Il virus del
pianeta è l’uomo delle prime file,
i banchieri,
i potenti mercanti
i più lesti
tra i politicanti.
Nelle
retrovie dell’umanità
ancora batte
il cuore,
la figlia va
a trovare la madre
e la madre
teme che la figlia si ammali,
il barbiere
di pomeriggio
non sa bene
che fare,
ora per lui
è sempre lunedì,
l’uomo che
passeggia con il cane
ha perso da
poco il fratello per un tumore,
il barista
cerca fotografie della sua giovinezza,
i fidanzati
lontani si chiamano spesso,
una signora
di Bergamo è andata al cimitero
a trovare
suo marito,
in un paese
della Sardegna c’è uno
che non sa
niente di quello che sta accadendo.
Io da
qualche giorno ho smesso di guardare la televisione.
Ieri
sera ho scritto in rete
che forse a
qualcuno poteva fare piacere
parlare con
me, visto che io ho una lunga pratica
col panico,
coi nervi accesi.
Sono
giornate lunghe, s’affacciano doni imprevisti,
restano
vecchie muffe, ma per favore niente discorsi
grandi sul
mondo che verrà e sul mondo che c’era.
Raccogliamo
il bene possibile in ogni dettaglio:
un buon
litigio, la fioraia che ha offerto i fiori
che non può
vendere, le fisarmoniche alle finestre,
il barista
in pensione del mio paese che si è fatto
una
mascherina con un pezzo di scottex casa e una molla,
il
governatore che odia chi cammina per strada,
il sindaco
di Bari che piange camminando per la sua città,
il Consiglio
dei Ministri che si interroga se il negozio
di
ferramenta vende o meno beni di prima necessità.
Ci sentiremo
bene, ma ci sentiremo anche più poveri
di
batticuore nell’Italia che verrà.
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