Qui “recuperiamo gli animali acquistati durante il lockdown”, osserva un po’ malinconica Carole Retrou,
che gestisce il rifugio Chamarande (nella regione francese dell’Essonne), parte
della Società francese per la protezione degli animali (Spa). Il rifugio è
ormai pienissimo e la responsabile ha spiegato all’Afp che già a maggio del
2021 avevano ricevuto il 23 per cento di animali in più rispetto al 2019, che
era già stato un anno record, e tra loro i gatti sono aumentati del 48 per
cento.
Diciassette persone, tra cui due veterinari, si occupano di 200 animali,
per lo più cani e gatti: i cani dormono in due per gabbia e le gabbie sono
dentro aree recintate dove possono uscire, ma il centro è ormai pieno, osserva
Retrou, e per il momento non può accoglierne altri. Con un nota di disappunto
la responsabile osserva che negli ultimi due anni le persone hanno comprato
animali da compagnia per avere qualcosa da fare, ma ora che riprendono le
vacanze, tocca al rifugio occuparsi di quelli abbandonati. Nel parlamento
francese è ferma dall’inizio del 2021 una legge che dovrebbe vietare le vendite
di animali online, aiutando così le adozioni dai rifugi, e quelle dagli
allevatori.
Il 31 luglio 2021 dal canile comunale dovevano arrivare otto giovani animali
altrimenti destinati all’eutanasia, e i rifugi della Spa si sono aiutati a
vicenda per sistemarli in famiglie adottive che l’associazione seleziona
accuratamente. I cuccioli trovano più facilmente una sistemazione. Gli adulti,
che appena arrivano passano la visita veterinaria per possibili malattie e per
eventuali cure, sono meno ricercati. Del resto, in tutta la Francia tra il 1
maggio e il 23 luglio sono stati raccolti dalla Spa 11.335 animali abbandonati,
oltre il 7 per cento in più rispetto allo stesso periodo nel 2019, e come in
altri paesi il 60 per cento degli abbandoni è avvenuto in autostrada.
Negli Stati Uniti, Mona dovrà presto trascorrere un giorno o due alla
settimana da sola a casa, aspettando il ritorno di Hannah e Richard. Adottata
lo scorso marzo, non ha mai conosciuto separazioni così lunghe. Ma Hannah
Peternell, 26 anni di Brooklyn, non è preoccupata. “È già successo che sia
rimasta sola per più di un giorno. Probabilmente è annoiata, questo è chiaro,
ma può farcela”. E se il suo datore di lavoro la costringesse a tornare in
ufficio cinque giorni alla settimana? “Cambierei lavoro”, risponde decisa. Il
bassotto Tinto, residente nell’Upper West Side, a Manhattan, non è stato
adottato durante la pandemia. Ma era ormai abituato al fatto che
nell’appartamento ci fossero, sette giorni su sette, i genitori e tre figli.
“Era sabato tutti i giorni”, ricorda Rosaria Baldwin, la padrona di casa. Tanto
che il primo fine settimana in cui Tinto si è ritrovato con solo le due figlie
della famiglia, “era depresso, infelice”, dice, dispiaciuta. Ora che la casa
sta tornando al silenzio precedente alla pandemia Rosaria sta per adottare un
secondo bassotto, “così avrà compagnia”.
Per gli altri, soprattutto animali che hanno vissuto solo la pandemia, la
transizione non è sempre così facile. Molti proprietari non hanno fatto seguire
al loro giovane cane un corso di addestramento. “Alcune persone prendono un
cucciolo e pensano che sarà come il loro cane d’infanzia, che sapranno come
fare”, osserva Hannah Richter, addestratrice di cani. E un anno dopo, a volte,
“si rendono conto di avere problemi che diventano più evidenti perché gli
animali sono diventati adulti, e sono un più difficili da educare di un
cucciolo”. Ma anche i proprietari devono fare la loro parte osserva Richter. “È
abbastanza facile per me addestrare un cane”, ha detto con un sorriso. “Ma
convincere il cliente a educarlo è molto più difficile.”
Nel rifugio sulla 110ª strada a East Harlem, dopo l’ondata di adozioni
dello scorso anno, è arrivato il contraccolpo. Oggi c’è molta meno domanda,
afferma Katy Hansen, responsabile dellacomuncazione dell’associazione Animal
care centers (Acc).
Peggio ancora, molte famiglie stanno riportando i loro cani al centro, non
per la stanchezza dovuta alla pandemia, assicura la signora Hansen, ma a causa
di risorse insufficienti, dopo un anno finanziariamente difficile. “Stanno davvero
faticando, hanno perso la casa o si trasferiscono in un posto dove c’è già un
animale”, dice Hansen, che sottolinea anche che i proprietari immobiliari di
New York hanno la reputazione di essere spesso ostili a animali di compagnia.
Per diminuire il flusso dei ritorni, l’organizzazione ha messo in atto
iniziative per fornire cibo ai proprietari o pagare le cure veterinarie. L’Acc
offre anche case affidatarie temporanee, “una soluzione a breve termine per le
famiglie che attraversano una crisi”, spiega Katy Hansen, con l’obiettivo di
riavere l’animale in un secondo momento. L’anno scorso, i rifugi Acc hanno
ospitato, in media, solo cento animali (cani, gatti e conigli). Oggi sono
cinquecento. “Le persone sono vaccinate, stanno più a loro agio, sono eccitate
all’idea di uscire”, osserva Katy Hansen, “ora è il momento perfetto per
adottare un cane”.
In Italia le associazioni come l’Ente nazionale per la protezione degli animali propongono
anche l’adozione a distanza per sostenere i volontari e gli animali accolti nei
rifugi.
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