare, dalla Società
Italiana di Didattica della Storia. Non a caso, proprio
su questo tema, in un Convegno CESP a Palermo dal titolo Edward W.
Said, la cultura dell’anti-colonialismo e la sua presenza nella scuola italiana avevamo
provato ad indagare tra la manualistica in dotazione nelle scuole superiori
quale fosse quella più incline ad un approccio inclusivo e meno occidentalista
e il risultato era assolutamente favorevole a Caterina Ciccopiedi,
Valentina Colombi, Carlo Greppi, Marco Meotto, Trame del tempo,
Laterza, Roma-Bari, seguito da Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci,
Vittorio Vidotto, I mondi della storia, Laterza, Roma-Bari e da
pochi altri[5].
Che i tempi siano quantomeno tenebrosi è, dunque,
piuttosto chiaro. Se poi a tutto ciò ci aggiungiamo il culto della
morte e l’ideologia della guerra, che comporta la lotta contro il pacifismo,
giacché «Il pacifismo è allora collusione con il nemico, il pacifismo è
cattivo perché la vita è una guerra permanente»[6] con conseguente militarizzazione delle scuole (Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle università), allora non si
capisce davvero di cosa debba dolersene l’onorevole Montaruli per questa
conclamata continuità storica e politica del Governo Meloni, il più a destra
della storia italiana repubblicana, con l’Ur-fascismo.
Eppure, proprio dalla storia passata noi docenti ed educatori qualcosa
l’abbiamo imparata, cioè abbiamo compreso il ruolo determinante dei
professionisti della formazione nel costruire coscienze critiche non solo
mediante discorsi e argomentazioni, ma anche attraverso azioni concrete, come
il boicottaggio, ad esempio, vale a dire la scelta consapevole di un manuale
più indipendente piuttosto che un altro più disposto ad obbedire e prono a
sostituire, a censurare, a cassare dietro indicazione del Ministero. Insomma, a
fronte di storici, storiche ed editori coraggiosi occorrerebbe altrettanto
coraggio da parte della classe docente, per non rischiare di finire come le
rane bollite.
di Michele Lucivero pubblicato su www.pressenza.com il 2 luglio 2025
[1] Ci permettiamo di rimandare a M. Lucivero, A. Petracca, Scuola
pubblica e società (in)civile, Aracne, Roma 2023.
[2] L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, Dedalo, Bari
2024.
[3] Il 23 ottobre 2022 nel discorso di investitura alle Camere, la
Presidente Giorgia Meloni afferma: «Vengo da una storia politica che è stata
spesso relegata ai margini della storia repubblicana». Opportunamente lo
storico Luciano Canfora, egli stesso querelato per diffamazione aggravata ai
danni della presidente del consiglio Giorgia Meloni (querela poi ritirata con conseguente
dichiarazione di non luogo a procedere ad parte del Tribunale di Bari nei
confronti dell’imputato), argomenta che quella storia “relegata
al margine” è proprio la storia neofascista del Movimento Sociale Italiano,
cfr. L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, cit., p. 60-61.
[4] U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano
2019.
[5] Cfr. https://cobasscuolapalermo.com/edward-w-said-la-cultura-dellanti-colonialismo-e-la-sua-presenza-nella-scuola-italiana/ per i video del
Convegno e la presentazione analitica della manualistica.
[6] U. Eco, Il fascismo eterno, cit., p. 42.
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