I dati relativi all’anno 2020 non lasciano dubbi e la tendenza è piuttosto chiara. L’aumento della temperatura media rispetto al 1981-2010 è di 1,6 gradi centigradi, analoga a quella registrata nel 2016, l’anno più caldo dell’ultimo quinquennio. È però da tenere presente che durante quell’anno record era attiva la corrente calda de El Nino, mentre nell’anno 2020 è stata registrata una Nina, che ha un effetto rinfrescante. Rispetto al periodo preindustriale, l’aumento della temperatura è stato del 1,25%.
Le
emissioni complessive di CO2 sono aumentate del 2,3 %, malgrado la
riduzione del 7% nelle zone colpite dalla pandemia a partire dal mese di marzo
2020. Se qualcuno si era illuso che la riduzione delle attività industriali
avrebbe inciso molto sulle emissioni climalteranti, questi dati dovrebbero aver
fatto capire che l’inquinamento atmosferico è causato da una serie di
componenti che permangono attivi anche in presenza di milioni di morti e malati
in forte aumento. Nell’Artico sono state immesse nell’atmosfera 244 mega
tonnellate di C02, un terzo in più rispetto al 2019.
In
diverse regioni la situazione può essere diversa dalla media: in Europa si
registra un +0,4% nella temperatura, in Siberia invece si sono superati i 6
gradi centigradi a causa della presenza di grandi incendi. Nel Nord Atlantico si è verificato un numero
record di tempeste tropicali, mentre sul monte Fiji in Giappone le neve non è
mai stata così scarsa.
Il
ghiaccio continua a scomparire. Tra il 1994 e il 2017 il pianeta ha perso
28mila miliardi di tonnellate di ghiaccio. La banchisa artica ne ha persi quasi 8mila
miliardi di tonnellate, mentre il ghiaccio marino antartico si è ridotto di
oltre 6mila miliardi di tonnellate, e la stessa quantità è scomparsa nei
ghiacciai montani. <altre forti perdite si sono registarte in Groenlandia e
nell’Antatrtide continentale.
Le
rilevazioni via satellite confermano che lo scioglimento sta accelerando e
dagli anni ’90 è aumentato del 57%. Lo scioglimento dei ghiacci sulla
terraferma ha fatto aumentare di 35 millimetri il livello dei mari, mentre
quello dei ghiacci marini riduce la capacità di riflettere i raggi solari,
rafforzando la tendenza al riscaldamento del pianeta. Yn’altra fonte rende noto
che in India è crollato un ghiacciaio nel fiume Dhanliganga e ha invaso una
intera valle nello stato di Uttarakhand, causando 32 morti e 170 dispersi.
Ogni
tanto si sente parlare del permafrost, in italiano si potrebbe tradurre
“permagelo”, cioè un qualunque geo-materiale (detriti, terreno, roccia o
suolo), e non necessariamente con acqua ghiacciata, che si trva ad una
temperatura di 0 gradi o inferiore, per almeno due anni consecutivi.
Lo
stato superficiale di permafrost è il più sensibile ai cambiamenti climatici. E
può sciogliersi nel periodo estivo sia nelle regioni artiche che su monti più
alti di 2600 metri nelle Alpi.
Circa
la metà del carbonio organico sotterraneo del mondo si trova nelle regioni
settentrionali del permafrost, però rappresenta circa il doppio della quantità
di cabonio presente nell’atmosfera sotto forma di gas serra, biossido di
carbonio e gas metano.
Quindi
sono chiari i motivi della preocupazione che circonda lo scioglimento del
permafrost a causa del riscaldamento globale, anche perchè potrebbe rilasciare
nell’atmosfera grandi quantità di gas metano rimasto intrappolato nel terreno
per millenni.
In
Siberia il permafrost arriva anche alla profondità di 1500 metri, e questo
strato non ha subito alcun decongelamento dall’ultima era glaciale, cioè
diecimila anni fa. Sempre in Siberia, nel 2009 è stata scoperta la carcassa di
un puledro risalente molto probabilmente all’Olocene. L’altra preoccupazione
riguarda la possibilità di trovare negli strati profondi di permafrost dei
microrganismi, virus e batteri, che potrebbero anche ritornare attivi e quindi
pericolosi. Nell’agosto del 2016, nella penisola di Yamal, in Siberia, un
ragazzo di 14 anni mori di antrace e una ventina di persone furono
contagiate.
Antichi
microorganismi intrappolati nel ghiaccio e nel permafrost potrebbero in effetti
liberarsi nell’aria e riattivarsi con conseguenze imprevedibili. Nel permafrost
delle Alpi Svizzere sono stati individuati un migliaio di microorganismi, buona
parte sconosciuti.
Nei
pressi di luoghi di sepoltura siberiani è stato scoperto un virus intatto
dell’influenza spagnola del 2018 e si teme che ciò possa accadere anche per il
vaiolo o addirittura per la peste bubbonica.
Sono
disponibili dei nuovi e più accurati dati relativi alla temperatura degli
oceani, elaborati da 13 istituti di ricerca di tutto il mondo. Il contenuto di
calore complessivo dei mari è stato stimato in 21 zettajoule. Per far meglio
comprendere questa unità di misura, nota solo agli scienziati del settore, la
ricerca suggerisce di pensare a 630 miliardi di asciugacapelli tenuti accesi
per un anno. Inoltre viene segnalato che in ciascuno degli ultimi decenni il
mare è risultato più caldo del precedente e che i 5 anni più caldi sono quelli
che iniziano nel 2015. I ricercatori fanno tuttavia notare che le rilevazioni
non si sono spinte oltre i 2000 metri di profondità e che quindi queste
primi indicazioni andranno riviste man mano che saranno disponibili altri
dati, specie quelli riguardanti le correnti dei mari più profondi.
Sempre
in relazione all’anno 2020, una grande società di assicurazioni, la Munich Re,
ha reso noto il valore dei danni causati da disastri naturali, 210 miliardi di
euro, dei quali 17 in Cina, e 13 negli Stati Uniti a seguito dell’uragano
Laura, mentre il ciclone Amphan ne ha causati 14 in Thailandia,
Bangladesh, India e Srilanka. In questi calcoli non sono incluse le
vittime umane.
Gli
eventi estremi continuano a verificarsi
Nel
corso del 2020, la tempesta Chalane ha colpito il Mozambico e poi il Madagascar
e lo Zimbabwe, gli incendi in Brasile sono stati 222.798, metà dei quali in
Amazzonia, con un aumento del 12,7 rispetto al 2019, e facendo registrare
il dato più elevato degli ultimi 10 anni.
Le
frane, in genere a seguito di piogge torrenziali hanno colpito il sud della
Norvegia, Papua-New Guinea e la Colombia, mentre le valanghe si sono
verificate in Iran, con undici sciatori morti sui monti Elburz e altri in
Svizzera e a Norilsk in Russia. Dati sempre più impressionanti riguardano le
foreste, secondo il Wwf sono a rischio 43 milioni di ettari in 24 aree più
esposte, mentre sono 8400 i chilometri quadrati coperti da vegetazione
distrutti nel 2020, anche se questo dato è inferiore del 8% rispetto al 2019.
Infine, anche la barriera corallina di Taiwan è a rischio per almeno un terzo
della sua estensione a seguito del riscaldamento dei mari.
Dati
più recenti riguardanti la grande barriera corallina nel nord-est
dell’Australia evidenziano una volta di più i danni arrecati dal riscaldamento
globale, che si accompagnano a quelli legati al deflusso degli scarichi
agricoli, allo sviluppo urbano costiero e alla pesca. La lunghezza della
barriera è di 2300 chilometri, l’area coperta misura 344.400 chilometri
quadrati.
Le
specie che vivono sulla barriera: più di 3000 molluschi, 2000 spugne,
1625 pesci, 1300 crostacei, 720 tunicati, 630 echinodermi, 500 vermi, 450
coralli duri, 150 coralli molli, 133 squali e razze, più di 100 meduse, 40
anemoni di mare, 31 mammiferi marini e più di 45 specie tra insetti
marini, serpenti marini, tartarughe marine e ragni marini.
Come è
noto, i coralli sono degli animali, ogni corallo è una colonia di numerosi
piccoli polipi. Il gruupo include gli organismi costruttori, anemoni di mare e
coralli molli. I coralli producono carbonato di calcio sotto forma di calcite e
formano il tipico scheletro calcareo.
Le
barriere sono colpite da una molteplicità di fenomeni climatici. Il
riscaldamento degli oceani causa stress termico e spiancamento del corallo,
l’innalzamento dei mari aumenta le sedimentazioni e causa il soffocamento dei
coralli e ambedue questi fenomeni aumentano le malattie infettive.
Le
variazioni delle tempeste, sempre più violente e frequenti, distruggono le
strutture coralline; le variazione nelle precipitazioni aumentano il deflusso
delle acque pulite e dei sedimenti inquinanti e causano la riduzione della luce
per fioritura delle alghe e intorbidimento.
E
ancora, le modifiche nelle correnti cambiano tutti gli equilibri ambientale e
causano dispersione delle larve e carenza di cibo; l’acidificazione degli
oceani riduce il livello di ph e causa riduzione dei tassi di crescita e e
della integrità delle strutture. In sostanza i pesci della barrira corallina
danno da mangiare a miliardi persone ma la pesca eccessiva e sregolata e i
danni ambientali incidono in misura gravissima sulla sopravvivenza delle
barriere coralline.
Un
ampio articolo, apparso su Internazionale, a firma di D. Quammen, l’autore dei
testi fondamentali per la conoscenza dello “spillover”, cioè il passaggio dagli
animali all’uomo di virus come il Covid 19, descrive in modo magistrale il
ruolo dei pipistrelli, che a loro volta sono oggi colpiti da un virus per loro
letale diffuso da esseri umani.
La
dinamica delle pandemie di questo tipo dovrà essere studiata con molta
attenzione anche dopo la fine di quella che stiamo cercando di debellare da
oltre un anno e mezzo, con perdite e sofferenze che colpiscono tutte le
generazioni oggi presenti sul pianeta.
Fenomeni
economici dannosi per l’ambiente
E’
sempre impegnativo evidenziare singoli meccanismi economici che dovrebbero
essere modificati profondamente per poter finalmente cominciare a incidere su
danni che ormai da molti anni continuiamo a infliggere al pianeta. Però i dati
e le analisi resi disponibili negli ultimi tempi forniscono preziose
indicazioni, non più trascurabili.
Un
primo meccanismo da descrivere comprende tutte le produzioni di prodotti
alimentari, che contribuiscono per oltre un terzo al flusso delle emissioni
inquinanti e sulle quali sarà necessario intervenire anche in presenza di
politiche incisive sulle fonti di energia fossile (delle quali al momento non vi è traccia), poichè
scalderanno il pianeta di oltre 1,5 gradi nei prossimi 30-40 anni e di oltre 2
gradi entro il 2100. I ricercatori sottolineano il fatto che il settore
alimentare è quello che ha visto i minori interventi di cambiamento verso una
maggiore tutela ambientale, e sollecitano quindi una attenzione molto maggiore
verso questa consistente fonte di inquinamento.
Un
secondo settore finora piuttosto trascurato è quello del traffico navale, anzi
l’Agenzia dell’Onu per la navigazione marittima ha di recente autorizzato di
fatto un aumento delle emissioni del 15% nei prossimi 10 anni.
Per la
precisione, un inquinamento di queste dimensioni era la stima fatta dai
tecnici, e l’IMO l’ha portata al 14% per i prossimi dieci anni, in
pratica un via libera alla crescita del settore, che rappresenta circa il
3% delle emissioni globali.
Un
dato relativo all’anno 2018 stima in 8,7 milioni di morti le vittime dei
fossili derivati del petrolio; in Italia la cifra arriva a 89.000, circa un
quinto dei morti registrati in quell’anno, in gran parte causando rilascio di
polveri sottili.
Negli
Stati Uniti dall’inizio dell’anno, l’acqua è quotata in borsa, con la sigla
NQH20. Il prezzo base è fissato in relazione al costo dell’acqua per irrigazione
in California, in realtà è un derivato finanziarioche può essere venduto e
comprato a seconda dei livelli della siccità e della pioggia, ma può diventare
oggetto di qualunque speculazione.
Non si
può inoltre dimenticare che almeno un miliardo di persone nel mondo già oggi
soffre per la scarsità d’acqua e sono almeno otto milioni ogni anno le vittime
dovute alla carenza di acqua.
Non
possiamo nemmeno dimenticare un traffico illegale, che incide in misura spesso
sottovalutata sugli equilibri ambientali, il commercio di animali
selvatici. Secondo uno studio condotto dall’Università di Sheffield, in
Inghilterra, il mercato miliardario del contrabbando di animali selvatici è la
principale ragione dell’estinzione delle specie.
I
metodi adottati per far passare uova ed esemplari attraverso le varie dogane e
la vita spericolata di un noto trafficante, J. Zillinger, ora pentito e che sta
progettando uno zoo, sono descritti in un altro numero di Internazionale, ma
ciò che impressiona di più sono le cifre altissime di questo mercato così
trascurato.
Un
meccanismo economico e sanitario piuttosto interessante, quello dei livelli di
inquinamento di certe città, riguarda l’Italia e precisamente la città di
Brescia, seguita da Bergamo, Vicenza e Saronno. Sono comprese tra le 10 città
europee dove si muore per eccesso di polveri sottili, le Pm 2,5, che presentano
un’elevata capacità di penetrazione nelle vie respiratorie.
La
fonte è Lancet, che pubblica un rapporto sulla Salute del Pianeta 2021, che ha
elaborato i dati relativi a circa un migliaio di città europee. Da
alcuni mesi è in corso una ricerca condotta da Istituto Superiore di Sanità e e
Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente che ha lo scopo di verificare
se l’aria fortemente inquinata abbia reso il sistema respiratorio umano più
suscettibile all’infezione e alle complicazioni del coronavirus.
Continua
la corsa al litio, un materiale essenziale per le batterie delle auto
elettriche e per i Pc portatili. Si è scoperto che il Portogallo dispone di
importanti giacimenti, stimati in 280 mila tonnellate di questo metallo
alcalino. Finora il 55% degli scambi relativi proviene dall’Australia.
Metà
delle riserve mondiali si trova ad Atacama, in Cile, e una parte è anche in
Argentina, dove però i giacimenti sono in salamoia e quindi deve prima essere
eliminata l’acqua. L’Unione Europe ha deciso che cercherà di aumentare
l’offerta di litio di 18 volte entro il 2030. Si parla anche di come recuperare
il litio già utilizzato, in quanto almeno mezzo milione di tonnellate è già
impiegato in diversi settori industriali, però i costi di queste operazioni di
riutilizzo sono ancora piuttosto elevati.
Alcuni
studi hanno rivelato che la crisi climatica incide anche sulla fertilità umana,
per l’inquinamento e le radiazioni, i telefonini, l’alcool, la dieta, il fumo e
le droghe, la plastica specie in microparticelle, i pesticidi ancora largamente
utilizzati, i metalli pesanti, gli additivi e i conservanti.
La
concentrazione di spermatozoi si è molto ridotta, da 90 a 47, cioè del 52,4%.
In Italia risulta diminuità del 30%. Quindi la riduzione delle nascite, oltre
che da fattori sociali ed economici, è fortemente influenzata da meccanismi
ambientali.
Una
notizia interessante riguarda i cavi sottomarini. Sembra che il 90% dipenda da
Facebook, e quindi anche dalle grandi multinazionali della comunicazione,
mentre Google controlla il cavo Dunant tra Virginia Beach e Nantes, e Orange
sta costruendo un cavo verso l’India, attraversando l’Arabia Saudita ed
israele.
Infine,
una notizia “cosmica”. Sembra che la sparizione dei dinosauri 66 milioni di
anni fa, sia dovuta non ad un meteorite ma ad una cometa che ha colpito lo
Yucatan creando un cratere dove recenti scavi hanno scoperto della “condrite
carboniosa”, sostanza tipica delle comete.
Nessun commento:
Posta un commento