Ecco quello che capita spesso e volentieri nel fantastico mondo della transizione
energetica.
La produzione di energia da fonti rinnovabili è certamente auspicabile e da
sostenere, ma dipende da dove, come, se serve e a
chi serve.
Non è per niente vero che sia tutto molto green e altamente
ecosostenibile.
Nella realtà
italiana della transizione ecologica siamo
al Far West, all’accaparramento dei terreni
agricoli, all’incremento del già devastante consumo del
suolo.
Per esempio, perché non dire che la speculazione energetica, purtroppo da
anni, ha aggredito la
Tuscia: secondo dati non aggiornati, siamo di fronte a ben 51 progetti
di campi fotovoltaici presentati, in parte approvati e solo in
minima parte respinti in pochi anni, complessivamente oltre 2.100
ettari di terreni agricoli e boschi. Analogamente sono ormai
numerosi i progetti di centrali eoliche presentati o già in esecuzione.
Terreni talvolta affittati, altre volte espropriati per due soldi.
Centinaia e centinaia di ettari di terreni agricoli e boscati stravolti
dalla speculazione energetica, senza che vi
sia alcuna assicurazione sulla chiusura di almeno una centrale
elettrica alimentata da fonti fossili.
La realizzazione di questi progetti energetici snaturerebbe radicalmente
alcuni dei più pregiati paesaggi agrari della Tuscia con pesanti impatti
sull’ambiente e sui contesti economico-sociali locali. Stupisce, infatti,
l’assenza di alcuna seria e adeguata analisi preventiva sugli impatti negativi
anche sul piano economico-sociale di decine di migliaia di ettari di paesaggio
storico della Tuscia sulle attività turistiche.
La Provincia di Viterbo detiene il non invidiabile primato per il consumo
del suolo per abitante (rapporto
ISPRA sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per
residente rispetto alla
media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.
Consumo del suolo che va in direzione opposta agli obiettivi tanto decantati
della transizione ecologica.
Così il Rapporto sul
consumo del suolo 2021, predisposto dall’Istituto Superiore per la Ricerca e
la Protezione Ambientale (ISPRA):
“Transizione
ecologica e fotovoltaico, meglio sui tetti che a terra: solo in
Sardegna ricoperti più di un milione di mq di suolo, il 58% del
totale nazionale dell’ultimo anno. E si prevede un aumento al 2030 compreso tra
i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere
realizzate su edifici esistenti. Il suolo perso in un anno a causa
dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari.
Dopo la Sardegna è la Puglia la regione italiana che consuma di più con
tale modalità, con 66 ettari (circa il 37%)”.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) l’ha denunciato pubblicamente da
tempo: la Sardegna
sta per essere assoggettata a una vera e propria servitù energetica,
nel silenzio quasi assoluto.
Diventerà, grazie ai nuovi e potenziati elettrodotti di collegamento con la
Sicilia e la Penisola, una piattaforma di produzione energetica,
insieme alla Sicilia stessa.
Esporta già il 38% dell’energia
prodotta (dati TERNA
2019).
E così procedono i signori dell’energia rinnovabile.
A Villanovaforru, piccolo centro della Marmilla già teatro di
proliferazione di impianti eolici, una società energetica si è fatta
avanti per l’acquisto di una trentina di ettari di terreno agricolo attualmente
di proprietà di un anziano possidente.
Soldi rapidi, magari non molti, ma senza problemi,
proprio dove sono
sorte le uniche “Comunità Energetiche Rinnovabili”, un
gruppo di famiglie e di imprese di un territorio che si associano per produrre
e consumare energia da fonti rinnovabili, senza consumare altro suolo (nel caso
di specie si tratta di pannelli fotovoltaici su edifici comunali e scolastici).
Il sindaco Maurizio Onnis – caso più unico che raro – ha detto
pubblicamente e chiaramente alla società energetica
intenzionata all’acquisto: “non abbiamo intenzione di restare a guardare.
Faremo tutto il possibile per ostacolare l’affare e il programma conseguente.
Andatevene. Qui non siete graditi. Andatevene“.
Il GrIG è al fianco del sindaco e dell’Amministrazione comunale di
Villanovaforru.
Tanto per iniziare, buona parte di quei terreni è stata percorsa dal fuoco
nel 2014 e, ai sensi dell’art. 10 della
legge n. 353/2000 e s.m.i., vige per 15 anni il divieto di modifica
di destinazione. Quindi, fino al 2029 nessun impianto di produzione energetica
di nessun genere.
Sarebbe ora che tutti aprissero gli occhi su quello che è un vero e
proprio accaparramento su scala industriale dei terreni
agricoli ai danni delle collettività locali.
Quel land grabbing
che tanto scandalizza le anime belle se
viene fatto in Africa, ma che va bene se fatto in Sardegna. O
nella Tuscia.
Gruppo d’Intervento
Giuridico odv
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