Il Sistema
Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), preposto, ai sensi della
legge n. 132/2016, al monitoraggio delle trasformazioni del territorio e della
perdita di suolo naturale, agricolo e seminaturale ha pubblicato nelle
settimane scorse il proprio rapporto, particolarmente corposo, dal titolo Consumo di suolo 2021, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Il Rapporto fornisce il quadro aggiornato dei
processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la
perdita di una risorsa fondamentale, il suolo, con le sue funzioni e i relativi
servizi ecosistemici, all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche
delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso
indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della
crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo valutazioni
sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con
particolare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate.
Come sempre,
i dati completi del consumo del suolo, dello stato di artificializzazione del
territorio e delle diverse forme insediative, degli impatti prodotti sui
servizi ecosistemici e sullo stato di degrado del suolo, sono rilasciati in
formato aperto e liberamente accessibili sul sito dell’ISPRA e del SNPA e
rappresentano uno strumento che il Sistema mette a disposizione dell’intera
comunità istituzionale e scientifica nazionale.
Alcuni dei
dati presentati sono letteralmente impressionanti.
Dal 2012 ad
oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila
quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri
cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la
pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre
milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di
macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90
miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra.
A livello
nazionale le colate di cemento non rallentano neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle
attività durante il lockdown, e ricoprono quasi 60 chilometri quadrati,
impermeabilizzando ormai il 7,11% del territorio nazionale. Ogni italiano
ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50). L’incremento
maggiore quest’anno è in Lombardia, che torna al primo posto tra le regioni
con 765 ettari in più in 12 mesi, seguita da Veneto (+682
ettari), Puglia (+493), Piemonte (+439) e
Lazio (+431). Nelle aree a pericolosità idraulica la
percentuale supera il 9% per quelle a pericolosità media e il 6% per quelle a
pericolosità elevata. Il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari
del consumo di suolo annuale si sono concentrati all’interno delle aree a
pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20
ettari in areea pericolosità molto elevata (P4) e 62 a pericolosità elevata. Le
percentuali si confermano alte anche nei territori a pericolosità
sismica alta dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato.
A livello
nazionale gli ettari consumati all’interno delle città e nelle aree produttive
(il 46% del totale) negli ultimi 12 mesi superano i 2300. Per questo le
nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di
2°C, che possono arrivare anche a 6°C in più rispetto alle aree limitrofe non
urbanizzate.
Quanto
alla transizione ecologica e fotovoltaico, nella sola Sardegna
sono stati ricoperti più di un milione di mq di suolo, il 58% del totale
nazionale dell’ultimo anno. E si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200
e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere
realizzate su edifici esistenti. Il suolo perso in un anno a causa
dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari.
Dopo la Sardegna è la Puglia la regione italiana che consuma di più con tale
modalità, con 66 ettari (circa il 37%).
E con
la logistica l’Italia perde ancora più terreno. Invece di rigenerare e
riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700
ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita. In Veneto le maggiori
trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni)
dovute alla logistica, seguita da Lombardia (131 ettari) ed Emilia-Romagna
(119).
In
sintesi il costo che l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere a
causa della perdita dei servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo tra il
2012 e il 2030 oscilla tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica
la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Se la velocità di copertura artificiale rimanesse quella
di 2 mq al secondo registrata nel 2020 i danni costerebbero cari e non solo in
termini economici.
Qui una sintesi dei dati del
Rapporto
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