“Uscite
subito fuori”, sono le prime tre parole di Outside lies
magic (La magia è lì fuori), un libro pubblicato
quasi 20 anni fa dal sociologo di Harvard John Stilgoe,
ma che in questa meschina epoca di Trump, Brexit, messaggi ingiuriosi su
internet e capacità di attenzione ridotta al minimo sembrano più importanti che
mai.
È un
consiglio piuttosto banale: ci hanno sempre detto che dovremmo fare più
esercizio fisico e stare meno seduti, che un buon sistema per combattere la
depressione è andare a correre e che una passeggiata sulle colline è ideale per
la nostra salute mentale. Ma Stilgoe è inorridito da questi consigli. “Non fate
jogging”, dice. “Non correte. Dimenticatevi la pressione sanguigna”.
E non
suggerisce neanche di andare in cerca di luoghi selvaggi e maestosi. Outside lies magic parla dell’ambiente che ci
circonda: gli idranti, i pali del telegrafo, le centraline elettriche e i
ciuffi d’erba che sbucano dai marciapiedi fuori della nostra porta (l’ho
scoperto grazie alla newsletter di
Austin Kleon). Ci invita a “esplorare con curiosità lo spazio
intorno a noi”.
Abbandonare gli obiettivi
Secondo Stilgoe, ci siamo dimenticati di come si osserva il mondo, e abbiamo bisogno di “essere rieducati a fare una semplice passeggiata”.
Secondo Stilgoe, ci siamo dimenticati di come si osserva il mondo, e abbiamo bisogno di “essere rieducati a fare una semplice passeggiata”.
Nel senso
più ovvio, se passiamo tutto il weekend a guardare Netflix o incollati al
telefono, rinforzando la convinzione che il divertimento è sempre altrove, ci
perdiamo la magia di quello che c’è fuori. Ma in un senso meno ovvio, spesso
quella magia ci sfugge anche quando siamo all’aperto. Se ci alleniamo per una
maratona, andiamo al lavoro in bicicletta o controlliamo il contapassi per
sapere quanto abbiamo camminato, stiamo usando l’ambiente per i nostri scopi,
osservando solo quello che ci serve per raggiungere un determinato obiettivo.
Nei suoi
corsi sull’arte dell’esplorazione, Stilgoe lascia esterrefatti gli studenti di
Harvard rifiutandosi di dargli una serie di scadenze. “Messi davanti a un
professore che sostiene che le scadenze provocano il desiderio, a volte
l’ossessione, di ‘finire il lavoro prima possibile’, si sentono a disagio.
Adorano finire il lavoro prima possibile”.
Stilgoe, al
contrario, vuole che assimilino il materiale. Che osservino attentamente,
sollevino i vari strati della storia di una città ispezionando la vernice
scrostata sulle facciate dei negozi o le impronte lasciate dai binari
ferroviari rimossi. C’è un intero capitolo sulle staccionate. “L’ambiente
costruito dall’uomo è… un documento in cui ogni strato del testo è stato
cancellato per applicarcene sopra un altro”, ma in cui si possono ritrovare le
tracce del passato.
La disposizione d’animo
Stilgoe inveisce contro la nostra “era elettronica programmata”, ma il suo messaggio non è antitecnologico. Non sono neanche tanto sicuro che per lui quello che conta sia l’ambiente esterno. Quello che conta è la disposizione d’animo a guardare, a lasciare che la nostra attenzione sia guidata da quello che ci circonda.
Stilgoe inveisce contro la nostra “era elettronica programmata”, ma il suo messaggio non è antitecnologico. Non sono neanche tanto sicuro che per lui quello che conta sia l’ambiente esterno. Quello che conta è la disposizione d’animo a guardare, a lasciare che la nostra attenzione sia guidata da quello che ci circonda.
C’è un
aspetto sovversivo in questo, osserva, perché scardina l’interpretazione del
mondo che vogliono imporci i politici e le multinazionali per affermare i loro
interessi. Prestate attenzione, scrive, “a tutto quello che costeggia le strade
di campagna, le vie cittadine, i viali delle periferie. Camminate. Passeggiate.
Gironzolate” (oggi probabilmente si direbbe “prendete coscienza”. Stilgoe, per
fortuna evita questa espressione).
Presto vi
sentirete irrequieti e comincerete a chiedervi che senso ha. Ma il senso sta
proprio nel gironzolare in sé. Sta nel non sottomettersi all’idea che tutto
deve avere un senso.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
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