E’
scontro totale sulla tutela del paesaggio in Sardegna. Non solo
all’interno della stessa maggioranza di centro sinistra che governa l’isola e
che vede contrapposti “revisionisti” e “difensori” del PPR
(il Piano paesaggistico regionale che per volere dell’allora Governatore Renato
Soru, stabiliva il principio dell’inviolabilità delle coste nella fascia dei
300 metri dal mare).
Il dibattito si allarga ormai anche a
livello nazionale, dopo che da Roma, qualche giorno fa, è arrivato lo stop ad
una “leggina” propedeutica al varo del contestatissimo ddl Urbanistica
della Giunta Pigliaru, la normativa quadro su edilizia e territorio che
in teoria dovrebbe armonizzare i principi del PPR e completarne l’attuazione
dentro una cornice più ampia ma che finora ha suscitato un crescendo di
critiche e di preoccupazioni da parte di ambientalisti, tecnici ed
intellettuali: fra gli altri, Beppe Severgnini, Giulia Crespi, l’urbanista
Edoardo Salzano, il magistrato Paolo Numerico.
L’ultimo nell’ordine di arrivo è il presidente
del Fai, Andrea Carandini, che dalle colonne del Corriere indirizza una lettera
aperta al Presidente della Regione, Francesco Pigliaru, invitandolo a “tutelare
il patrimonio ambientale della Sardegna”. Ma il livello dello scontro è anche,
e forse soprattutto politico. Lo si è capito all’indomani dello stop da parte
del Governo alla cosiddetta “leggina” propedeutica, con un durissimo botta e
risposta fra il Mibact, intervenuto per difendere le scelte dell’esecutivo, e
la Regione Sardegna.
Bocciata, perché “in contrasto con quanto
previsto dalle norme statali in materia di paesaggio”: il 29 agosto il
Consiglio dei Ministri, su proposta del premier Paolo Gentiloni, ha impugnato
la legge regionale n. 11 del 3 luglio 2017, “Disposizioni urgenti in
materia urbanistica ed edilizia”, contenente fra l’altro una controversa
disciplina sugli usi civici (oltreché norme esplicative e semplificative
relative all’attività concessoria dei comuni e norme paesaggistiche connesse
alla pianificazione urbanistica ed edilizia degli enti locali).
“Le disposizioni contenute nel testo”,
spiegava la nota del Governo “sono state considerate fuori dalle competenze
statutarie assegnate all’Isola nell’ambito dello Statuto speciale di cui gode
in quanto regione autonoma, violando in questo modo l’articolo 117, secondo
comma, lettera S, della Costituzione”. La Regione, per bocca
dell’assessore competente all’Urbanistica, Cristiano Erriu, aveva criticato
aspramente la decisione del CdM, annunciando ricorso.
Ma a difendere le scelte del Governo era
intervenuta, con una nota durissima, la sottosegretaria al Mibact Ilaria
Borletti Buitoni, sottolineando il pieno allineamento fra le scelte
dell’esecutivo e le valutazioni del Ministro dei Beni Culturali Dario
Franceschini “il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare la legge
regionale sull’edilizia, approvata a metà luglio dall’assemblea regionale
sarda. Non si tratta di una notizia secondaria, per diverse ragioni. La prima,
è che il Governo con questo atto conferma che la tutela del Paesaggio è entrata
nell’agenda politica nazionale”.
Parole che suonavano quasi come un avviso alla
Giunta Pigliaru: il vento è cambiato, l’orientamento dell’esecutivo Gentiloni e
quello specifico del Ministero è improntato al rigore, non alle
deroghe sul paesaggio. Un assist importante per gli ambientalisti e per quanti,
da posizioni di minoranza dentro il Partito Democratico della Sardegna,
denunciavano il pericolo di una deregulation totale dietro il superamento del
PPR Soru, con il rischio della speculazione sempre in agguato.
Ma non basta. In quella nota, c’era anche un
altro messaggio, tutto politico, per la Giunta sarda: “Il governo ha
deciso di procedere nonostante la famiglia politica della Giunta e del Ministro
competente (e proponente, in Consiglio dei Ministri, dell’impugnazione) sia la
stessa”.
Insomma, la Borletti Buitoni, alias Dario
Franceschini faceva sapere chiaro e tondo che davanti al bene supremo del
paesaggio non vale “nessuna pressione corporativa, interesse economico o
appartenenza politica. E questo il MiBACT cerca di farlo ogni giorno
attraverso l’opera meritoria delle proprie Sovrintendenze”. E poco importa
che in una nota successiva, il 4 settembre, la Borletti Buitoni abbia
parzialmente corretto il tiro riguardo l’aspetto specifico degli usi civici,
sulla base di alcuni rilievi (controcorrente) giunti dall’associazione
ambientalista Gruppo di intervento Giuridico.
Secondo il portavoce del Grig, Stefano
Deliperi, da tempo impegnato nella battaglia in difesa degli usi civici “la
legge 11 impugnata dal Governo, prevede esplicitamente il raggiungimento di
accordi di copianificazione fra il Mibact e la Regione Sardegna per i casi di
permuta e alienazione di terre a uso civico (art. 37), trasferimento dei
diritti di uso civico (art. 38) e sdemanializzazione e contestuale
trasferimento dei diritti di uso civico (art. 39). Si tratta, in ogni caso, di
provvedimenti che non possono essere adottati sino alla sottoscrizione
dell’accordo che riconosce l’assenza di valori paesaggistici determinati
dall’uso civico”.
Insomma, secondo Deliperi non solo il Mibact
non verrebbe estromesso dalla copianificazione, ma manterrebbe un potere di
controllo vincolante. L’impugnazione, per contro, comprometterebbe alcune
novità positive della normativa regionale, come quella che sanciva, per le
trasformazioni irreversibili avvenute prima della legge 431/85 (da cui data
l’imposizione del vincolo paesaggistico) il principio della sdemanializzazione
a patto che i diritti d’uso civico fossero trasferiti su altri terreni di
proprietà comunale o regionale con valenza ambientale.
Non la pensa così l’architetto paesaggista
Sandro Roggio, già componente del Commissione Urbanistica regionale (Ctru)
nella fase di approvazione del Ppr voluto da Soru ed oggi schierato contro il
ddl Urbanistica della Regione Sardegna. Secondo lui la “leggina”
rischiava di compromettere eccome la copianificazione del Mibact perché dava
per scontate una serie di decisioni a livello locale da cui veniva di fatto
estromesso il ministero.
“Con la sua presa di posizione il Ministro
difende il principio secondo il quale una legge regionale non può modificare il
PPR, ossia conferma quanto già stabilito con la sentenza della Corte
Costituzionale n. 189 del 2016. Il piano paesaggistico”, prosegue Roggio “è un
accordo di pianificazione fra lo Stato e la Regione ed ha rilevanza sotto il
profilo costituzionale, per quanto derivante dalle declinazioni dell’art. 9
della Carta“. Per Roggio “è un avviso che la Giunta Regionale dovrebbe
cogliere evitando un vulnus pericolosissimo con la approvazione del Ddl, che
rischia di aprire ua nuova stagione di assalto al paesaggio“.
Per capire meglio le sfumature di questo “vulnus”
è utile, secondo Roggio, richiamare un articolo pubblicato il 31 luglio scorso
da Repubblica, che mette in relazione il piano di investimenti
qatarioti in Sardegna –dalla sanità al turismo- con le aperture della Giunta
regionale Sarda alle modifiche del PPR: in ballo ci sarebbero milioni di
investimenti. E di metri cubi sulle coste, anche dentro la fascia inviolabile
dei 300 metri. Roggio punta il dito in particolare contro i famigerati articoli
31 e 43 del ddl Urbanistica, su cui è in atto in questo momento un
braccio di ferro fra la minoranza soriana del Pd in sede di commissione e
la maggioranza governativa prima dell’approdo in aula entro fine mese.
L’articolo 43 in particolare, introduce il
principio delle “deroghe” per generici “Programmi e
progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico”
ascrivibili all’iniziativa di “soggetti pubblici e privati”.
“Un principio molto pericoloso, che se
letto in combinato disposto col decreto Madia sulla Semplificazione rivela
l’obbiettivo di bypassare totalmente le valutazioni del Mibact in materie di
rilevante impatto ambientale. Il decreto stabilisce infatti che le Regioni
potranno individuare procedure semplificate e accelerate in alternativa a
quelle ordinarie –compresa la Conferenza dei servizi- per investimenti
strategici di grande rilevanza finanziaria riguardanti insediamenti produttivi,
opere di rilevante impatto sul territorio e per l’avvio di attività
imprenditoriali nonché di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico-artistico ed
alla tutela della salute e della pubblica incolumità”.
“Ecco perché i motivi dell’opposizione del
Mibact sono, in linea generale, del tutto fondati. Nel linguaggio istituzionale
è come se, rendendo palese il suo orientamento in materia di copiaanificazione,
il Ministero stesse tracciando una linea rossa, oltre la quale, diciamo noi,
l’articolo 43 non passa”.
Anche Maria Antonietta Mongiu, assessore di
punta della passata Giunta Soru, difende le scelte dell’esecutivo nazionale e
non risparmia critiche a quello regionale: “Il fatto che il Governo
impugni una di queste norme qualificandole come incostituzionali dovrebbe
indurre chi guida la Regione a riconsiderare l’intero ddl Urbanistica. Nel
contempo, l’orientamento del Ministero dimostra che il PPR del 2006 non era
frutto di una stravaganza estemporanea, ma di un’elaborazione profonda maturata
nei decenni precedenti in Sardegna a partire dal del fallimento del modello
petrolchimico e dalla rivalutazione del valore intrinseco paesaggio. Il PPR
nacque in quella temperie, sfociata in un’elaborazione scientifica
qualificatissima, sotto la guida del professor Edoardo Salzano, uno dei
migliori urbanisti italiani, divenendo subito un modello di co-pianificazione
virtuosa in Italia e in Europa. Ora non si capisce come una giunta erede di
quella esperienza ed appartenente alla stessa famiglia politica possa così
disinvoltamente pensare di tornare indietro di 50 anni. Mi auguro che ci
ripensino” .
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