Un’altra battaglia prende forma nelle Sardegna delle mille vertenze
ambientali, sanitarie ed energetiche, quella del metano.
“No alla metanizzazione
dell’Isola, progetto nocivo e foriero di nuove servitù, sì ad un nuovo corso
energetico – da stimolare anche attraverso incentivi e agevolazioni fiscali –
basato sull’autoconsumo e la generazione distribuita da fonti rinnovabili rispetto
agli impianti di grossa taglia. Solo in questo modo sarà possibile creare reale
valore aggiunto ad impatto prossimo allo zero. E una reale indipendenza
energetica per cittadini ed aziende. Oltre a prevenire la dipendenza energetica
da altri Stati”. È questa la sintesi del comunicato con cui Coordinamento Comitati Sardi, ISDE –Medici per l’Ambiente Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna, Confederatzione Sindacale Sarda (CSS), Sardegna Pulita e Italia Nostra – Sardegna prendono
posizione sull’infrastrutturazione che comprende depositi di stoccaggio,
rigassificatori e metanodotti cui la Regione ha affidato il compito di dotare
l’Isola del gas naturale. Un programma titanico, definito “figlio di un
rivendicazionismo fuori dal tempo e della solita politica eterodiretta ad
appannaggio di terzi che farà della Sardegna un hub del metano al centro del
Mediterraneo”. “Il rischio – aggiungono comitati e associazioni – è che l’
eccessiva capacità di stoccaggio del Gnl qual è quella prevista dal programma
possa favorire lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi allo stato gassoso
nel Mar di Sardegna e sulla terra ferma, incrementando inoltre il consumo di
suolo, già fuori misura per l’uso distorto delle fonti rinnovabili”. Ecco perché
agli occhi di comitati e associazioni l’arrivo del metano appare come una nuova
servitù.
Alla base del no ci sono anche
ragioni di carattere ambientale e sanitario.
“Sebbene il metano sprigioni meno CO2, giova ricordare che si tratta di un gas serra 25 volte più efficiente della CO2 nel trattenere il calore della radiazione infrarossa, pertanto è incompatibile con le indicazioni emerse durante la Cop21 tenutasi a Parigi nel 2015. Il punto – argomentano i comitati – è che la Sardegna, con un coefficiente emissivo per ogni unità di energia prodotta dalle centrali termoelettriche sarde pari a 842 gCO2/kWh contro la media italiana di 505 gCO2/kWh dà un contributo significativo al riscaldamento climatico“. Un ragionamento, questo, che sfocia in un diretto attacco politico: “Con ogni evidenza, dunque, il problema del clima non è in cima all’agenda del presidente Francesco Pigliaru. Piuttosto, rivela la crisi programmatica e progettuale dell’“élite” al momento al governo della Regione”.
“Sebbene il metano sprigioni meno CO2, giova ricordare che si tratta di un gas serra 25 volte più efficiente della CO2 nel trattenere il calore della radiazione infrarossa, pertanto è incompatibile con le indicazioni emerse durante la Cop21 tenutasi a Parigi nel 2015. Il punto – argomentano i comitati – è che la Sardegna, con un coefficiente emissivo per ogni unità di energia prodotta dalle centrali termoelettriche sarde pari a 842 gCO2/kWh contro la media italiana di 505 gCO2/kWh dà un contributo significativo al riscaldamento climatico“. Un ragionamento, questo, che sfocia in un diretto attacco politico: “Con ogni evidenza, dunque, il problema del clima non è in cima all’agenda del presidente Francesco Pigliaru. Piuttosto, rivela la crisi programmatica e progettuale dell’“élite” al momento al governo della Regione”.
Per quanto riguarda, invece,
l’impatto sulla salute,
il tentativo di ridurre l’impatto ambientale e sanitario della produzione
energetica attraverso un altro combustibile fossile viene definito
“schizofrenico”. “Va, infatti ricordato che ogni forma di combustione, compresa
quella del metano, genera ossidi di azoto e di zolfo, ma anche metalli pesanti,
IPA, molecole diossino-simili, particolato fine e ultrafine. Ne deriva uno
scadimento della qualità dell’aria con gravi danni per la salute”, si legge nel
comunicato. “Il punto – continua il testo – è che oggi dovrebbe essere
chiara a tutti la criticità delle condizioni di salute delle popolazioni che
risiedono nelle aree ricomprese nei Siti d’Interesse Nazionale per bonifiche
(S.I.N. di Porto Torres/Sassari e del Sulcis/Iglesiente/Guspinese), e possiamo
aggiungere a quelle le aree metropolitane. Ma, ciononostante, i “costi
esterni”, cioè i dati sanitari relativi alle malattie e ai morti prematuri
legati alle emissioni inquinati con ricaduta locale, pur essendo richiesti
dalla programmazione Europea, non vengono calcolati. La scarsa conoscenza di
tali tematiche è sconcertante e tutto questo è inaccettabile per uno Stato
civile che abbia a cuore il benessere dei propri cittadini”.
Scetticismo da parte di
associazioni e comitati anche sulla questione del prezzo dell’energia. “Se si
parla di energia elettrica, gli utenti continueranno a pagare l’energia al
costo del Prezzo unico nazionale (P.u.n), molto poco sensibile alle quantità di
energia prodotta in Sardegna”. “Al contrario – ricordano citando il Piano
energetico regionale – la causa del prezzo dell’energia più elevato in Italia
che nel resto d’Europa è proprio il metano, mentre le rinnovabili hanno un
effetto ribassista sui prezzi dell’energia. Nel mirino degli attivisti finisce
anche l’assenza di un quadro regolatorio sulle tariffe del Gnl, che determina
incertezza sul suo prezzo e gli incentivi che gli utenti saranno costretti a
pagare per sostenere ogni passaggio della filiera del gas. “Secondo stime
prudenziali, si aggirano intorno ai 200 milioni di euro l’anno”, viene
calcolato.
Per i comitati, l’obiettivo di
soddisfare il fabbisogno energetico dell’Isola attraverso le rinnovabili è a
portata di mano. Innanzitutto, notano, “il surplus di energia esportata verso
il Continente tramite il cavo Sapei rivela che l’Isola quindi può già ridurre
il proprio parco impianti da combustibili fossili, a meno che non si voglia
continuare ad utilizzare la Sardegna come una piattaforma energetica il cui
tubo di scarico è puntato sulla popolazione sarda”.
Oggi, inoltre, le rinnovabili coprono il 40% circa del fabbisogno energetico sardo. E preme anche sottolineare che, ormai da anni – quasi si trattasse di un piano deliberato – l’idroelettrico appare ampiamente sottosfruttato. Nell’ottica della generazione distribuita occorre anche sostenere l’installazione di sistemi di accumulo dell’energia, ormai disponibili. In Sardegna, inoltre, il problema della non programmabilità e dell’interrompibilità delle rinnovabili può essere essere attenuato o del tutto risolto attraverso il complesso di dighe, salti e centrali idroelettriche del Taloro, che può anche giocare un ruolo decisivo – com’è avvenuto in passato – per bilanciare la rete. Un problema, questo, che come noto, può essere risolto anche tramite il cavo Sapei e/o gli accumulatori di Codrongianos.
da qui
Oggi, inoltre, le rinnovabili coprono il 40% circa del fabbisogno energetico sardo. E preme anche sottolineare che, ormai da anni – quasi si trattasse di un piano deliberato – l’idroelettrico appare ampiamente sottosfruttato. Nell’ottica della generazione distribuita occorre anche sostenere l’installazione di sistemi di accumulo dell’energia, ormai disponibili. In Sardegna, inoltre, il problema della non programmabilità e dell’interrompibilità delle rinnovabili può essere essere attenuato o del tutto risolto attraverso il complesso di dighe, salti e centrali idroelettriche del Taloro, che può anche giocare un ruolo decisivo – com’è avvenuto in passato – per bilanciare la rete. Un problema, questo, che come noto, può essere risolto anche tramite il cavo Sapei e/o gli accumulatori di Codrongianos.
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