Il report di Oxfam in vista della Cop 30 del Brasile: le emissioni causate dagli investimenti di soli 308 super ricchi, superano quelle di 118 Paesi messi insieme
In un solo giorno un miliardario appartenente allo 0,1% più ricco del pianeta emette più anidride carbonica di quella prodotta in un anno dal 50% più povero della popolazione mondiale, a causa del proprio tenore di vita e di investimenti in attività inquinanti. Dal 1990, tra l’altro, la quota di emissioni totali di quello 0,1% della popolazione del pianeta è cresciuta del 32%, mentre la metà più povera dell’umanità l’ha vista ridursi del 3%. È quanto emerge da un nuovo report diffuso da Oxfam in vista della Cop 30 del Brasile che inizierà il 10 novembre a Belem. Secondo il dossier, se l’intera popolazione mondiale emettesse quanto lo 0,1% più ricco, in meno di 3 settimane si esaurirebbe la quantità di CO2 in atmosfera ancora tollerabile per scongiurare il disastro climatico. In meno di un mese la popolazione mondiale sarebbe al punto di non ritorno. Basti pensare che le emissioni causate dagli investimenti in attività inquinanti di soli 308 miliardari, superano quelle di 118 Paesi messi insieme.
Il bilancio
di carbonio e la crisi climatica che aumenta le disuguaglianze – La Cop30 arriva esattamente
a 10 anni dall’approvazione dell’Accordo di Parigi del 2015. In questo
lasso di tempo, l’1% più ricco del mondo ha consumato più del doppio del
bilancio di carbonio della metà più povera dell’umanità. Ed anche il trend
attuale rischia di portare presto ad esaurire il bilancio di carbonio,
ovvero l’ammontare massimo di emissioni globali di anidride carbonica in
atmosfera, necessarie a contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C rispetto
all’era pre-industriale. Il dossier denuncia inoltre come una ristretta élite
di miliardari stia usando tutta la propria influenza politica ed economica per
mantenere la dipendenza dai combustibili fossili, massimizzando così i propri
profitti. “La crisi climatica è strettamente connessa all’acuirsi delle
disuguaglianze globali e ne aggrava la portata” spiega Francesco
Petrelli, portavoce di Oxfam Italia. “Gli individui più ricchi
del mondo finanziano e traggono profitto da questa crisi – aggiunge – mentre il
resto della popolazione mondiale ne fa le spese”.
L’impatto
degli investimenti dei miliardari in attività inquinanti – I super ricchi non solo
emettono una quantità enorme di CO2 a causa del loro stile di vita, ad esempio
con l’uso di jet e yacht privati, ma investono anche in attività economiche tra
le più inquinanti e ne traggono profitto. Il report rileva infatti come, in
media, un miliardario, attraverso i propri investimenti, sia responsabile
dell’emissione di 1,9 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Una
quota di emissioni paragonabile a quella prodotta da un jet privato che
facesse 10 mila volte il giro del pianeta. Quasi il 60% degli
investimenti dei miliardari globali è realizzato in settori che hanno un
impatto devastante sul clima, come quello petrolifero o minerario. “Le
emissioni associate agli investimenti ultra-inquinanti dei paperoni superano di
due volte e mezzo quelle riconducibili a un investimento medio in società
dell’indice S&P Global 1.200” spiega il report. Le emissioni dagli
investimenti di soli 308 miliardari sono così abnormi da superare quelle
complessive di 118 paesi. Da qui alla fine del secolo, stando ai dati del
report – le sole emissioni causate dall’1% più ricco del pianeta potrebbero
causare 1,3 milioni di vittime per l’aumento delle temperature e
anche un danno economico per oltre 44 trilioni di dollari nei
paesi a basso e medio reddito entro il 2050.
Come i super
ricchi influenzano i negoziati – L’influenza esercitata da questa ristretta
élite di super ricchi e dalle grandi corporation sta anche condizionando e
indebolendo considerevolmente i negoziati sul clima. Alla Cop29 di Baku,
ad esempio, risultavano accreditati ben 1.773 lobbisti delle
industrie del carbone, del petrolio e del gas,
più di quanti fossero i delegati dei 10 paesi più colpiti al mondo dalla crisi
climatica. “In questo momento le politiche per il clima sono condizionate
sempre più dalla tutela di interessi privati e da un’economia che guarda al
passato, basata sull’estrattivismo fossile, a discapito del bene comune. Da
tempo – aggiunge Petrelli – le aziende inquinanti e i super
ricchi, che le controllano, portano avanti campagne di disinformazione sulla
crisi climatica e cause legali contro le Ong e i governi che
cercano di opporsi”.
La crisi
climatica colpisce soprattutto le donne – L’impatto della crisi climatica è inoltre
negli ultimi anni sempre più forte sulle donne sia nei Paesi
ricchi che, soprattutto, in quelli del Sud globale. Oggi nel mondo
quattro migranti climatici su cinque sono donne, che hanno in media una probabilità
14 volte più alta di restare vittime di disastri naturali rispetto
agli uomini. Anche nelle città europee ondate di calore sempre più forti e
frequenti producono un maggior numero di decessi tra le donne. Per questo Oxfam,
in occasione della Cop30, ha lanciato la campagna di sensibilizzazione e
attivismo ‘Climate Justice Is Gender Justice’. L’obiettivo è di
portare l’attenzione su un tema cruciale, come la rilevanza degli aspetti di
genere nel contrasto ai cambiamenti climatici. Un tema poco considerato nelle
politiche di lotta al cambiamento climatico definite
prevalentemente da uomini: in Europa, ad esempio, meno del 27% dei
ministri con delega all’Ambiente sono donne. La campagna coinvolgerà
centinaia di giovani con tante iniziative e attività di sensibilizzazione fino
al Climate Pride del 15 novembre a Roma, in occasione della
giornata di mobilitazione globale per il clima che si svolge in simultanea in
molti paesi europei.
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