Davanti all’allarme dell’Overshoot Day 2021 [ieri, 29 luglio, ndr] è
impossibile ignorare il ruolo del cibo (al centro del pre-Vertice sui sistemi
alimentari svoltosi a Roma), i cui modelli di produzione e consumo sono
pesantemente coinvolti nel superamento dei nove «limiti planetari» individuati
dallo Stockholm Resilience Centre.
Come ha spiegato lo scienziato Johan Rockström nella tre giorni Onu, «il rischio di
destabilizzazione dell’intero pianeta è fortissimo. Quattro limiti sono già
stati oltrepassati e il sistema del cibo è parte in causa. Pensiamo al
riscaldamento del clima, alla perdita di biodiversità, alla deforestazione, a
un eccessivo uso di nutrienti che inquinano l’acqua. Se ci proponessimo di
tornare nei limiti planetari con l’attuale assetto, potremmo nutrire solo 3,5
miliardi di persone».
Strategie
Nell’ambito delle strategie globali e locali per la rivoluzione dei sistemi
alimentari urge renderli attraenti per i giovani, come sottolinea il
recentissimo rapporto «Promuovere l’impegno e l’occupazione dei giovani
nell’agricoltura e nei sistemi alimentari» commissionato dall’Onu e realizzato
da scienziati consulenti della Fao. I giovani partecipano sia ai processi
preparatori nazionali del Vertice sui sistemi alimentari (New York, settembre
2021), sia al percorso critico dei movimenti sociali e contadini che hanno
organizzato nei giorni scorsi una contro mobilitazione planetaria virtuale.
Campagne che attirano nuove braccia e menti? Dipende non solo dal reddito
ma, ad esempio, dall’investimento nella ricerca e sviluppo di attrezzature e
macchinari a energie rinnovabili, in grado di risparmiare fatica,
razionalizzare le operazioni, ridurre il consumo di materie prime, incorporare
la trasformazione. Tecnologie appropriate, adatte anche ad aree impoverite ma
non ghettizzanti.
Il presidente del Burkina Faso Thomas Sankara insistette molto, negli anni
’80, sull’essiccazione solare, per non sprecare i frutti che maturavano tutti
insieme. Sul lato del fresco, Yuma è il più economico ed ecologico sistema per
la piccola refrigerazione: scatola capiente che funziona senza elettricità, è
l’evoluzione del tradizionale «frigo africano». Il progetto Innovation
Accelerator del Programma alimentare mondiale esplora la possibilità di rendere
accessibile la soluzione idroponica (senza suolo) nelle comunità vulnerabili.
Cibi giusti
Quanto ai cibi giusti, il 2023 sarà l’anno internazionale del miglio, con
il sorgo e alcuni legumi protagonista del progetto Smart Food dell’Icrisat
(Istituto di ricerca per i tropici semiaridi): colture tradizionali in Africa e
India, ricche in micronutrienti e spartane quanto a necessità idriche. Spesso
neglette anche per un fatto di moda, a favore del mais e del riso.
La Safe Seaweed Coalition è un’alleanza internazionale che promuove le
grandi potenzialità nutritive delle piante acquatiche e delle alghe: i vegetali
del mare e non solo. Il settore cresce, ma non necessariamente a beneficio dei
piccoli produttori/raccoglitori, spesso donne.
Proteine vegetali
Sul lato dei vegetali di terra, nei giorni scorsi la Lav ha chiesto al
governo italiano di «orientare produzione e consumi verso le proteine vegetali.
E non sovvenzionare più il sistema zootecnico. Si prevede un aumento di oltre
il 50% della domanda globale di carne entro il 2050 rispetto al 2012»:
insostenibile.
Ma attenzione. Sul mercato che conta, le tradizionali proteine dalle piante
– non appetibili per i colossi e magari non gradite ai palati habitués di
grigliate e fast-food – sono quasi surclassate da due nuovi business. Le
imitazioni «realistiche» della carne (stile Impossible Meat) a base di legumi,
grassi vari, ortaggi e additivi; e la discutibile «carne coltivata» in vitro.
Pronta a sbarcare anche in Africa.
Fonte: il manifesto, 30 luglio 2021
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