(intervista di Enrico Fresu)
Il direttore
sanitario della clinica Duemari, Paolo Briguglio, interviene nel dibattito
innescato dal terribile incidente sulla Sassari-Olbia costato la vita al medico
di Bitti Ciriaco Meloni: «Diffidate da soluzioni semplici per menti deboli»
La caccia?
Fa aumentare il numero di cinghiali: «L’uccisione indiscriminata senza
effettuare nessuna programmazione e selezione esita nel paradossale risultato
di aumentare la popolazione».
Paolo
Bruguglio, direttore
sanitario della notissima clinica veterinaria Duemari, interviene nel dibattito
innescato dal terribile incidente del quale è rimasto vittima Ciriaco Meloni,
medico di 44 anni di Bitti morto sulla Sassari-Olbia dopo che la sua auto
ha investito un cinghiale che attraversava la strada.
Dopo la
tragedia si sono sollevate numerose voci che hanno lanciato l’allarme
sull’eccessiva proliferazione di ungulati in Sardegna e sulla necessità del
loro contenimento. La strumento suggerito da tanti è
la caccia: più animali abbattuti, è la tesi di chi la propone, meno pericoli sulle
strade.
Briguglio
smonta questa teoria: «La verità, come spesso capita, è un pelo più
complessa di come chi ha sempre a portata di mano le soluzioni facili
vuole farci credere».
Secondo il
veterinario «i cinghiali sono tanti, hanno tutto il diritto in qualità di
animali selvatici di muoversi sul territorio, e quindi anche il diritto
di attraversare le strade. Capita che causino incidenti, per fortuna
nella maggior parte dei casi con danni solo alle auto. Ma certamente non per
loro volontà».
In natura, spiega Briguglio, «il controllo della popolazione viene effettuato dai predatori naturali, nel territorio europeo sono essenzialmente lupi, orsi e linci». Che nell’Isola non ci sono. Esistono, invece, i fattori «favorenti, tutti causati dall’uomo, tecnicamente si chiamano fattori antropici. Ossia inverni più miti, abbondanza di cibo (rifiuti, scarti agricoli e colture) e abbandono delle zone rurali con aumento della superficie boschiva e dei campi incolti». Elementi che «spingono verso un netto incremento del tasso di sopravvivenza e riproduzione». Inoltre in Sardegna «con certezza sono avvenute ibridazioni con maiali domestici allevati allo stato brado, che hanno aumentato la dimensione della cucciolata e ridotto il timore dell’uomo. E ciò è stato per anni uno dei principali motivi della persistenza della Peste Suina Africana». Il risultato? «Una popolazione più adattabile e più feconda di quella originaria».
Le risposte
più immediate sono: «Uccidiamone il più possibile, caccia aperta tutto
l’anno e spariamo anche nelle aree protette dove questi animali
si rifugiano».
La soluzione
per problemi complessi, prosegue l’esperto, «molto spesso è tutt’altro che
semplice. Ma per avere il consenso di menti semplici bisogna proporre
soluzioni simpatiche e veloci, tanto se poi non funzionano sarà sempre
colpa di qualcun altro. In realtà», e qui arriva il cuore del
ragionamento, «è stato abbondantemente dimostrato che l’uccisione
indiscriminata senza effettuare nessuna programmazione e selezione esita nel
paradossale risultato di aumentare la numerosità della popolazione. I
cinghiali sono animali sociali, vivono in famiglie all’interno delle quali
esiste una precisa gerarchia matriarcale che regola anche il controllo
delle nascite. Si riproducono solo le femmine dominanti e in questo
modo si evita il sovraffollamento che potrebbe superare la capacità
portante del territorio ove la famiglia risiede».
Se la
famiglia viene distrutta e dispersa dalla battuta e «vengono uccisi
animali a caso, la conseguenza è la dispersione sul territorio delle
femmine giovani che a quel punto si riproducono con un’efficienza riproduttiva
molto più alta di quella propria delle femmine più anziane dominanti.
Ed ecco fatto, la popolazione l’anno seguente è molto cresciuta e i cinghiali colonizzano
aree dove prima non erano presenti».
La Natura,
sottolinea Briguglio, «non fa mai cose a caso. Se metto a
repentaglio una specie questa risponde mettendo in atto tutte le strategie per
sopravvivere, qualche volte riesce, altre volte no. I cinghiali
riescono sempre, sono piccoli carri armati. Si chiama “riproduzione
compensatoria”: l’aumento della fertilità e del successo riproduttivo in
risposta alla riduzione artificiale della densità».
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