Lunedì 8 novembre nella città di Maradi, nel sud del Niger, 26 bambini sono morti arsi vivi nell’incendio della scuola costruita con il legno e il tetto di paglia. Solo l’anno scorso una tragedia molto simile era avvenuta nella capitale Niamey.
Nel Paese il potere l’hanno loro, i commercianti di mercanzie e di vite
umane. Dalle elezioni presidenziali e legislative all’adesione alla Zona di
Mercato Africano Libero, Zlecaf in un acronimo improbabile, tutto passa dalle
mani e soprattutte dalle borse dei mercanti. Un caso particolare di
questa egemonia, che si conferma tramite scelte politiche e la dimissione in
blocco della classe intellettuale nigerina, è appunto l’ambito dell’educazione
scolastica. Lo smantellamento graduale, coerente e sistematico
dell’impianto educativo è iniziato, al dire dei più, coi ‘Piani di
Aggiustamento Strutturale’, i PAS, negli anni ’80. La batteria di misure
economico-ideologiche per ‘normalizzare’ i Paesi troppo ‘nazionalisti’ ed
autonomi rispetto alla narrazione dominante ha colpito il Niger e altri Paesi
dell’Africa subsahariana. Tra i settori colpiti si noterà la scuola.
La deriva dell’educazione formale ha gradualmente prosperato e le scuole
statali, che si erano complessivamente distinte negli anni post indipendenza,
hanno visto confiscato il loro ruolo trainante e la qualità dell’insegnamento.
Il peso delle scuole private è andato crescendo fino a costituire ciò che in
definitiva si voleva dall’inizio e cioè la creazione di una classe subalterna
di marginali che non potranno mai scalzare le élite dal potere. In
effetti i figli e i figliastri della scuola sono i figli e i figliastri della
società: alcuni nati per comandare e arricchirsi e gli altri funzionali al
sistema e ‘merce’ spendibile sul mercato globale. I figli, le figlie e
in genere la parentela delle famiglie che hanno soldi in banca e possono
viaggiare all’estero, sono mandati nelle scuole private, nelle università
private per un mondo privato agli altri, chiamati, appunto, figliastri. I
figli, le figlie, i nipoti e le cugine dei poveri, nelle scuole dello stato
dove l’insegnamento e la fatiscenza delle strutture rivelano l’abbandono
come destino quasi segnato.
Una ventina i bambini bruciati l’anno scorso in un quartiere prossimo
dell’aeroporto internazionale di Niamey e un numero ancora maggiore arso il
passato lunedì nella capitale economica Maradi, rappresentano la tragica
metafora del sistema educativo nigerino. Esso è uno specchio fedele della
società da cui è generato. Perchè, in realtà, a morire sono anzitutto i poveri,
i giovani, i bambini e il loro futuro, bruciato sull’altare degli interessi
delle classi privilegiate. Classi che commerciano e speculano su tutto e tutti,
dalla politica all’economia per garantirsi la conservazione e la trasmissione
del potere da padre a figlio. I ‘figliastri’ invece, le folle immense degli
scarti sociali, sono sacrificati agli interessi dei potenti che dispongono
delle loro vite senza alcun scrupolo. Nel Paese le classi di paglia si
calcolano a 36 mila e sono i figli dei poveri che ivi sono ospitati per
imparare a memoria che la loro vita sarà differente da quella dei figli dei
commercianti. Il governo ha recentemente decretato il divieto di usare queste
classi per i più piccoli.
Nel Paese il potere l’hanno loro, i figli dei poveri. L’incendio
delle classi di paglia di Niamey e quello delle classi di Maradi, che ha
consumato la vita di decine di bimbi e delle loro famiglie, è stata come
l’apocalisse che smaschera la violenza nascosta del sistema. Questo
gruppo di bimbi, sepolti in fosse comuni e rivestiti della bandiera nazionale,
continuano la scuola e mettono nella mani dei commercianti delle braci che mai
si spegneranno.
Niamey,
14 novembre 2021
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