Caro extraterrestre,
mi rivolgo a te dal pianeta Terra attraverso la scrittura, una tecnologia di
comunicazione semiotico-linguistica inventata dalla mia specie circa seimila
anni fa. Utilizzo questa tecnologia nella lingua francese, una variante
dialettale con cui circa 280 milioni di esseri umani possono comunicare e che,
immagino, ti è estranea. Spero tuttavia che le basi cosmologiche, biochimiche e
fisiche che condividiamo ti permetteranno di effettuare una traduzione, un
trasferimento, una traslazione del grafo capace di produrre un altro segno
decodificabile dal tuo apparato sensibile. Spero che, se non potrai leggere
questa lettera, potrai quantomeno respirarla, iniettarla, scaricarla,
assorbirla o captarla.
Perdona la mia mancanza di sottigliezza: sono soltanto un piccolo essere
multicellulare a sangue caldo la cui aspettativa di vita è tra i 75 e i 95 giri
del pianeta terra attorno al Sole, e ho una capacità cognitiva che per quanto
sia il risultato di milioni di anni di evoluzione su questo pianeta, è anche la
conseguenza (curiosa fatalità) della violenza operata dalla mia specie su se
stessa. Ciò che posso percepire, di conseguenza, non è molto. Ho cinque sensi
(alcuni dicono che siano sei) ma la maggior parte ha subìto una tale
specializzazione nel corso degli ultimi millenni che ci vedo a mala pena, ci
sento a mala pena e percepisco a mala pena. Non faccio altro che favoleggiare.
Questo perché, forse, inventare storie è il mezzo migliore e più preveggente di
entrare in contatto con te.
Con la certezza che mi dà il senso dell’invenzione, mi rivolgo a te sapendo
che sei già tra noi. Sento la tua presenza. Lontana. Intensa. Radiosa. Vicina.
Silenziosa. Nonostante l’impenetrabilità della mia coscienza, so che tu esisti.
Tutto il mio corpo lo percepisce, come essere vivente sensibile e grazie alla
raccolta di dati che mi permette la specializzazione del mio apparato cognitivo
di filosofo. Per darti un’idea ti dirò che i filosofi, esseri situati molto in
basso nella piramide sociale terrestre contemporanea, sono come idraulici del
concetto o sarti del codice: inventano nuovi apparati di rappresentazione con
cui smontano e riparano gli apparecchi di produzione di verità che non
funzionano più, o il cui funzionamento consuma un’energia eccessiva o distrugge
quelli che li utilizzano o quelli su cui vengono utilizzati. Come la sarta sa
da tempo che altri fili vengono tessuti nel cosmo, così l’idraulico sa che
tutti i tubi si collegano in un dato momento.
Ti parlo come se tu fossi una coscienza individuale incarnata in un corpo
binario, perché la tecnologia sociale della lingua francese non ammette ancora
sintassi disindividualizzanti e non binarie, ma immagino che tu non sia né
individuale né binario, che tu sia regolato da un’altra logica, da un’altra
musica, da un’altra vibrazione. Vorrei rivolgermi a te senza dover utilizzare,
per immaginarti, il rumore prodotto dalle categorie di animalità, di classe, di
razza, di sesso, di sessualità. Non vorrei utilizzare nemmeno la categoria di estraneità.
Queste categorie sono il frutto della storia della supremazia energetica e
semiotico-tecnica che la mia specie ha costruito nel corso degli ultimi secoli.
E le conseguenze di questa supremazia sono precisamente ciò di cui voglio
parlarti.
Perdonami, non ti scrivo per motivi altruisti o per costruire un’amicizia
(anche se questo regalo sarebbe splendido) ma perché le tecnologie di
estrazione, distribuzione e divisione dell’energia inventate dalla mia specie
nel corso della storia degli esseri umani (e soprattutto nel corso degli ultimi
cinquecento anni) rimettono in discussione la continuità della vita della
maggior parte delle specie terrestri, compresa (curiosa fatalità) la nostra.
Queste tecnologie di governo letali comprendono, tra le altre cose:
1.
Un sistema di produzione basato sulla distruzione, la depredazione, la
privatizzazione e l’accumulazione di risorse vitali, insieme alla produzione e
al consumo di materiali tossici. Questo sistema produttivo è stato storicamente
chiamato “capitalismo”, ma oggi si estende a quasi tutto il pianeta in un
mondo-mercato digitale senza limite.
2.
La marchiatura di una parte della specie umana attraverso tecnologie di
sfruttamento, razzializzazione o sessualizzaizone che assicurano la sovranità
energetica e semiotica di alcuni a scapito di altri.
3.
La gestione della riproduzione da parte di un sistema di classificazione
binaria e gerarchica in cui i corpi che possiedono una cavità uterina
potenzialmente riproduttiva sono sottomessi ai corpi che producono un liquido
altamente ricco di materiale genetico che chiamiamo sperma. In questo regime
qualsiasi corpo che vada oltre il binario o che minacci questo ordine semiotico
o riproduttivo è oggetto di violenza e sterminio.
4.
L’incapacità della nostra specie di stabilire relazioni simbiotiche con le
altre, preferendo sempre l’oggettivazione, il consumo e la morte alla
relazione.
Probabilmente ti starai chiedendo perché ti invito a questo festival
necropolitico. Se questa fosse la nostra unica realtà non ti avrei scritto.
Invece ti scrivo, perché noi esseri umani, per quanto assediati dalle nostre
stesse tecniche di morte, viviamo una rivoluzione. Cominciamo a capire che
dovremo operare profondi cambiamenti. Abbiamo cominciato a mutare. Per questo
motivo, e perché abbiamo bisogno di uno sguardo nuovo, se per caso avessi mai
ipotizzato di venire sulla Terra, questo sarebbe un buon momento per farlo.
Se puoi capirmi, ti chiedo di comunicare urgentemente con lo spazio umano.
A te,
un terrestre.
Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.
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