Tristemente alla ribalta negli anni dei regimi militari in America
Latina, i ‘desaparecidos’, gli scomparsi, non hanno
mai abbandonato la scena. Sono assenti come non mai nella cronaca quotidiana
del nostro tempo che ci si ostina a far passare per storia. Durante il mio
soggiorno argentino il tema della memoria era diventato cruciale e le marce per
rivendicarla erano allora poco partecipate. Nei rumorosi cortei organizzati
nella città di Còrdoba, ad esempio, c’erano più poliziotti che militanti.
Congiunti, figli, figlie, nipoti, cugini o semplicemente amici si marciava per
la memoria degli scomparsi negli anni delle repressioni militari. Per
vari Paesi dell’America Latina fu la ben nota ‘Operazione Condor’, di concerto
con la scuola economica di Chicago negli Stati Uniti, che miravano a
‘normalizzare’ l’opzione neo liberista nell’economia e nella politica. Si seppe
col tempo che esistevano liste di persone da eliminare, luoghi di tortura e i
famigerati ‘voli della morte’, nei quali gli ‘indesiderabili’ erano buttati in
mare dall’aereo, per non lasciare traccia alcuna.
L’epoca degli scomparsi, gli assenti, gli invisibili, i cancellati, in una
parola dei ‘desaparecidos’, non è terminata affatto. Appaiono e poi
scompaiono in fretta a seconda delle convenienze, delle opportunità, delle
contingenze umanitarie o semplicemente per casualità. L’importante è che non
disturbino, non diano fastidio, non mettano il discussione il sistema, non
passino il confine loro assegnato e destinato per la forza delle cose. I migranti,
i rifugiati, gli sfollati, i contadini e gli allevatori, i cercatori d’oro, i ‘talibé’, i bambini nella strada, i prigionieri, i mendicanti, le vittime della
tratta e in generale i poveri sono coloro che rappresentano questo perenne e
costante fenomeno sociale. La storia la fanno gli scomparsi, la
scrivono i vincitori e la racconta il vento alla sabbia che tutto copre e
redime. Mettiamo, ad esempio, i migranti che hanno tenuto la scena
finchè è stato necessario. Esternalizzazione delle frontiere europee, controlli
sistematici di chi osa usufruire del diritto alla mobilità, rischio di rotte
alternative, ruolo ‘paterno’ del sistema che tramite l’Organizzazione
Internazionale delle Migrazioni, rispedisce a casa i ‘volontari’ con un aiuto
per l’inserimento. Desaparecidos per sempre, si spera (salvo
rivederli l’anno seguente in transito).
Dal 1964, golpe della giunta militare in Brasile, al 1990, fine del regime
di Augusto Pinochet in Cile, le dittature sud-americane hanno assassinato e
fatto sparire circa 80mila oppositori politici.
Molti rifugiati di Paesi in conflitto armato o sociale hanno trovato asilo
nel Niger. Arrivano da Paesi confinanti e da altri più lontani per tentare di
ricostruire il presente con le macerie del passato e le speranze del futuro. Si
trovano, talvolta per anni di attesa, in case di transito, accoglienza,
smistamento, protezione o in campi adibiti per renderne più fluido l’aiuto e il
controllo. Una parte di loro arriva dai luoghi di detenzione, lavori forzati e
tortura dalla Libia, attraverso voli e ‘corridoi umanitari’ che non intaccano
in nulla le politiche che stanno alla base del fenomeno. Scompaiono
gradualmente dalla vista e dall’interesse dei non addetti ai lavori e per
esistere sono costretti, talvolta, a manifestare pubblicamente la loro
esistenza con dei ‘sit-in’ davanti agli uffici dell’Alto Commissariato per i
Rifugiati, UNHCR. Quanto ai contadini e agli allevatori, tra un
problema e l’altro legato alle terre, alle transumanze e all’uso dei punti
d’acqua, appaiono solo quando il conflitto per qualcuno degli elementi citati
conduce alla violenza armata. Allora ridiventano visibili anche grazie alle
accuse di collusioni, da parte degli allevatori, coi gruppi terrosti.
In una recente intervista, il Commissario per l’Energia e le Miniere per
l’Africa Occidentale rilevava che almeno il dieci per cento della popolazione
del Niger, Mali e Burkina Faso, dipendono dallo sfruttamento delle miniere
d’oro artigianali. Con oltre mille scavi ‘informali’ questa attività è
praticamente la metà dello sfruttamento aurifero assicurato dalle compagnie
minerarie legalmente riconosciute. I minatori, molti di essi bambini,
scompaiono nelle gallerie scavate e tenute assieme da mezzi di fortuna. Così come scompaiono
dalla vista, per abitudine, i bambini studenti di varie scuole coraniche,
mandati quotidianamente a mendicare sulle strade delle città del Sahel.
Scompaiono come i bambini che si nascondono la notte nelle strade e nei mercati
della città. Nascoste, invece, le centinaia di persone detenute in prigioni
sovraffollate, con poco cibo e assistenza sanitaria adeguata. Scomparsi
i diritti umani rimane lo spazio per la carità che, quando non cammina assieme
alla giustizia, si trasforma in ambulanza del sistema. La mendicanza
o accattonaggio è vietata per decreto ma i mendincanti esistono e diventano
visibili nei crocicchi della città profittando dei semafori o delle rotonde che
ormai fanno parte del paesaggio domestico. Le vittime della tratta,
donne in particolare, sono scomparse e non fosse per qualche volonterosa ONG
che opera fin quando il progetto è finanziato, nessuno si accorgerebbe di loro.
Quanto ai poveri, coloro che arricchiscono tanti Organismi grazie al fatto di
esserci e perpetuarsi, scompaiono quando non servono più allo scopo prefissato.
Avvenne la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du
Cazier di Marcinelle, in Belgio. Si trattò di un incendio, causato dalla
combustione di olio ad alta pressione a causa di una scintilla elettrica, che,
sviluppatosi vicino al condotto dell’aria principale, riempì di fumo tutto il
pozzo minerario, provocando la morte di 262 delle 275 persone presenti, in gran
parte emigranti italiani
Tutto queste, e ben altre non citate sparizioni, accadono perché, in
realtà, a scomparire grazie anche all’uso politico dell’epidemia COVID, sono
alcune realtà fondanti. Si tratta della pianificata e apparente
scomparsa delle classi sociali, della democrazia, della giustizia e dell’indignazione.
Queste quattro condizioni ‘desaparecidas’ sono alla base delle
cancellazioni susseguenti. Le marce della memoria indignata non hanno
per nulla terminato la loro necessaria attualità.
Niamey,
8 agosto 021, per non dimenticare i minatori di Marcinelle
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